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Cipro: negoziati in stallo, ma il calcio avvicina le parti

Tra elezioni a Cipro Nord e problemi economici della Repubblica di Cipro, negli ultimi mesi il dialogo fra greco e turco-ciprioti sembra essersi arenato. Segnali incoraggianti, invece, arrivano dallo sport e dalla società civile

24/01/2014, Francesco Grisolia -

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La questione cipriota e la sua possibile soluzione occupano tradizionalmente un posto centrale nel dibattito pubblico greco e turco-cipriota. Tuttavia, questi consolidati temi di confronto e scontro su entrambi i lati della Linea Verde sono rimasti insolitamente marginali nell’ultimo anno. Infatti, il 2013 della Repubblica di Cipro è stato segnato dalla centralità dei problemi economici; all’interno della comunità turco-cipriota, invece, il confronto sul modo in cui gestire i negoziati si è riaperto solo dopo l’estate, a seguito delle elezioni presidenziali a Cipro Nord.

L’ultima risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha fissato allo scorso ottobre la riapertura dei negoziati, ma la mediazione di Alexander Downer – Consigliere speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite – si è rivelata più difficile del previsto. Gli incontri fra i leader delle due comunità e il rappresentante ONU hanno condotto a un’impasse. Da un lato, è ormai palese la sfiducia del Presidente Nikos Anastasiadis verso Downer; dall’altro, l’omologo Derviş Eroğlu non ha accolto la proposta di far precedere il riavvio dei negoziati da una dichiarazione preliminare concordata tra le due parti.

Divergenze sul principio di sovranità

Dietro lo stallo e le divergenze vi è, ancora una volta, il modo di concepire la “sovranità singola” di un eventuale stato federale cipriota. La Repubblica di Cipro spinge per una definizione precisa e preliminare di questo punto temendo che, in caso di nuovo fallimento dei negoziati, la divisione dell’isola e lo status diplomatico dell’amministrazione turco-cipriota possano consolidarsi.

Dall’altra parte, il Presidente Eroğlu e i suoi collaboratori insistono sul riconoscimento delle due unità politiche greco e turco-cipriota come “stati fondatori” della federazione, ai quali spetterà la sovranità e poteri decisionali su questioni come la cittadinanza.

Entrambe le delegazioni negli ultimi mesi hanno fatto riferimento al Piano Annan del 2004 in modo selettivo: quella greco-cipriota dichiarandosi indisponibile ad accettare un nuovo accordo negoziale troppo simile al Piano Annan, ma allo stesso tempo insistendo tenacemente sulla sovranità unica, uno dei capisaldi del piano bocciato dalla maggioranza dei greco-ciprioti nel 2004. La delegazione turco-cipriota, invece, potendo rivendicare il proprio “sì” al Piano Annan, ha sottolineato l’inutilità di qualunque dichiarazione preliminare, preferendo riaprire direttamente i negoziati. Se ciò può essere interpretato come una disposizione al raggiungimento di un accordo nel più breve tempo possibile, non altrettanto promettente sembrano invece i segnali turco-ciprioti di marcia indietro sul principio della singola sovranità.

Alla condizione di stallo si è aggiunto un nuovo elemento due settimane fa, quando il Presidente Anastasiadis, durante un’intervista alla tv di stato CyBC, ha usato parole insolitamente dure verso Alexander Downer. Il leader greco-cipriota, infatti, ha accusato Downer di non essere adeguatamente obiettivo nel suo lavoro di mediazione, tentando di riproporre, con cambiamenti puramente “decorativi”, il Piano Annan come base per il raggiungimento di un accordo negoziale. Il Consigliere Speciale, secondo Anastasiadis, avrebbe ormai perso la fiducia della maggioranza dei cittadini e dei politici greco-ciprioti e non sembrerebbe più in grado di contribuire in alcun modo al processo di pace.

Pertanto, dietro il rinvio dell’appuntamento di Downer con il leader greco-cipriota, previsto per lunedì scorso, alcune fonti diplomatiche hanno colto una prevedibile reazione – forse volutamente provocatoria – alle pesanti critiche del Presidente Anastasiadis.

Nel frattempo, prove di riunificazione calcistica

Sebbene l’andamento dei negoziati negli ultimi mesi non sia stato incoraggiante, lo scorso 5 novembre è stato raggiunto un accordo tra la federazione calcistica greco-cipriota (CFA) e l’omologa turco-cipriota (CFTA), finalizzato alla loro riunificazione. I rappresentanti delle due federazioni il 18 ottobre avevano accettato l’invito a incontrarsi formulato dalla FIFA; l’accordo raggiunto alcune settimane dopo prevede che essa diventi formalmente membra della CFA, l’unica riconosciuta dalla comunità internazionale. Le due federazioni calcistiche, infatti, si trovano in una condizione analoga a quella degli stati di cui sono espressione.

La divisione del calcio nell’isola risale agli anni ’50 del secolo scorso. Dopo i primi scontri interetnici, i club turco-ciproti decisero di abbandonare la CFA – fondata nel 1934 – e formare una propria federazione. Nei decenni seguenti il calcio a Cipro Nord è rimasto isolato dalla comunità internazionale. I tentativi di riduzione dell’isolamento, attraverso accordi ad interim con la FIFA e la UEFA (suo equivalente europeo) e l’organizzazione di partite amichevoli, non hanno avuto grande successo, offrendo anzi ulteriori pretesti agli estremisti delle due comunità.

Le frange nazionaliste greco-cipriote hanno visto anche nel calcio un possibile strumento indiretto di riconoscimento di Cipro Nord da parte della comunità internazionale; le frange più radicali di Cipro Nord, reciprocamente, hanno colto nell’intransigenza ufficiale della Repubblica di Cipro verso innocue partite amichevoli l’ennesimo segnale di chiusura e indifferenza per le condizioni dei turco-ciprioti.

A seguito dell’accordo per la riunificazione calcistica, gli estremisti nelle due federazioni e nelle rispettive comunità hanno prevedibilmente fatto sentire la propria voce, cogliendo minacce e secondi fini nelle posizioni della controparte. Tuttavia, dopo il rischio iniziale di marcia indietro da parte turco-cipriota, il 29 novembre il documento è stato accettato all’unanimità dai 42 club turco-ciprioti. La fase di transizione sarà gestita da una commissione composta da otto membri, quattro per entrambe le comunità.

L’accordo sarà implementato all’inizio di quest’anno ed è stato salutato come una pietra miliare nella storia contemporanea dell’isola. Il presidente FIFA, Joseph Blatter, ha affermato che le federazioni greco e turco-cipriota “hanno fornito al mondo intero un esempio eccellente del modo in cui calcio può creare ponti e riavvicinare le persone dopo un lungo periodo di conflitto”. All’interno dell’isola esso potrà creare fiducia tra le due comunità, sebbene l’atmosfera politica generale non sia orientata in tale direzione.

Famagosta e il progetto della città ecologica

Un ulteriore segnale incoraggiante giunge dal Famagusta Ecocity Project che coinvolge un gruppo di professionisti, attivisti, studenti e docenti universitari ciprioti e internazionali. Il progetto nasce per iniziativa di – ed è diretto da – Vasia Markides, artista cipriota cresciuta negli Stati Uniti. Le radici familiari legano Markides a Famagosta; da ciò è nata l’idea di trasformare il quartiere fantasma di Varosia/Maraș, (o Varosha, in inglese) e l’intera area di Famagosta in un modello di città ecologica.

Negli anni Sessanta e Settanta Varosha, oggi area interdetta ai civili e controllata militarmente, era il resort turistico cipriota per eccellenza. A seguito del conflitto del 1974, tuttavia, fu abbandonato dai cittadini greco-ciprioti, che cercarono rifugio a sud della Linea Verde. La risoluzione ONU n. 550 (11 maggio 1984) proibisce l’insediamento nell’area di chiunque, tranne i suoi abitanti originari; in questo modo Varosha, rimasta sotto il controllo dell’esercito turco e dell’amministrazione turco-cipriota, è diventata un’area fantasma, recintata dal filo spinato e ancora prigioniera degli eventi di quarant’anni fa.

Il Famagusta Ecocity Project non rappresenta quindi solo un tentativo di ri-progettazione di un’intera città secondo i criteri della sostenibilità ambientale e della permacultura, ma un’iniziativa che – riunendo esperti di fama mondiale, studenti universitari statunitensi e ciprioti, attivisti, volontari e semplici cittadini che vogliano dare il proprio contributo – si propone come progetto partecipato capace di favorire il dialogo, la condivisione, la riappropriazione consapevole del passato e la costruzione condivisa di un futuro attraverso il recupero di un’area che per decenni è stata simbolo di divisione e reciproca incomunicabilità.

L’avvio del progetto è stato reso possibile da una campagna di crowdfunding nei mesi di ottobre e novembre; ora i suoi animatori hanno in programma di rivolgersi ai governi europei e altri soggetti privati per ottenere i finanziamenti necessari alla sua prosecuzione.

La scorsa settimana si è svolto il lancio delle attività di progettazione, guidate dal professore del MIT Jan Wampler e animate dalle proposte di gruppi di studenti di architettura e ingegneria. Lunedì 20 gennaio, sono state presentate al pubblico alcune idee progettuali, fra cui la produzione di energia dalle alghe marine, un sistema di tram urbani elettrici, una rete di autobus interurbani con un hub a Famagosta, percorsi pedonali e ciclabili lungo l’intera area cittadina e il riciclo dei detriti prodotti dalla demolizione di edifici, che potrebbero essere impiegati nella creazione di una barriera contro l’erosione costiera.

I prossimi mesi diranno se queste innovative proposte sapranno conquistare il sostegno dei finanziatori internazionali e, soprattutto, degli abitanti originari e attuali di Famagosta. L’andamento dei negoziati fra greco e turco-ciprioti rappresenta naturalmente un fattore decisivo nella riuscita del progetto, tuttavia gli animatori dell’iniziativa ritengono che le sue potenzialità non siano limitate allo scenario cipriota ma si estendano all’intera regione e, più in generale, riguardino la ridefinizione globale degli standard di progettazione urbana e il modo in cui ciascun individuo può partecipare attivamente alla pianificazione del proprio futuro.

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