Cinema dai Balcani: Vinko Bresan e il festival di Karlovy Vary
Una rassegna sulla partecipazione del cinema balcanico al Festival di Karlovy Vary (Rep. Ceca) e una intervista al regista croato Vinko Bresan ("Marshal Tito"; "Come è cominciata la guerra sulla mia isola"; "I testimoni").
Una importante partecipazione balcanica, in attesa che i film più recenti vengano presentati a Venezia (1-11 settembre) e Sarajevo (20-28 agosto), ha contraddistinto il recente Festival del Film di Karlovy Vary in Repubblica Ceca. Il più antico (39 edizioni) e importante dell’Europa orientale.
Il concorso è stato vinto, per la seconda volta consecutiva, da un film italiano, "Certi bambini" di Andrea e Antonio Frazzi. La manifestazione diretta da Eva Zaoralová (oltre 120.000 spettatori, in gran parte giovani studenti, per 235 film) ha confermato il buon momento della cinematografia croata, mostrato una bella commedia slovena (la recente produzione di Lubiana andava nella direzione di storie piuttosto tetre e pessimiste) e rivelato un giovane talento serbo. "Tu – Qui" di Zrinko Ogresta ha ottenuto il premio speciale della giuria.
"Qui" è un mosaico di sei storie che si scambiano i personaggi all’epoca della guerra, tutti accomunati dalla solitudine e dai sentimenti di perdita. La follia dei veri pazzi, che si possono dedicare totalmente alla cura di un uccello ferito, è meno pericolosa di chi costringe i soldati a combattere in un isolato avamposto. Un film corale con le giuste annotazioni (il vecchio musicista che vive in hotel perché potrebbe andare altrove e si innamora di una giovane misteriosa, l’attore celebre e insoddisfatto, il padre e il figlio che si intendono a dispetto delle apparenze) ben recitato e efficace nel descrivere il quadro sociale.
Premio della sezione "East of the West", dopo essere stato in gara a febbraio alla Berlinale, "Svjedoci – Testimoni" di Vinko Bresan. Un’operazione coraggiosa nel riconoscere le colpe croate nella guerra, caso non troppo frequente finora nel Paese che fu di Tudjman, mostra da diversi punti di vista un crimine compiuto da militari in licenza e una giovane donna che costringe l’amante ad aprire gli occhi sulla realtà.
Serbo che vive a Colonia, dove ha studiato cinema, Jovan Arsenic ha presentato il suo film di diploma, "Povratnik – Homecoming", breve film (70′) girato in digitale con un budget irrisorio nelle pianure della Vojvodina. Due bravi attori (Ivan Dordevic è tra gli emergenti di Serbia), una narrazione che mischia realtà e ricordi, anche qui con stile molto lontano dalle consuetudini del suo paese. Un giovane che ha ucciso il padre torna al villaggio dall’ospedale psichiatrico, ritrova la vecchia fiamma che non è stata ad aspettarlo, l’amico che ha disertato la guerra e tanti reduci frustrati.
Nella stessa sezione il documentario "Faraonul – The Pharaon" del serbo-rumeno Sinisa Dragin sulla figura di un anziano ex prigioniero politico in Siberia che vive come un barbone e "Kako Ubiv Svetec – How I Killed a Saint" della macedone Teona Mitevska, che aveva già vinto al Festival Crossing Europe di Linz.
Sui toni della commedia, ma con sostrato da thriller, è lo sloveno "Pod Njenim Oknom – Beneath Her Window", secondo film di Metod Pevec. Una storia d’amore e di ossessione amorosa, con un finale positivo. In patria è stato un buon successo, merito anche degli interpreti, Polona Juh e Sasha Tabakovic. Nel Panorama film già noti e premiati come il bosniaco "Gori vatra" di Pjer Zalica e l’austriaco "Donau, Dunaj, Duna, Dunav, Dunarea" di Goran Rebic, serbo che vive a Vienna, viaggio sul fiume d’Europa seguendo il cammino inverso rispetto a chi cerca fortuna a ovest.
Intervista a Vinko Bresan
Regista croato quarantenne al terzo lungometraggio, Vinko Bresan ha realizzato "Svjedoci – Testimoni", presentato in gara al Festival di Berlino e poi in altre rassegne internazionali. Un film, tratto dal romanzo d’esordio di Jurica Pavicic "Montoni d’alabastro", che racconta l’assalto, da parte di un gruppo di militari croati in licenza, della casa di un uomo d’affari serbo a Karlovac e l’uccisione del proprietario. Con le indagini di un poliziotto che cerca la verità, la testardaggine di una giovane giornalista, e la piccola testimone (figlia del morto) in pericolo.
Nicola Falcinella: Non è la prima volta che nei suoi film si occupa di temi politici.
Vinko Bresan: "Marshal Tito" nel ’99 era una commedia contro la politica ufficiale. Ci furono dei problemi all’epoca in Croazia. Oggi abbiamo la possibilità di intraprendere un cammino democratico ma abbiamo ancora il problema dei tanti crimini di guerra. Il film è stato in partenza una storia intima, perché ciascuno di noi che ci abbiamo lavorato ha dovuto confrontarsi con la guerra e le sue conseguenze. In Croazia la discussione sui crimini di guerra non è stata completata, non è stata neppure trovata una definizione di crimini di guerra. e anche dopo la morte di Franjo Tudjman la situazione non è molto cambiata. Questo è uno dei motivi per cui ho fatto il film, che corrisponde a cose che sono accadute nella realtà. Credo nel futuro, credo che gli esseri umani meritino la possibilità di vivere bene, di amare.
NF: Perché avete scelto questa forma narrativa, diverse versioni degli stessi episodi seguendo di volta in volta i diversi protagonisti?
VB: Lavorando sulla sceneggiatura volevamo rinforzare le emozioni, per questo abbiamo scelto il racconto secondo più punti di vista, per aggiungere emozioni e raggiungere il climax. Il racconto non ha una struttura lineare perché non ci interessava, sarebbe stato un altro approccio emotivo.
NF: Nella storia di "Testimoni" importano più le colpe che l’appartenenza dei colpevoli. Non c’è un giudizio su croati e serbi, e neppure un riferimento alle relazioni tra i due Paesi.
VB: Qui volevo parlare più di crimini di guerra e di come si possa perdere l’anima in queste situazioni, anziché di sacrificio o di relazioni tra diversi popoli. Non volevo raccontare la cosa dal punto di vista del colpevole o della vittima, ma che tutti possono avere la chance di fare qualcosa di buono. Chi ha fatto qualcosa di sporco può liberarsi dal passato. Il film non mette a fuoco le relazioni tra croati e serbi che comunque potrebbero essere un buon soggetto per un film. Ho messo insieme i migliori attori croati e Mirjana Karanovic, che è una delle migliori attrici belgradesi ed è stato un grande onore averla nel mio film.
NF: E dell’accoglienza riservata al film?
VB: Sono molto contento perché è stato presentato al festival di Belgrado, oltre che a Pula e proiettato nelle sale in Serbia. Il quotidiano "Slobodna Dalmacija" ha scritto che è un film contro l’indipendenza della Croazia ma conosco quel giornale e le sue posizioni. Sono solo parole.
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