Bulgaria: un manoscritto e l’identità nazionale
Un manoscritto rubato da un monastero ortodosso in Grecia da agenti dei servizi segreti bulgari in piena guerra fredda viene ora restituito ai legittimi proprietari. Ed è polemica.
"Abbiamo restituito il manoscritto della ‘Storia slavo-bulgara’ alla Grecia cinque anni or sono" ha dichiarato Bozidar Dimitrov, direttore del Museo nazionale di storia di Sofia, intervistato in merito da un giornalista della TV pubblica, ed ha in questo modo risollevato una questione che aveva ‘ferito’ l’opinione pubblica bulgara.
La Bulgaria inizia un proprio cammino verso la coscienza di stato nazione alla fine del diciottesimo secolo. Tra i simboli di questo percorso la scrittura, da parte del monaco Paissiy di Hilendar, nel 1762, di una storia dei popoli slavi e bulgari. E’ del manoscritto originale che si discute in questi giorni.
Custodito originariamente nel monastero di San Zografou, sul monte Athos, è stato poi trafugato verso la fine degli anni ’80 da parte di agenti del servizio segreto bulgaro ed è "miracolosamente" apparso negli archivi del Museo nazionale di storia di Sofia nel 1996.
E subito si è iniziato a parlare di restituzione. "Si poteva sicuramente trovare un’altra soluzione" afferma oggi Bozidar Dimitrov "la Grecia non ha mai insistito per la restituzione. Le autorità di allora potevano scusarsi affermando di non essere responsabili per gli atti compiuti dal regime socialista e poi proporre una compensazione in denaro. In realtà il manoscritto non ha molto valore per i greci mentre per noi rappresenta un passo fondamentale verso l’identità nazionale". "Ma invece di fare questo l’allora Presidente Petar Stoyanov, l’ex Ministro degli esteri Nadezhda Mihailova ed il Ministro della cultura Emma Moskova iniziarono una campagna a favore della restituzione".
Il direttore del Museo nazionale ha inoltre chiarito come lo scarso interesse dei greci nei confronti del manoscritto sia anche dimostrato dal fatto che durante la guerra fredda hanno boicottato il monastero di Zografou, impedendo il visto di ingresso a nuovi monaci dalla Bulgaria, sino ad arrivare a soli otto residenti, molto anziani.
"Il manoscritto era certo importante per quegli otto monaci" ha concluso il direttore "ma è ancora più importante per 8 milioni di bulgari. E l’affetto dell’opinione pubblica bulgara è stato dimostrato dalle code chilometriche createsi davanti alle porte del Museo nazionale nel 1998, poco prima che il manoscritto ritornasse sul Monte Athos.
Un manoscritto quindi in bilico tra la ridefinizione dell’identità nazionale e situazioni politiche contingenti. E nonostante la restituzione sia avvenuta cinque anni è bastata un’intervista a scatenare nuovamente la polemica.
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