Cipro, aria di crisi
La Repubblica di Cipro è in forte recessione economica, e cerca aiuto. La "troika" (UE-BCE-FMI) ha chiesto misure di austerità, tagli e maggiore gettito fiscale. Il governo di Nicosia ha annunciato controproposte, che però tardano ad arrivare e non disdegna il possibile sostegno da parte di Mosca. I tempi stringono, e il rischio di non ottenere aiuti entro la fine dell’anno è reale
La riunione dell’Eurogruppo, svoltasi lunedì 8 ottobre a Lussemburgo alla vigilia del Consiglio Ecofin, ha avuto importanti implicazioni per tutti i paesi della zona euro e, in particolare, per la Repubblica di Cipro. I ministri dell’Economia e delle Finanze europei hanno formalizzato l’avvio del Meccanismo Europeo di Stabilità (ESM, o “Fondo salva-stati”).
Il ministro delle Finanze cipriota, Vassos Shiarly, ha aggiornato i suoi colleghi sulle contro-proposte di Nicosia alle misure di austerità che la troika (Commissione Europea, Banca Centrale, Fondo Monetario Internazionale) ha definito per la gestione della crisi economica cipriota. Nicosia guarda già al prossimo 12 novembre, data in cui è prevista la prossima riunione dell’Eurogruppo. I tempi, tuttavia, potrebbero essere insufficienti per ottenere la prima tranche di fondi entro la fine dell’anno.
La crisi e l’appello alla troika
La Repubblica di Cipro sta attraversando per la prima volta dalla sua fondazione (1960) una fase di recessione dovuta a fattori puramente economici. La recessione del 1964 fu causata dagli scontri inter-etnici tra greco e turco-ciprioti; quella tra il 1974 e il ‘76 fu una conseguenza dell’intervento armato turco; infine, la recessione del 1991 derivò dalla prima Guerra del Golfo. Il “miracolo” della ripresa, dopo la crisi del 1974, fu reso possibile dalla rapida ed efficace cooperazione tra governo, imprenditori e sindacati; al contrario, gli analisti interni colgono nell’attuale recessione il prodotto di errori e omissioni da parte di tutti i soggetti coinvolti, oltre ad alcuni fattori esterni.
La crisi dei mutui subprime iniziata nel 2006 negli Stati Uniti, dopo aver investito la Gran Bretagna, ha agito indirettamente sull’isola: il settore turistico ed edilizio dell’economia greco-cipriota sono strettamente legati agli arrivi e alla domanda di nuove case da parte di villeggianti ed espatriati britannici. Un indicatore della gravità della situazione è il tasso di disoccupazione, che ha raggiunto il 7,5% della popolazione attiva nel 2009 e si attesta ora all’11%, pari alla media dell’eurozona. Fatta eccezione per il periodo 1974-’76, si tratta di dati senza precedenti per la Repubblica di Cipro.
Di fronte al calo della produttività e al deterioramento delle finanze pubbliche, le agenzie di rating hanno declassato il paese; ciò, a sua volta, ha impedito a Nicosia di coprire parte del proprio debito accedendo ai mercati internazionali.
Secondo numerosi analisti, tuttavia, l’errore più grave è stato compiuto nella politica monetaria. Gli investimenti in titoli di stato greci da parte delle principali banche cipriote hanno determinato un livello d’esposizione troppo alto. La ristrutturazione del debito greco ha comportato la perdita di quattro miliardi di euro per i primi tre istituti bancari ciprioti (Banca di Cipro, Banca Popolare, Banca Ellenica). L’entità del problema può essere colta considerando che la sola Banca Popolare, seconda del paese, ha bisogno di 1,8 miliardi di euro per la propria ricapitalizzazione, una somma pari al 10% del PIL cipriota. Gli istituti hanno quindi richiesto l’intervento dello stato, che a sua volta lo scorso giugno ha fatto appello all’UE per un piano di salvataggio complessivo.
Per mitigare gli effetti delle prevedibili misure di austerità richieste dalla troika, la Repubblica di Cipro ha sondato la possibilità di ottenere un prestito bilaterale dalla Russia o dalla Cina, alternativo o complementare agli aiuti europei. Nel 2011 Mosca, legata a Nicosia da consistenti rapporti commerciali, ha già offerto 2,5 miliardi di euro. Alla fine del mese scorso il governo russo si è detto disponibile a fornire un nuovo prestito solo come parte di un intervento coordinato con l’UE. Gli esperti ritengono che il contributo russo potrebbe essere pari a cinque miliardi di euro. Il piano di salvataggio europeo invece si aggirerebbe intorno agli undici miliardi ma, secondo precedenti stime della troika, la sola ricapitalizzazione delle banche cipriote richiederebbe dieci miliardi di euro.
Proposte, controproposte e reazioni interne
Le misure di austerità proposte a luglio (Memorandum of Understanding) da UE e FMI sono basate su due punti fondamentali: l’ottenimento di nuove risorse attraverso tagli alla spesa pubblica e, in misura più contenuta, tramite il prelievo fiscale e la privatizzazione di alcune organizzazioni semi-statali (come la compagnia telefonica CyTA). Gran parte dei risparmi legati alla spesa pubblica dovrebbero riguardare gli stipendi dei dipendenti pubblici, attraverso l’eliminazione della tredicesima e dell’indennità addizionale legata all’incremento del costo della vita, attualmente calcolata ogni sei mesi.
Nonostante una serie di controproposte siano state annunciate dal governo cipriota, due mesi e mezzo dopo la presentazione del memorandum queste rimanevano solo una dichiarazione d’intenti da parte di Nicosia. A metà settembre il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha quindi invitato il governo a precisare le proprie posizioni, in modo da concludere i negoziati sul piano di risanamento. L’attività governativa ha conosciuto un’accelerazione a seguito di tale monito: le controproposte sono state definite giovedì 4 ottobre e immediatamente sottoposte ai partiti e ai sindacati. Venerdì 5 ha avuto luogo la prima riunione tra il governo, i rappresentanti dei partiti d’opposizione e delle parti sociali, finalizzata a raggiungere una posizione comune prima delle riunioni dell’Eurogruppo e del Consiglio Ecofin, svoltesi a Lussemburgo.
La prima e fondamentale divergenza può essere colta nel rapporto fra tagli alla spesa pubblica e tassazione: il governo intende infatti ricorrere in modo pressoché paritario alle due misure, aumentando l’incidenza del prelievo fiscale rispetto alle proposte della troika. Due esempi possono chiarire le diverse logiche d’intervento. L’UE e FMI propongono a Nicosia di raccogliere per il 2012 175 miliardi di euro, dei quali 135 dovrebbero provenire da tagli alla spesa pubblica. Il governo replica proponendo di ottenere 100 miliardi, 65 dei quali attraverso nuove tasse. Il secondo esempio riguarda la creazione di un Fondo di Coesione sociale del valore di 214 miliardi di euro. La proposta del governo prevede che i dipendenti del settore privato contribuiscano con 128 miliardi di euro, i loro datori di lavoro con 44 miliardi e i dipendenti pubblici con 42 miliardi.
Il presidente Christofias si è poi detto indisponibile ad accettare il taglio della tredicesima e dell’indennità legata al costo della vita dagli stipendi dei dipendenti pubblici. Il governo propone di riformare il meccanismo della scala mobile, passando dall’attuale pagamento semestrale ad un sistema di calcolo su base annuale.
A tali posizioni, le voci critiche interne allo scenario politico greco-cipriota hanno reagito con tre obiezioni fondamentali. Innanzitutto, il settore pubblico non ha bisogno di un trattamento privilegiato, essendo già ampiamente tutelato dai sindacati. Al contrario, la tredicesima e l’indicizzazione automatica dei salari sono state già eliminate nel settore privato. Un maggior prelievo fiscale, proposto dal governo, inciderebbe quindi maggiormente sui lavoratori già penalizzati dalla recessione. In secondo luogo, alcuni commentatori e politici d’opposizione hanno giudicato “improvvisate”, “rozze”, “vaghe” o “illusorie” alcune delle misure oggetto di discussione. Una delle nuove tasse, da applicare sugli immobili, è basata sulla dichiarazione da parte del proprietario e un pagamento proporzionale al valore del bene. È improbabile, è stato osservato, che attraverso simili meccanismi si possa contribuire in soli due mesi alla raccolta di una somma così ingente (100 miliardi di euro). Infine, alcuni esponenti dei partiti d’opposizione hanno lamentato il ristretto margine concesso dal governo per esaminare le sue controproposte: meno di ventiquattro ore. La prima riunione con il Presidente Christofias si sarebbe infatti svolta il mattino seguente (venerdì 5). Una tempistica paradossale, a fronte di un lavoro di preparazione che ha richiesto due mesi e mezzo.
Verso il 12 novembre
Durante la conferenza stampa svoltasi in occasione della “Dichiarazione di Limassol” sulla Politica Marina Integrata (IMP), svoltasi a inizio ottobre, il presidente Christofias ha ricordato ai greo-ciprioti i tempi duri che li attendono, aggiungendo tuttavia che il governo farà tutto il possibile per ridurre l’impatto delle misure d’austerità legate al piano di salvataggio UE.
Nel corso di un summit legato al semestre di presidenza del Consiglio UE, svoltosi a Nicosia, il direttore regionale (Europa) dell’Economist Intelligence Unit, Laza Kekic, ha espresso una valutazione relativamente rassicurante, affermando che la recessione dell’economia greco-cipriota non durerà a lungo. Si prevede una ripresa nel 2014, insieme al resto dell’Eurozona.
Nel breve periodo, comunque, l’attenzione greco-cipriota sarà orientata verso due appuntamenti. Per oggi, 15 ottobre, è stato fissato il secondo incontro tra governo, partiti e sindacati, finalizzato a raggiungere un consenso sulle controproposte. Il 12 novembre, invece, si riunirà nuovamente l’Eurogruppo. Le casse dello stato, secondo quanto affermato dal ministro delle Finanze, Vassos Shiarly, potrebbero rimanere vuote già alla fine del prossimo mese. L’intento del governo è operare in modo che la prima tranche di aiuti europei raggiunga Nicosia a dicembre.
Non è per nulla certo, tuttavia, che il tempo a disposizione sia sufficiente per la discussione del pacchetto e delle relative controproposte da parte di tutti i soggetti coinvolti. La dialettica tra Bruxelles e Nicosia, infatti, potrebbe essere complicata da eventuali voci interne dissonanti: da un lato i parlamenti europei meno simpatetici verso la Repubblica di Cipro, dall’altro i partiti d’opposizione e i sindacati greco-ciprioti.
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