Bulgaria: status quo, elezioni e pandemia
La Bulgaria si reca domenica alle urne per le politiche in piena terza ondata di pandemia. Si va verso una probabile riconferma del premier Boyko Borisov, nonostante a partire dalla scorsa estate i bulgari siano scesi più volte in piazza contro il suo governo
Oltre 10mila ospedalizzati da Covid-19: in Bulgaria la soglia – anche psicologica – è stata superata il 1 aprile, proprio alla vigilia delle prossime elezioni politiche, previste per domenica 4 aprile. Secondo le autorità sanitarie, il paese si trova attualmente al picco della terza ondata di contagio, con quasi 700 persone in reparti di rianimazione, uno dei tassi di contagio più alti in Europa. La Bulgaria ha anche il primo tasso di mortalità nella penisola balcanica ed è fanalino di coda nell’UE per quello di vaccinazioni, ferme al 5% della popolazione.
L’attuale pesante situazione si ripercuoterà sull’esito delle consultazioni, che arrivano dopo un anno turbolento, segnato l’estate scorsa da prolungate proteste di piazza contro il governo del premier Boyko Borisov e del suo movimento di centro-destra “Cittadini per un futuro europeo della Bulgaria” (GERB).
Lo status-quo destinato a tenere
I sondaggi hanno segnalato forti preoccupazioni da parte di molti elettori a recarsi alle urne in piena pandemia, col rischio di un record negativo di affluenza – elemento che per gli analisti potrebbe avvantaggiare il partito di governo, che con brevi pause domina il panorama politico bulgaro dal 2009.
Ad aiutare GERB e Borisov, sopravvissuti politicamente al malcontento esploso nei mesi scorsi con accuse di corruzione e nepotismo endemici, potrebbe contribuire anche l’atmosfera di paura e incertezza legata agli aspetti sia sanitari che economici della pandemia. Una situazione che solitamente è avversa all’emergere di formule politiche alternative.
Un forte indizio di tenuta dell’attuale status-quo viene dagli ultimi sondaggi: il più recente in ordine di tempo , pubblicato il 1 aprile, vede GERB tenere saldamente la maggioranza relativa con circa il 28% delle preferenze, un largo vantaggio nei confronti della principale forza di opposizione, il Partito socialista bulgaro (BSP) accreditato del 20%.
Al momento Borisov sembra quindi aver vinto la scommessa politica fatta rimanendo al suo posto nonostante mesi di manifestazioni che hanno paralizzato il centro della capitale Sofia. L’onda lunga delle proteste non è scomparsa senza lasciare segno, ma si è smorzata al punto che – a meno di sorprese dell’ultim’ora – non riuscirà a compromettere il suo ruolo di centro di gravità della politica bulgara.
Chi entra nel prossimo parlamento?
L’anima di quelle giornate in piazza avrà una sua rappresentanza in parlamento. La coalizione di destra liberale “Bulgaria democratica” e il suo leader Hristo Ivanov, che con un plateale sbarco “anti-oligarchi” sulla spiaggia di Rosenets diede vita alle proteste, viene accreditata infatti di poco più del 6%. Una percentuale simile a quella assegnata al movimento “Alzati Bulgaria, fuori i mafiosi!” – che ruota intorno all’ex ombudsman Maya Manolova e agli organizzatori delle manifestazioni – nato proprio dai fermenti e dagli slogan della piazza.
Due movimenti si battono testa a testa per il terzo posto. Da una parte c’è l’eterno Movimento per le Libertà e i Diritti (DPS) tradizionale riferimento politico per la minoranza turca nel paese, dato intorno al 13%. Uno dei pilastri dell’attuale sistema politico, sia al governo che all’opposizione, il DPS ha deciso stavolta di non ricandidare il suo esponente più discusso, il mogul mediatico Delyan Peevski, considerato il simbolo della commistione tra politica, economia e potere oligarchico nel paese. La mossa potrebbe rimettere il partito nei giochi delle alleanze post-elettorali, dopo anni di polemiche feroci centrate proprio sulla controversa figura di Peevski.
Dall’altra, la principale novità di questa tornata elettorale, il movimento “C’è un popolo così” (al 12% secondo i sondaggi), fondato dal veterano degli anchorman bulgari (e cantante) Slavi Trifonov. Il nuovo partito fa affidamento soprattutto sulla popolarità di Trifonov, e rappresenta un elemento ricorrente nella politica bulgara degli ultimi decenni: la comparsa, cioè, di formazioni populiste organizzate intorno a figure riconoscibili e al megafono di un canale televisivo, con forti exploit iniziali, ma destinate spesso a durare solo l’arco di una legislatura.
Ad avere chance reali di entrare in parlamento sono infine i nazionalisti dell’Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone (VMRO), che lottano al momento per superare la soglia di sbarramento del 4%. Lo schieramento nazionalista, che grazie alla coalizione “Patrioti Uniti” ha governato nella legislazione appena terminata come junior partner del governo Borisov, sembra comunque destinato ad un forte ridimensionamento. La litigiosa coalizione si è spaccata, e due dei tre partner – “Ataka” e il “Fronte Nazionale per la Salvezza della Bulgaria” – sembrano destinati a restare fuori dal prossimo parlamento.
La VMRO è rimasta a galla anche grazie alla linea dura nei confronti della Macedonia del Nord, bloccata sulla sua strada di integrazione UE proprio dalla Bulgaria. Un suo ingresso in parlamento, anche con percentuali ridotte, potrebbe però risultare importante come possibile stampella ad una nuova coalizione con GERB.
Una campagna segnata dal Covid-19
Rispetto ai toni esagitati dei mesi scorsi, la campagna elettorale è apparsa sottotono. Le misure anti-pandemiche hanno azzerato le tradizionali forme di agitazione politica, che si è spostata su media elettronici e social-media, scoprendo tutte le limitazioni dei politici bulgari nell’adattarsi alla nuova realtà.
Per la prima volta sono mancati del tutto dibattiti tra i principali leader politici, e il confronto di idee è risultato anemico. Assenti anche i tradizionali “kompromati” – documenti compromettenti tirati tradizionalmente fuori all’ultimo momento per affondare concorrenti scomodi.
Nemmeno la gestione confusionaria della situazione pandemica da parte del governo ha scaldato i toni dello scontro. Dopo aver annunciato un nuovo lockdown di dieci giorni lo scorso 18 marzo, l’esecutivo Borisov ha deciso di allentare le misure il 1 aprile nonostante il record di casi e di ospedalizzati. A protestare sono stati medici e infermieri, che hanno invitato il premier a scendere dalla jeep con cui attraversa instancabile il paese, ispezionando cantieri e tagliando nastri, e di salire con loro in ambulanza. Ma l’opposizione non si è fatta sentire.
E dopo aver appiattito la campagna elettorale, la pandemia priverà anche migliaia di persone del diritto di voto. Registrarsi ed accedere alle urne mobili per chi non può uscire di casa era possibile fino al 31 marzo. Chiunque verrà riscontrato positivo al Covid-19 dopo quella data, insieme ai familiari che vivono sotto lo stesso tetto, avrà una sola possibilità di esercitare il voto (in Bulgaria, tra l’altro, obbligatorio per legge): evadere alla quarantena, infrangere la legge e mettere a rischio la salute dei propri concittadini.
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