Cinema del sud-est Europa: fuori dai radar?
Domani l’avvio della 73ma Berlinale. Con una tendenza emersa anche negli ultimi altri grandi festival internazionali: sempre meno spazio per i i film del sud-est Europa
L’Europa del sud-est, che è stata protagonista dei festival di cinema internazionali nei primi due decenni di questo secolo, con tante presenze e una serie di premi importanti soprattutto per Romania e Turchia, ma pure per i paesi dell’ex Jugoslavia, la Grecia o la Bulgaria, sta un po’ uscendo dai radar per lasciare spazio ad altre aree in una nuova mappa geopolitico-cinematografica.
Non può essere una conclusione, giacché il panorama cambia a ogni rassegna e ogni annata, ma è l’impressione e la tendenza che si intravede dalle ultime selezioni dei maggiori festival. Lo conferma anche la 73° Berlinale (www.berlinale.de ) che si inaugura giovedì nella capitale tedesca per arrivare sabato 25 alla consegna degli ambiti orsi. Proprio nel concorso per l’Orso d’oro (dal 2006 in poi andato tre volte in Romania, una in Bosnia Erzegovina e una in Turchia) sono presenti 18 film e nessuno da questa zona dell’Europa. Unici piccoli segnali sono la presenza dell’attore croato Leon Lučev nel cast dell’italiano “Disco Boy” di Giacomo Abbruzzese insieme a Franz Rogowski, Morr Ndiaye e Laëtitia Ky e la coproduzione Germania/Francia/Serbia “Music” diretta dalla tedesca Angela Schanelec con Aliocha Schneider, Agathe Bonitzer, Marisha Triantafyllidou e Agyris Xafis.
L’altra sezione competitiva, Encounters, comprende 16 titoli con il solo “Shidniy front – Eastern Front” del russo Vitaly Mansky (regista noto per “Gorbachev. Heave” e “Putin’s Witnesses”, che ha più volte preso posizione contro la guerra all’Ucraina) con Yevhen Titarenko, una produzione Lettonia/Repubblica Ceca/Ucraina/Usa.
Lo spostamento del punto si osservazione si nota ancora più chiaramente tra i cortometraggi, per tradizione con una forte rappresentanza sud-est europea. Tra i 20 di quest’annata sono presenti solo l’animazione “Eeva” di Morten Tšinakov e Lucija Mrzljak, coproduzione Estonia/Croazia, e l’ucraino “It’s a Date” di Nadia Parfan.
Solo l’Ucraina è presente in maniera significativa, un po’ per la situazione bellica che ha richiamato l’attenzione su Kiev, un po’ per la crescita produttiva e qualitativa del suo cinema in atto da circa un decennio.
Così nella sezione Panorama sono inseriti il documentario “Iron Butterflies” di Roman Liubyi, che batte bandiera Ucraina/Germania e il lungometraggio di finzione “Ty mene lubysh? – Do You Love Me?” di Tonia Noyabrova, produzione Ucraina/Svezia. A questi si aggiunge “Inside” del greco Vasilis Katsoupis con Willem Dafoe protagonista.
Il Forum degli indipendenti è la sezione dedicata ai registi emergenti e comprende un maggior numero di opere. Tra queste i documentari “Anqa” della regista austriaca d’origine turco-curda Helin Çelik, “De Facto” dell’austriaca d’origine bosniaca Selma Doborac (“Those Shocking Shakin Days” del 2016), “Între revoluții – Between Revolutions” del romeno Vlad Petri e il polacco “W Ukrainie – In Ukraine” di Tomasz Wolski e Piotr Pawlus. Tra i film di finzione il romeno “Mammalia” di Sebastian Mihăilescu con István Téglás, Mălina Manovici, Denisa Nicolae, Steliana Bălăcianu e Rolando Matsangos e il turco “Unutma Biçimleri – Forms of Forgetting” di Burak Çevik con Nesrin Ucarlar ed Erdem Senocak.
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