CEDU: la Romania ha violato i diritti LGBT+
A seguito della denuncia di 21 coppie, la Corte europea dei diritti dell’uomo chiede alla Romania di riconoscere e tutelare legalmente le famiglie omosessuali. Per la società civile si tratta di una sentenza storica
La Romania è il paese europeo dove i diritti umani vengono meno rispettati. Bucarest occupa, infatti, uno dei primi posti nella classifica degli stati condannati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), organo giurisdizionale internazionale con sede a Strasburgo, a cui aderiscono 46 membri del Consiglio d’Europa.
La CEDU riceve ed esamina le denunce di violazione dei diritti umani da parte di cittadini degli stati membri del Consiglio d’Europa. Guidano la classifica la Turchia, la Federazione russa (esclusa dal Consiglio d’Europa nel settembre 2022) e l’Ucraina, seguite dalla Romania.
Dall’inizio di quest’anno la CEDU ha registrato circa 75.000 segnalazioni, quasi la metà proveniva dalla Turchia e dalla Russia. L’Ucraina era al terzo posto, con oltre 10.000 segnalazioni. A seguire la Romania con oltre 6.400 denunce, più di Italia e Polonia messe insieme.
Secondo le statistiche del 2022 , la Romania è stata condannata 72 volte, un caso in meno della Turchia, paese che conta quattro volte la popolazione della Romania.
La maggior parte delle condanne alla Romania sono state pronunciate in casi riguardanti trattamenti degradanti o inumani nelle carceri romene, ma non solo.
La sentenza della CEDU
A maggio, in seguito alla denuncia sporta da 21 coppie omosessuali, la CEDU ha condannato la Romania per la violazione dei loro diritti.
Fino al 2001 in Romania essere omosessuale significava avere alte possibilità di finire in carcere. L’omosessualità era un reato. “L’articolo 200 dell’allora Codice penale comunista puniva le relazioni omosessuali con la reclusione da uno a cinque anni”, ricorda Florin Buhuceanu.
Buhuceanu è uno degli iniziatori della denuncia alla CEDU. Attivista per i diritti umani e fondatore del Museo di Storia e Cultura Queer in Romania, Florin Buhuceanu è anche il presidente dell’Associazione romena “Accept”, promotrice di iniziative che riguardano i diritti della comunità LGBT+.
A seguito della denuncia delle 21 coppie, la CEDU chiede alla Romania di riconoscere e tutelare legalmente le famiglie omosessuali e rileva che lo stato romeno ha violato l’articolo 8 della Convenzione che protegge il diritto alla vita privata e familiare.
La sentenza nel caso Buhuceanu e altri contro la Romania arriva quattro anni dopo che le 21 coppie omosessuali avevano fatto causa allo stato romeno per mancanza di riconoscimento e tutela legale per le loro famiglie.
Per Florin Buhuceanu e il compagno Victor Ciobotaru, la sentenza della Corte è storica, perché è una decisione che obbliga la Romania a riconoscere e tutelare le famiglie omosessuali.
Intanto l’associazione Accept ha lanciato una petizione con la quale chiede alle autorità di tutelare tutte le famiglie e riconoscerle dal punto di vista legale.
Iustina Ionescu, avvocata che ha rappresentato le coppie davanti alla CEDU, racconta: “Nei momenti più difficili, alle persone manca la tutela dello stato e si rendono conto di che cosa perdono perché lo stato non le riconosce. Parliamo soprattutto delle situazioni in cui uno dei partner è in ospedale, malato, e ad esempio ha un intervento chirurgico. Nella terapia intensiva può entrare solo il coniuge o un parente di primo grado. Queste famiglie, secondo la legge, in questo momento non appartengono a nessuna categoria”.
Ed è proprio ciò che chiedono Florin, Victor e altri: “È arrivato il momento di essere tutelati legalmente e riconosciuti socialmente come famiglie, in realtà desideriamo il consolidamento dell’istituzione della famiglia. E il diritto di ognuno, però, di decidere che famiglia desidera: matrimonio, partenariato civile, unione non registrata”, specifica Buhuceanu.
La sentenza emessa dalla prima Camera della CEDU lo scorso 23 maggio, tuttavia, non è definitiva. Il governo ha tre mesi per fare ricorso e se verrà respinto lo Stato romeno sarà costretto ad adottare una legislazione per riconoscere le coppie omosessuali, altrimenti la Romania rischia le sanzioni del Consiglio d’Europa.
D’altra parte, il Patriarcato romeno disapprova l’idea di unione civile e la sua istituzione, “in linea con le altre Chiese ortodosse”, sostenendo che l’unione civile “rappresenta non solo un’inutile sovrapposizione con il valido istituto del matrimonio, ma anche un vero e proprio indebolimento dell’assunzione di responsabilità parte integrante dei due coniugi, nonché fonte tossica (provata in altre società) del crollo dell’importanza e dell’autorità moralmente formativa della famiglia”, afferma il portavoce Vasile Bănescu.
Il ruolo della società civile
L’Associazione MozaiQ precisa che attualmente ci sono alcuni disegni di legge depositati in Parlamento che riguardano la legalizzazione del partenariato civile.
Tre proposte legislative per modificare le unioni civili per includere le coppie omosessuali, presentate tra il 2016 e il 2019, non sono ancora state approvate dalle commissioni parlamentari competenti.
L’Associazione MozaiQ appoggia il progetto legislativo depositato da oltre 40 parlamentari nella scorsa legislatura. Si tratta di un disegno di legge che è il risultato di lunghi negoziati tra i principali partiti politici, il Consiglio nazionale Contro la Discriminazione e i rappresentanti della società civile.
Tuttavia, la voce della società civile si sente a fatica in Romania.
Anche per la modifica delle leggi, le ONG hanno provato ad intervenire sulla decisione politica, proponendo emendamenti e offrendo pareri. Per essere prese in considerazione alcune ONG ricorrono alla pratica delle lettere aperte.
Ricordiamo che nel 2018 è fallito un referendum per modificare la costituzione della Romania e impedire alle coppie omosessuali di ottenere il diritto di sposarsi: l’80% degli aventi diritto non si è presentato al voto.
Uno studio pubblicato dall’Associazione Accept nel 2021 ha rilevato che il 71% dei romeni ha dichiarato che il riconoscimento legale del matrimonio civile per le coppie omosessuali non avrebbe alcun impatto sulla loro vita, mentre solo il 43% era pienamente favorevole: percentuali in netta crescita rispetto ad altri sondaggi del 2016.
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