Carlo Spera, una storia di editoria alternativa
È uscito in Italia "Cecenia: la guerra degli altri", libro inedito di Anna Politkovskaja. Non lo vedrete però pubblicizzato sui giornali e non lo troverete nelle librerie. In quest’intervista all’editore Carlo Spera, la storia di un libro che inizia con un piccolo "furto" nella capitale cecena Grozny e l’idea di un progetto editoriale davvero alternativo
Quando Carlo Spera mi ha telefonato per propormi di tradurre un inedito di Anna Politkovskaja, che sarebbe stato pubblicato in dicembre in occasione dell’assemblea di Mondo in Cammino, mi si è stretto il cuore a dover rifiutare [Maria Elena Murdaca ha recentemente tradotto per Mondadori La guerra di un soldato in Cecenia di Arkadij Babčenko, ndr].
Sarei stata più che onorata di dare una mia veste italiana ad Anna Politkovskaja, di legare professionalmente il mio nome al suo. E di lavorare ancora con Carlo Spera e Massimo Bonfatti di Mondo in Cammino , naturalmente. Ma i tempi erano stretti, sapevo che non avrei potuto dedicare l’attenzione che il compito richiedeva, per cui ho dovuto, con estremo rammarico, declinare.
Ho preferito indicare i nominativi di altri traduttori, che sapevo non solo tecnicamente capaci, ma soprattutto motivati. Sapevo che Sonia Cazzaniga, Paolo Ares Frigerio e Veronica Vanossi avrebbero messo il loro impegno e le loro competenze a servizio del progetto. Lo sapevo perché percepivo in loro quella sensibilità che ti porta a investire il tuo tempo in attività che danno senso alla tua vita e ti fanno conservare il rispetto per te stesso e guardare le vittime di un’ingiustizia senza vergognarti, perché hai comunque fatto quello che potevi.
E così il libro è uscito, in tempo per essere presentato il 3 dicembre 2011 all’assemblea dell’associazione di volontariato Mondo in Cammino da Alexander Cherkasov, Giorgio Fornoni e Massimo Bonfatti. È un libro frutto del lavoro di un editore alternativo, del volontariato e per il volontariato, che ha una sua storia e, di solito, i libri con delle storie hanno anche uno scopo e un destino.
Carlo Spera, la pubblicazione in italiano di questo inedito di Anna Politkovskaja sulla guerra in Cecenia ha una storia particolare. Come ve lo siete ritrovato fra le mani e perché avete deciso di pubblicarlo?
Cecenia: la guerra degli altri, ovvero vivere al di là della sbarra
di Anna Politkovskaja
Con un intervista a Vera Politkovskaja
Interventi di Ottavia Piccolo, Giorgio Fornoni, Massimo Bonfatti
Traduzione dal russo di Sonia Cazzaniga, Paolo Ares Frigerio, Veronica Vanossi
Editing: Stefano Cenci
Carlo Spera editore
È possibile acquistare il libro nelle modalità specificate sul sito dell’organizzazione di volontariato Mondo in Cammino .
La diffusione del libro e gli introiti derivanti, per espressa volontà e accordo fra gli eredi di Anna Politkovskaja e l’OdV Mondo in cammino, sono destinati ad attività no profit. Anche la scelta di non ricorrere alla consueta distribuzione commerciale rientra in questo accordo, redistribuendo i pesanti oneri derivanti dalla stessa a favore di progetti. I proventi della vendita di questo libro serviranno a sostenere in particolare il progetto "Un libro per i bambini della Cecenia ".
Lo abbiamo rubato nel 2008 all’amico Akbulatov Shakhman nella sede di Memorial a Grozny, in Cecenia. Io e Massimo Bonfatti, presidente di Mondo in Cammino, eravamo lì per raccogliere materiale per un progetto editoriale sul Caucaso del nord. Era stata una lunga e impegnativa giornata di lavoro. Finalmente avevamo un po’ di tempo per mangiare qualcosa e prendere un tè. Occasione da non perdere in Cecenia, perché non sai quando ti ricapita. Ce ne stavamo seduti a sorseggiare la nostra bibita quando Massimo si accorse di un volume nero che spuntava da una mensola. Sul dorso c’era una scritta: Anna Politkovskaja. Cinque secondi dopo il libro era già nella borsa di Massimo. Solo dopo un paio d’ore confessammo il “furto”: Shakhman ci guardò serio, poi scoppiò a ridere e ci disse che potevamo tenerlo. E così abbiamo fatto. Fino a quando ci siamo resi conto che era arrivato il momento di tradurlo e pubblicarlo in Italia.
Vedi, l’Occidente, e quindi anche il nostro Paese, deve ancora tanto al lavoro di Anna Politkovskaja e sarebbe ora di smetterla di far finta di non sapere che entro i propri confini le agenzie di sicurezza russe fanno ricorso a pratiche di terrorismo di Stato e che centinaia di persone vengono sequestrate, rinchiuse dentro carceri segrete e illegali, torturate e a volte sottoposte a esecuzioni extragiudiziali. Vale a dire ammazzate.
Ecco perché questo libro doveva andare in stampa. Ancora oggi in Cecenia la violenza si manifesta continuamente e resta impunita, poiché scaturisce o è coperta dalle ragioni di Stato. Rapimenti, stupri, torture, esecuzioni sommarie. In una parola: genocidio. "La Cecenia fa parte dell’Europa", mi ha detto un giorno Natalja Estemirova, giornalista e attivista della Ong Memorial assassinata nel luglio 2009 con un colpo di pistola in faccia per aver indagato sulla fucilazione pubblica, da parte di uomini legati al presidente ceceno, di un ragazzo accusato ingiustamente di collaborare con i guerriglieri. L’amministrazione del Cremlino dovrebbe rispondere penalmente davanti a un tribunale internazionale per gli innumerevoli crimini commessi sul suolo ceceno.
Vera Politkovskaja, figlia di Anna, ha avuto un ruolo specifico nel processo che ha portato alla pubblicazione del volume?
Né Vera né suo fratello Ilya sapevano dell’esistenza del libro. Non avevano idea che la madre lo avesse donato a Memorial per finanziare, con le vendite, il lavoro dell’associazione nel Caucaso del nord. È stato Massimo Bonfatti a informarli e a fare da tramite tra l’editore e gli eredi. La distanza, i problemi tecnici legati alla stesura del contratto, alcune piccole incomprensioni dialettiche, la continua frammentazione dei colloqui dovuta al periodo estivo e la necessità di fissare un incontro per sottoscrivere un atto formale hanno richiesto un impegno notevole da parte di tutte le persone coinvolte. In quanto a Vera e Ilya, nonostante più volte abbiamo offerto loro una parte degli introiti, hanno rinunciato a qualsiasi royalty in qualità di legittimi eredi a favore di Mondo in Cammino. Quindi direi di sì, entrambi i figli di Anna hanno avuto un ruolo importante in questo progetto. Soprattutto perché ci hanno dato fiducia e hanno scelto di condividere i nostri obiettivi.
Non è la tua prima pubblicazione di argomento ceceno: anche Il diario di S. ha una sua storia…
Quando S. mi ha consegnato le pagine del suo diario nel gennaio 2008 a Grozny, in Cecenia, dicendomi che avrei potuto farci quello che volevo, che si fidava di me, del mio giudizio e della mia professionalità, rimasi senza parole. In fondo la conoscevo da un paio di giorni e non avevo fatto altro che ascoltare la sua storia. Una storia incredibile che purtroppo non posso ancora raccontare. Sia per salvaguardare S. da possibili rappresaglie sia perché non sono ancora pronto a farlo. Ma anche le pagine de Il diario di S. sono incredibili. Pagine che contengono i sentimenti di una giovane donna costretta a passare la maggior parte dei suoi giorni in uno scantinato a causa degli incessanti bombardamenti. Pagine che valgono più di un trattato; parole che non vengono mai usate a caso e che senza enfasi additano a precise responsabilità.
Negli ultimi quattrocento anni la Russia ha regolarmente osteggiato il popolo ceceno e represso ogni tentativo d’indipendenza. All’epoca degli zar i russi consideravano i ceceni indigeni, briganti e selvaggi, poi i bolscevichi comunisti li hanno dichiarati nazionalisti borghesi, mentre sotto Stalin i ceceni sono diventati tirapiedi di Hitler e nemici del popolo. La Russia democratica li ha chiamati terroristi, banditi, favoreggiatori di Al-Qaeda, e chi più ne ha più ne metta. In realtà in Cecenia sia l’autorità federale che quella locale si sono comportate, e continuano a farlo, in modo criminale e illegittimo. Il diario di S. è un libro semplice e bellissimo; e molto importante. Perché, come si legge in uno dei libri che ho pubblicato, "Se certe cose si vengono a sapere, siamo certi che il primo passo è stato fatto affinché non accadano mai più."
Hai definito la tua attività come "editoria alternativa": cosa offre la Carlo Spera editore di diverso dalle altre case editrici?
Principalmente la possibilità di reinvestire buona parte dei guadagni. Scegliendo di non arricchire il mercato affidandosi al tipico percorso distributivo, ma progettandone uno nuovo, autonomo e alternativo, si riesce a guadagnare un giusto compenso e a finanziare progetti umanitari lì dove si va a pesca di storie e occasioni per il proprio lavoro. Una sorta di royalty solidali. Io la vedo così: se vuoi parlare di un problema o di un determinato territorio ti devi sporcare le mani, o quantomeno sforzarti di analizzare quel problema o cercare di conoscere quel territorio. Non ragionare solo sull’aspetto economico. L’ideale è andare di persona sul posto, parlare con la gente, cercare di assorbire ciò che ti viene raccontato e poi trovare la forza e il modo per comunicarlo agli altri.
Non avrei mai pubblicato questo libro se non fossi andato cinque volte in Caucaso e non avessi incontrato molte persone che hanno aiutato e protetto la Politkovskaja durante il suo lavoro in Cecenia; non l’avrei pubblicato se non avessi prima approfondito e infine compreso il perché fosse necessario farlo. Il fatto che si trattasse di un volume inedito particolarmente interessante per il mercato italiano è stato secondario. Io faccio prodotti editoriali per campare, è ovvio, ma anche per diffondere quelle informazioni, troppo spesso censurate, che mi interessano come essere umano.
Faccio libri e documentari contro. Contro la disinformazione, le menzogne. Le presunzioni che caratterizzano la nostra società sono l’indizio più evidente della nostra scarsa obiettività; divisi dai nostri ideali politici, dal colore della pelle e dai più svariati pregiudizi, siamo tutti accomunati dalla menzogna. La verità è sminuita, trascurata, quasi sempre distorta. Le opere edite dalla Carlo Spera editore cercano di ristabilire un equilibrio e sono realizzate da chi non ha interessi da difendere né ha bisogno di piegare le informazioni, falsandole, a ragioni economiche e politiche.
Come nasce la collaborazione fra Carlo Spera editore e Mondo in Cammino? Come si combinano "il volontariato fatto con i piedi" (motto di Mondo in Cammino) e la tua editoria alternativa?
Nasce dalla condivisione. Dal fatto di avere obiettivi e speranze comuni. Da un’amicizia sincera e leale. Ma anche dalla necessità di sostsnersi a vicenda nel rispetto delle proprie competenze. Le forze messe in campo da Mondo in Cammino, e in particolare il lavoro di Massimo Bonfatti, sono state indispensabili, in tutte le fasi, al buon esito del progetto editoriale. Nonostante il lavoro incessante dell’editore, dei traduttori e dell’instancabile editor Stefano Cenci, il volume non sarebbe mai uscito con le sole forze della Carlo Spera editore. Competenza, coraggio, conoscenza approfondita dell’argomento che si sta trattando, sensibilità e il desiderio di lavorare per migliorare questo tormentato pianeta; ecco quello che serve per portare avanti progetti come questi.
Il tuo libro preferito tra quelli che hai pubblicato?
A dirla tutta mi piacciono tutti. Forse… sai, quando hai la possibilità di fare l’editore così come lo faccio io, quando tutto quello che scegli di pubblicare inevitabilmente ti entra dentro e diventa parte integrante di te, è quasi impossibile fare una scelta… ma la faccio lo stesso: in questi due anni la Carlo Spera editore si è dedicata con passione e costanza a esplorare argomenti delicati e spesso scomodi per il panorama editoriale italiano: in particolare la questione nucleare e l’impianto di ipocrisia mediatica e pseudo-scientifica che la circonda; ma anche la frontiera presidiata da chi resiste, sempre e comunque, all’ingiustizia umana e alla catastrofe ambientale, sotto le bombe cadute a Grozny o tra le macerie del terremoto aquilano… insomma, scelgo il volume di Anna Politkovskaja "Cecenia: la guerra degli altri", ma solo perché suggella nel migliore dei modi il percorso editoriale fin qui intrapreso.
Tu sei anche fotografo: c’è una foto del Caucaso che per te ha un significato particolare e che hai piacere di condividere con i lettori di Osservatorio?
Il titolo è L’utilitaria gialla, scattata a Grozny, in Cecenia, nel gennaio 2007. Non è tra le mie fotografie quella che preferisco dal punto di vista estetico, ma ha sicuramente significato molto per me. Grazie a questa istantanea ho compreso perché faccio fotografie; non solo, mi ha anche rivelato il meccanismo che mi porta a catturare determinate immagini. È difficile da spiegare, credo che la cosa migliore sia leggere parte di una testimonianza che ho raccolto poche ore prima aver scattato la fotografia in questione.
"Hanno portato via tutti e due i miei figli su una piccola automobile gialla davanti ai miei occhi. Li ho cercati per mesi… sono stata dappertutto… fino a quando un ufficiale dell’esercito russo mi ha dato una mappa che indicava il luogo in cui erano stati sepolti… ha preteso 8.000 rubli. Ho pagato. Il giorno dopo io e mio marito siamo andati nel luogo indicato sulla mappa. C’era immondizia dappertutto, e centinaia di siringhe usate dai soldati russi per iniettarsi eroina. Abbiamo incominciato a scavare. E a un certo punto abbiamo individuato quattro corpi […] quando li abbiamo tirati fuori è stato subito chiaro che erano stati torturati. Erano ridotti malissimo. Indosso a uno di loro ho subito riconosciuto la maglietta e i pantaloni di uno dei miei figli. L’altro, nudo, lo abbiamo riconosciuto solo grazie ad alcune cicatrici che aveva sul corpo. Il giorno dopo li abbiamo sepolti di nuovo. Per trasportarli al cimitero non abbiamo trovato di meglio che una piccola utilitaria. Gialla".
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