Tipologia: Intervista

Tag: Musica

Area: Balcani

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Con “Jugoton Funk” il groove non-allineato ha trovato la sua antologia

Alla fine Dr. Smeđi šećer e Višeslav Laboš ce l’hanno fatta. I due “diggers” croati hanno da poco pubblicato la prima compilation dedicata al funk jugoslavo. Un viaggio eccezionale tra i tesori dell’etichetta Jugoton. Un’intervista

07/01/2021, Simon Rico -

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(Pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 9 dicembre 2020)

La tua compilation si intitola Jugoton Funk e copre il decennio 1969-1979, all’incirca dall’invenzione del funk da parte di James Brown sino alla disco di Cerrone. C’era una vera e propria scena funk nella Jugoslavia del maresciallo Tito?

Dr. Smeđi Šećer (S.Š): No, non proprio. Quello che ora chiamiamo "Jugofunk" copre in realtà stili di musica molto diversi: rock psichedelico, jazz, pop e talvolta anche folk. Gli artisti che affermavano di suonare funk erano piuttosto rari in Jugoslavia: puoi contarli sulle dita di una mano, così come il numero di dischi che hanno registrato. Quindi era una corrente molto rara.

Il termine Jugofunk è apparso molto più tardi, presumibilmente dagli anni ’90, quando alcuni collezionisti si sono messi alla ricerca delle gemme funky tra le registrazioni dell’epoca. La Jugoslavia era in gran parte aperta alle influenze occidentali e alla fine degli anni Sessanta, abbiamo assistito in particolare all’emergere di un’importante scena rock in tutta la federazione, che ha segnato l’abbattimento delle pietre miliari fissate da jazz, surf e beat. Da quel momento in poi, i ritmi funky si sono diffusi nei vari generi in Jugoslavia, come hanno fatto in tutto il mondo.

Tra il Vardar e il Triglav, il funk era nascosto ad esempio sui lati B di alcuni 45giri pop. Le cose non iniziarono davvero a cambiare fino all’emergere della disco alla fine degli anni ’70, ma principalmente perché la disco divenne rapidamente una moda globale.

Da chi erano influenzati gli artisti pop jugoslavi? Più da americani, inglesi, francesi o italiani?

Direi che dipende da dove si trovavano in Jugoslavia. Ad esempio, da me, a Fiume, molta musica veniva dall’Italia, che è molto vicina. Ma negli altri territori era diverso. Dalle interviste che ho condotto ad artisti jugoslavi, o da quanto ho anche letto, è certo che James Brown abbia avuto una grande influenza.

Molti musicisti jugoslavi andavano in Germania per fare concerti nelle basi americane. Una delle figure di spicco della scena funk jugoslava, il tastierista Tihomir Pop Asanović, mi ha anche detto di averlo visto suonare dal vivo e che ne restò molto impressionato. Poco dopo pubblicò due suoi dischi, ormai cult – Majko Zemljo (1974) e Pop (1976) – dove vi è un potente groove che mescola anche influenze jazz o psichedeliche. E in Germania ha imparato tutto questo.

Nel libretto che accompagna l’antologia scrivete che Arsen Dedić è il "Gainsbourg jugoslavo". Possiamo dire che Tihomir Pop Asanović sia il "James Brown jugoslavo"?

Risata. Non lo direi! Certo, era una persona molto speciale. Si può dire senza dubbio che incarnasse quella che chiamerei l’aritmetica groove, che James Brown ha reso popolare. Ma nella sua musica non si sentono mai le grida che lasciano il segno di James Brown.

Tihomir Pop Asanović ha composto con uno stile tutto suo, che mescola varie influenze. Il suo stile attinge tanto dall’illustrazione musicale francese quanto dal jazz-funk di ispirazione africana degli americani Mandrill. E allo stesso tempo, puoi ancora sentire le influenze del repertorio balcanico, come con il trombettista Duško Gojković.

Perché scegliere di concentrarsi solo sulle produzioni dell’etichetta Jugoton?

Principalmente perché avevamo già contatti con la Croatia Records, che è subentrata alla Jugoton dopo che la Croazia è diventata indipendente. Il mio partner in questo progetto, Višeslav Laboš, aveva già co-assemblato per loro la compilation Electronic Jugoton alcuni anni fa. L’idea per Jugoton Funk risale a quel tempo.

Mi ha contattato nel 2013 per iniziare a pensare ai titoli che potevano essere inseriti e di cui avremmo potuto trovare le tracce originali negli archivi della Croatia records. Abbiamo quindi scelto di concentrarci su Jugoton perché era la cosa più semplice.

La prova: da allora, nessuna compilation su questa scena funk ha potuto vedere la luce. Ad essere onesti, abbiamo già preparato un elenco di canzoni rilasciate all’epoca per altre etichette per una futura compilation. Speriamo davvero che l’uscita di Jugoton Funk ci apra le porte per poter realizzare anche questo secondo progetto. Ma una delle grandi difficoltà è identificare i titolari dei diritti e i nastri originali di queste etichette più piccole: il passaggio all’economia di mercato e le guerre degli anni ’90 hanno seriamente complicato il nostro compito… quindi si rischia di dover aspettare ancora.

In questo primo volume Jugoton Funk troviamo pop star, come Arsen Dedić o Zdravko Čolić, ma anche gruppi meno conosciuti come i Kosovski Božuri. C’è soul, jazz, disco … Come hai selezionato le canzoni? Quali scelte ti hanno guidato?

Io e Višeslav Laboš collezioniamo dischi in vinile, ma siamo anche dj. In effetti, siamo abituati a interessarci di canzoni che ti fanno ballare: deve essere groove e deve essere qualcosa di originale. La nostra preselezione inizialmente conteneva oltre cento canzoni e abbiamo dovuto fare seri compromessi per tenere solo il meglio, la cima della piramide. C’è il funk crudo, bestiale, alla James Brown da un lato, e tracce più psichedeliche e sospese dall’altro. Volevamo mostrare le diverse sfaccettature del groove jugoslavo, che si è evoluto molto in un decennio, dal 1969 al 1979.

Puoi dirci qualcosa di più sulla Everland records, la casa discografica che pubblica Jugoton Funk?

In realtà, né io né Višeslav conoscevamo Everland. È stato un amico di Zagabria a farci percorrere questa pista austriaca. Erano due anni che stavamo cercando un’etichetta che fosse pronta a pubblicare questa compilation su vinile. Fino ad oggi Everland ha ristampato principalmente funk africano, ma il nostro progetto li ha entusiasmati, hanno davvero apprezzato la nostra selezione. Hanno persino suggerito di lanciare una sorta di raccolta, Everland Yu, per ripubblicare album cult e altre compilation dedicate al groove jugoslavo. Jugoton Funk è una sorta di prima uscita di questa collezione.

Qualche anno fa hai pubblicato Igrajte se Cigani, un mixtape dedicato al groove rom. Possiamo immaginare una futura compilation su questa scena poco conosciuta?

Questo è un argomento che mi sta molto a cuore. Da cinque o sei anni conduco ricerche molto meticolose in questo settore e più scavo, più scopro pepite straordinarie. Titoli che trasudano di groove balcanico. Quindi mi piacerebbe riuscire a far uscire una compilation, un po’ come Stand up People.

È passato un anno da quando ho iniziato a cercare le migliori tracce e dischi zigani. Quest’anno per Đurđevdan (Festa di San Giorgio, ndr), ho realizzato un mix di otto ore appositamente dedicato a questo repertorio. Nel frattempo mi sono scolato una bottiglia di rakija ed è probabilmente il motivo per cui sono riuscito a tenere botta così a lungo (ride).

Ultima domanda… Quali sono i posti migliori per trovare buoni vinili jugoslavi?

Dipende da quanti soldi vuoi spendere… Se te lo puoi permettere, ti consiglio di dare un’occhiata a Gramofonoteka a Maribor, Karma Records a Zagabria, Yugovinyl a Belgrado o Vintage Shop a Niš. Se sei pronto a sporcarti le dita, ti consiglio di setacciare tutti i mercatini delle pulci della zona e di scavare in giro. In caso contrario, tutto ciò che devi fare è cercare in Internet o metterti nelle mani di qualche esperto.

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