Cambio di divisa
Alle soglie del 2009, Pristina lancia le sue nuove forze di sicurezza, battezzate Kosovo Security Force (KFS). I suoi 2500 membri avranno inizialmente funzioni di protezione civile, ma tra cinque anni lo statuto del corpo potrebbe essere rivisto. Va in pensione il vecchio KPC
A nove anni dal conflitto, e a dieci mesi dalla dichiarazione di indipendenza di Pristina, è sempre la Kfor (missione militare a guida Nato) a garantire la sicurezza e i confini del Kosovo. Sebbene questa realtà non sembra al momento messa in discussione, alle porte del 2009 il neo-proclamato è alle soglie di lanciare le proprie forze di sicurezza, battezzate appunto Kosovo Security Force (KSF).
Queste avranno a disposizione 2500 uomini (tutti professionisti), più 800 riservisti, e saranno equipaggiate con armi di tipo leggero. All’inizio saranno impiegate soprattutto in operazioni di sminamento, protezione civile e gestione delle crisi. La Nato, attraverso le strutture della Kfor, ha già dato la propria disponibilità a supportare l’addestramento della KSF, ed al momento sta portando avanti le selezioni del personale.
La Kosovo Security Force è una delle istituzioni che stanno emergendo dopo la dichiarazione di indipendenza unilaterale di Pristina dello scorso febbraio. Presto dovrebbe affiancarglisi anche un servizio di intelligence, e le autorità kosovare dovrebbero assumere pienamente a breve anche il controllo degli organi di polizia.
Tutte queste iniziative sono previste dal piano proposto da Martti Ahtisaari, che però, nonostante il premio nobel per la Pace recentemente ricevuto dall’ex negoziatore dell’Onu sullo status del Kosovo, non ha mai ottenuto luce verde dal Consiglio di Sicurezza, a causa della netta opposizione di Serbia e Russia.
La riforma del settore sicurezza prevede poi la definitiva dissoluzione dell’attuale Kosovo Protection Corps (KPC). Secondo la legge approvata dal parlamento di Pristina "il KPC, dopo aver portato a termine i propri compiti, tra cui il supporto alla ricostruzione post-bellica del Kosovo, sarà disciolto entro un anno dalla fine della fase di transizione istituzionale", cioè entro il giugno 2009.
Il KPC venne istituito come forza di protezione civile immediatamente dopo la fine del conflitto del 1999, ed è riuscito a costruirsi una forte popolarità tra la popolazione albanese del Kosovo.
Il generale britannico Nick Caplin, coordinatore Unmik del KPC, ha dichiarato in un’intervista al canale pubblico kosovaro che l’esperienza all’interno del Kosovo Protection Corps verrà sicuramente tenuta in considerazione durante le selezioni per riempire i ranghi delle nuove forze di sicurezza. "Ci aspettiamo che dei 3000 membri attivi del KPC, circa 1500 troveranno posto all’interno della neonata Kosovo Security Force".
Alla sua creazione, il KPC contava nelle sue fila soprattutto ex membri dell’UCK, la formazione di guerriglia albanese che ha combattuto contro le forze serbe nel biennio 1998-99. I leader del corpo, così come molti politici kosovari, non hanno mai nascosto le proprie intenzioni di riuscire a trasformare il KPC nel futuro esercito del Kosovo indipendente. Anche se le loro speranze al momento non verranno pienamente realizzate, le nuove forze di sicurezza kosovare avranno alcuni dei tipici attributi delle forze armate.
"Entro tre anni la Kosovo Security Force sarà in grado di contribuire a missioni di peacekeeping e di assistere la polizia e la missione militare internazionale nell’espletare le loro funzioni", afferma Florian Qehaja del Kosovo Center for Security Studies. Lo status della KSF, aggiunge poi Qehaja, potrà essere riconsiderato a cinque anni dalla sua creazione.
I preparativi per lanciare la nuova Kosovo Security Force sono stati fatti in accordo al piano congiunto tra autorità locali e partner internazionali. Il nuovo ministero preposto a controllare le sue attività, nella persona del ministro Fehmi Mujota, ha recentemente presentato le nuove uniformi, riprese da quelle statunitensi, in una conferenza stampa del 12 dicembre scorso. Mujota ha ringraziato i paesi UE e gli Stati Uniti per il supporto finanziario e l’addestramento fornito ai membri delle nuove forze di sicurezza.
Piuttosto difficoltoso si sta rivelando invece il processo di nomina degli ufficiali che dovranno guidare la KSF. Dopo vari mesi di ritardo, che hanno causato non poco nervosismo politico, lo scorso 19 dicembre il governo di Pristina ha assegnato all’ex comandante del Kosovo Protection Corps, generale Syleiman Selimi, il compito di guidare le nuove forze di sicurezza. Appena nominato, Selimi ha dichiarato di voler procedere entro la fine del 2008 alla nomina di altri 23 alti ufficiali della KSF, anche se molto più probabilmente questo non avverrà prima del gennaio 2009.
Cosa succede al Kosovo Protection Corps?
Circa la metà dei membri del Kosovo Protections Corps troverà spazio nelle nuove forze di sicurezza, e dovrebbe essere inserita nei ranghi della KSF tra gennaio e febbraio 2009. L’altra metà, invece, andrà ad aggiungersi al 40-60% della popolazione attualmente senza lavoro.
Le istituzioni kosovare hanno però promesso più volte di "prendersi cura" di chi resterà escluso dal servizio, e hanno ribadito di considerare il loro contributo come "vitale nel processo di ricostruzione post-bellica".
Il 15 dicembre scorso, il ministro della Funzione Pubblica Arsim Bajrami ha dichiarato che "il governo sta esaminando la possibilità di inserire tutti i membri del KPC all’interno delle strutture pubbliche". Anche il Comitato per gli Affari Interni e la Sicurezza ha promesso di dare una risposta a tutte le difficoltà incontrate dai membri del corpo che resteranno disoccupati.
L’ex generale dell’UCK Rexhep Selimi ha però espresso critiche verso le istituzioni, dichiarando che "il governo non ha avuto il coraggio di fare nulla per quella che è stata un’istituzione così importante nel paese (il KPC)". Rexhepi ha sottolineato che non è elemosina quello che cercano i membri dismessi, bensì sostegno legale, morale e finanziario.
C’è un fattore da tenere ben presente per capire l’appoggio mostrato al KPC dall’attuale esecutivo, guidato dal Partito Democratico del Kosovo (PDK) del premier Hashim Thaci. Il bastione elettorale del partito, la città di Skenderaj e la regione circostante della Drenica (qui il PDK ha ottenuto nelle elezioni parlamentari del 2007 il 98% dei consensi) contribuisce anche a fornire un significativo 25% dei membri del Kosovo Protection Corps.
Un’ulteriore misura a favore degli attuali membri del KPC è la possibilità, sancita dalla legge, di poter andare in pensione all’età di 50, dieci o quindici anni prima delle altre categorie di lavoratori.
"Il governo ha reso possibile per il personale del KPC di mantenere il diritto alla pensione a prescindere da un eventuale nuovo impiego, sia questo nel settore pubblico o privato", ha affermato il generale Caplin, aggiugiendo che "questa misura è di certo positiva in Kosovo, perché incoraggia gli interessati a cercare attivamente nuove possibilità di lavoro".
Anche la comunità internazionale, principale attore nel settore della sicurezza in Kosovo, ha promesso aiuto per facilitare la ridislocazione dei membri del KPC. Al momento viene portato avanti un progetto da vari milioni di euro di budget, finanziato dalla Nato e gestito dall’UNDP, proprio per stimolare la reintegrazione economica di chi rimarrà senza lavoro attraverso training di riqualificazione, sia nel settore privato che in quello pubblico
"Se gli ex membri del KPC saranno in grado di approcciarsi al programma con spirito positivo, abbiamo ragione di credere che potranno passare con dignità alla fase successiva della propria vita", ha sottolineato Caplin.
Il progetto prevede anche l’istituzione di un fondo che assicurerà dodici mesi di stipendio agli ex membri del KPC che non entreranno nella Kosovo Security Force dopo lo scioglimento del corpo.
Un intelligence kosovara?
La presenza internazionale in Kosovo ha vissuto ultimamente un’importante sviluppo, con il dispiegamento della missione europea Eulex, che dovrà supervisionare il lavoro di giudici, polizia e dogane. Non è ancora ben chiaro però quali leggi e regolamenti verranno applicati da Eulex, che si è definita neutrale rispetto al contestato status del Kosovo.
Le autorità locali, però, insistono perché la missione europea rispetti la costituzione kosovara proclamata a giugno e le leggi che da questa derivano. Nella costituzione viene prevista anche la futura creazione di un’agenzia di intelligence kosovara, che dovrebbe monitorare e contrastare le minacce alla sicurezza interna del Kosovo. La legge con la quale pongono le basi alla creazione dell’agenzia è stata votata a giugno, ma le procedure per un suo reale funzionamento al momento sembrano al palo.
"Questi ritardi possono avere effetti negativi sul settore della sicurezza, visto che minacce e pericoli restano non identificati", sostiene Florian Qehaja del Kosovo Center for Security Studies. Qehaja sostiene che il progetto dell agenzia sia stato "minato" ancor prima di partire. "La legge dà all’agenzia di intelligence il compito di raccogliere informazioni, ma le nega ogni potere esecutivo. C’è nella comunità internazionale la tendenza generale a voler concedere a questa struttura un ruolo limitato, mantenendola quasi al livello di una Ong che raccoglie informazioni".
Analisti dei media e del settore sicurezza non hanno nascosto il fatto che la maggior parte delle ambasciate e uffici internazionali a Pristina hanno loro servizi segreti attivi in Kosovo. Lo scorso novembre tre agenti tedeschi sono stati arrestati e poi rispediti in Germania dopo essere stati accusati in relazione ad una esplosione di fronte alla sede dell’International Civilian Office a Pristina.
Fino ad una futura stabilizzazione, il cardine del settore sicurezza in Kosovo sembra quindi legato allo sviluppo della Kosovo Security Force, anche perché l’appoggio pieno di Nato e Stati Uniti a questa struttura promette di dare vita ad una struttura moderna, con già un chiaro obiettivo in campo internazionale: puntare prima alla Parnership for Peace e ad una successiva candidatura a membro della Nato.
"Visto che l’Alleanza Atlantica sta ponendo le basi e portando avanti l’addestramento della Kosovo Security Force secondo i suoi standard", ha dichiarato il generale Caplin, "non vedo perché escludere in futuro relazioni più strette di questa organizzazione con la Nato".
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