Catastrofe in Asia, gli Albanesi partono con gli aiuti
Mentre tutto il mondo già dalle prime ore dopo l’ondata dello Tsunami si mobilita e si incolla davanti ai teleschermi, incredulo di fronte ad una catastrofe mondiale, i media e il governo albanese lasciano la vicenda in secondo piano. Le critiche al governo e l’attivismo delle ONG svegliano però il Paese delle aquile, che invia volontari e stanzia 500 mila dollari di aiuti umanitari
Mentre lo scorso 26 dicembre tutto il mondo guardava preoccupato verso l’Asia, sconcertato dalla devastazione e il numero sempre in crescita delle vittime del maremoto, in Albania la "notizia" veniva classificata come normale, spesso non trovando per niente posto nel limitato spazio che i media locali dedicano alle notizie dall’estero. E nell’indifferenza che infettava anche le autorità, il primo a richiamare l’attenzione degli Albanesi è stato il leader dell’opposizione Berisha lanciando un appello per mettere in moto la macchina della solidarietà. E gli Albanesi hanno subito risposto: l’ONG "Mjaft!" (Basta!) sta organizzando un primo gruppo di soccorritori composto da medici, mentre le varie donazioni andranno alla Croce rossa albanese (CRA). Colto di sorpresa, il Governo ha deciso con molti giorni di ritardo di devolvere alla CRA una somma di 500 mila dollari, proclamando il 5 gennaio giorno di lutto nazionale: un’altra buona occasione per sentirsi finti-membri dell’Unione europea.
L’indifferenza dei media e del Governo
Nella storia mediatica del giornalismo albanese sono rari i casi in cui i giornali hanno aperto con una notizia dall’estero, e la catastrofe nel sud-est asiatico si pensava che fosse una di quelle. Così non è stato e i maggiori quotidiani albanesi hanno cominciato a scrivere sulla devastazione causata dal terremoto al largo dell’isola di Sumatra solo quando il numero delle vittime cominciò a superare i 100 mila morti.
Altrettanto indifferenti anche le autorità di Tirana. Sconcertante la reazione del ministero degli Esteri alla notizia di una cittadina albanese il cui nome risultava nella lista dei feriti in un ospedale di Phuket. La donna, Veronica Taylor, portava un cognome non albanese, forse cambiato dopo un matrimonio con un cittadino di qualche altro Paese e questo per i diplomatici di Tirana è bastato per giustificare il loro disinteresse. "È impossibile mettersi in contatto con Phuket e visto il cognome, la signora avrà lasciato l’Albania da anni", era la fredda risposta che i giornalisti di "Gazeta Shqiptare" hanno preso dai funzionari del Ministero degli Esteri.
Il primo ministro Fatos Nano, dopo il ritorno dalle vacanze di fine anno, quando gli appelli dell’opposizione cominciavano a dare i primi risultati, ha deciso di donare alla Croce rossa albanese una somma di 500 mila dollari. Intanto, pure il Kosovo, che un vero stato non lo è ancora, aveva reagito prima: il Governo di Pristina aveva stanziato con qualche giorno di anticipo, rispetto all’Albania, 300 mila euro, mentre la solidarietà dei Kosovari stava raccogliendo i primi frutti. A Tirana invece, hanno pensato di non perdere l’occasione di leccare nuovamente i piedi a Bruxelles. Il Governo ha annunciato per il 5 gennaio un giorno di lutto nazione, nella stessa data fissata dai Paesi membri dell’Unione europea.
L’appello di Berisha: Aiutiamoli!…
A prendere per primo l’iniziativa è stato il capo del Partito democratico (Pd), Sali Berisha. Nella sua conferenza stampa del 3 gennaio scorso, l’ex Presidente aveva invitato le organizzazioni non governative locali e i medici albanesi a fare qualcosa per aiutare le popolazioni colpite dal maremoto. Nonostante la povertà nella quale vivono, "anche gli Albanesi devono dare il loro aiuto per i Paesi asiatici colpiti dallo tsunami", ha detto Berisha, aggiungendo che tutti i funzionari del Pd doneranno il 10% del loro stipendio di gennaio alla Croce rossa albanese (Cra).
Dello stesso parere anche Genc Pollo, leader dei Democratici riformatori che ha consegnato al capo della CRA, Shyqyri Shubashi, un assegno la cui cifra è rimasta segreta. "Ho voluto rendere pubblico questo atto perché si nota un certo disinteresse sulla catastrofe nei Paesi asiatici", ha spiegato Pollo, chiedendo al Governo "di dimostrare una maggiore solidarietà". "Anche i festeggiamenti per il Capodanno sono stati modificati in tutto mondo – ha proseguito – sono molto deluso delle nostre autorità. Nessuno ha ricordato la tragedia nei discorsi di fine anno, né il primo ministro né nessun altro. Neanche alla festa di mezzanotte in piazza Scanderbeg organizzata dal Comune nessuno si è ricordato di un minuto di raccoglimento com’è successo a Kiev, Londra, New York o Buenos Aires. Questo dimostra la pateticità dei discorsi su Madre Teresa, la cui missione nessuno sembra aver capito realmente".
Critiche al Governo sono state mosse anche dall’ex Presidente Rexhep Meidani (socialista). Secondo lui, "la politica albanese è stata molto lenta a percepire questa catastrofe", mentre sull’iniziativa dell’opposizione pensa che "un passo del genere doveva essere intrapreso da giorni dal Governo stesso". Per Meidani, questo è anche un obbligo morale verso la comunità internazionale: "Si può dimenticare così presto quello che hanno fatto molti Paesi per evitare una catastrofe umanitaria durante la guerra in Kosovo?", si chiede l’ex Presidente.
…e gli Albanesi rispondono
"Ho un sogno. Quello di sentire il nome del mio popolo a fianco di tutti quelli riuniti sotto la bandiera dell’umanità. È il sogno di colpire al cuore, prima di tutto, il nostro umiliante auto-stigmatizzarsi". Sono le parole di Erjon Velia, segretario esecutivo di "Mjaft!", in un articolo-appello che cerca di svegliare gli Albanesi da una certa rassegnazione. E ce l’ha fatta. I suoi "ragazzi", come vengono chiamati dai media locali, erano già silenziosamente al lavoro; questa volta per fare qualcosa di diverso dalle loro coloratissime proteste in piazza sui problemi sociali che preoccupano la popolazione. "Team Albania" è il nome del progetto che manderà nei prossimi giorni una squadra di medici a Banda Aceh, una delle località più colpite dallo tsunami nell’isola indonesiana di Sumatra. Sono 18 i volontari fino ad ora, 5 dei quali kosovari.
La Croce rossa albanese, invece, ha messo a disposizione un conto corrente per le donazioni, mentre alcune urne dell’organizzazione sono state messe nei centri di tutte le città albanesi, vista la non tanto diffusa cultura bancaria nel Paese.
Nonostante la somma raggiunta fino ad ora non sia stata resa pubblica, dalla CRA hanno fatto sapere che ha oltrepassato le previsioni.
Anche l’Amc, il più grande dei gestori di telefonia mobile in Albania, ha messo a disposizione un numero per mandare un sms dal costo di 100 Lek (quasi 1 Euro), con l’intento di devolvere l’incasso all’organizzazione "Mjaft!" e alla CRA.
Intanto, all’aeroporto "Madre Teresa" di Tirana, l’aereo dei medici di "Mjaft!" ha acceso i motori. Rotta a Oriente. Si prepara al volo il grande cuore di una piccola e povera nazione.
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