Bulgaria: siderurgia in ginocchio
Il 25% degli incidenti sul lavoro in Bulgaria nel 2003 si sono verificati nell’impianto siderurgico Kremikovtzi. La privatizzazione è stata un fallimento ma la chiusura dell’azienda lascerebbe a casa 7930 persone.
Nel 1999 è stato privatizzato per la cifra simbolica di 1 dollaro. Ora una apposita commissione parlamentare ha presentato un dossier sulle condizioni di lavoro e sullo status finanziario della "Kremikovtzi", l’ex mastodonte della siderurgia bulgara. La commissione parlamentare era stata istituita nel gennaio di quest’anno dopo un incidente che aveva causato la morte di tre lavoratori. Altri 22 erano rimasti feriti. I membri della commissione denunciano una situazione finanziaria del tutto insostenibile a cinque anni dall’acquisizione da parte della Daru Metals del gruppo Finmetals. Nel rapporto di afferma che il management dell’azienda non si sarebbe affatto preoccupato della sicurezza sul lavoro, né avrebbe adempiuto alle principali obbligazioni previste nel contratto di privatizzazione. La Kremikovtzi rappresenterebbe inoltre ad oggi un grave rischio per l’ambiente. "La commissione ha scelto i dati da rendere pubblici in modo tendenzioso", la risposta scocciata dell’azienda.
Sempre più a fondo
La Kremikovtzi opera con macchinari oramai desueti, la maggior parte dei quali sono entrati in funzione più di trent’anni fa. Nel triennio 2000-2003 si è verificato inoltre un sensibile aumento degli incidenti sul lavoro. Il 25% di tutti gli incidenti sul lavoro verificatisi in Bulgaria sono avvenuti all’interno del perimetro di quest’azienda. Nel solo 2003 si sono verificati ben 73 incidenti. Tre operai vi hanno trovato la morte. Scarsi se non del tutto assenti i controlli sulla sicurezza e totale assenza di indumenti e materiale adeguato per proteggere i dipendenti dalle esalazioni di acidi e dalle polveri.
360 milioni di debiti
Un gigante stanco e pericoloso quindi, che continua ad accumulare debiti. Ad oggi questi ultimi si aggirerebbero sui 700 milioni di leva (circa 360 milioni di euro), 120 milioni dei quali dovuti all’erario statale. L’azionista di maggioranza, la Finmetals – sempre secondo la commissione parlamentare – avrebbe violato più volte il contratto di privatizzazione. Il programma di investimenti previsto non è stato rispettato ed a carico della nuova proprietà vi è una penale di circa 52 milioni di euro. Tra le voci di investimento non rispettate quella dell’adeguamento tecnico necessario ad evitare un impatto devastante sull’ambiente circostante. Da tempo i conti bancari dell’azienda sono stato congelati. "La proprietà – affermano i membri della commissione – starebbe trasferendo le risorse verso altre aziende controllate". "Ed ai lavoratori di questo non rimane nulla", ricorda Ramadan Atalai, parlamentare del Movimento per le libertà ed i diritti e presidente della commissione.
Sono 7930 le persone che lavoravano per la Kremikovtzi nel 2003. 15.000 i lavoratori invece nel periodo precedente alla privatizzazione. Il salario medio era, durante il passaggio dal pubblico al privato di 206 euro, mentre ora si attesta sui 310 euro. Da sottolineare però un ritardo cronico nel versare i contributi, risolto, sembrerebbe, da una concessione di proroga di 36 mesi da parte dell’ente previdenziale bulgaro. Ai lavoratori, a loro volta, è stata concessa una proroga sui pagamenti delle loro bollette all’azienda elettrica nazionale. Forte è stata la polemica sollevata dal settimanale 168 Chassa, che certo non si tira indietro quando occorre provocare dibattito: "il governo ci spieghi perché le strutture statali concedano ancora tanto credito a quest’azienda".
Irresponsabili ma …
Condizioni di lavoro criminali, costante deficit, impatto ambientale drammatico ma l’impianto di Kremikovtzi non chiude. Il settimanale "Sedem" che in un articolo titolato "L’altro nome dell’irresponsabilità" si chiede come mai un luogo a così alto rischio, sia per il personale che vi lavora sia per i cittadini di Sofia (l’impianto è a soli 15 km dal centro della capitale), rimanga aperto. Secondo Sedem tutti i fondi dell’azienda non sarebbero stati bloccati.
Le autorità bulgare sono in realtà preoccupate dell’impatto sul tasso di disoccupazione che potrebbe avere la chiusura di un’azienda così. Nel 2004 il personale della Kremikovtzi verrà ulteriormente ridimensionato: altri 1200 lavoratori licenziati. Ed il governo si trova davanti al solito dilemma: continuare con i sussidi indiretti o riconoscere il fallimento del management dell’azienda dopo la privatizzazione?
Un futuro nebuloso
Entro la fine di settembre il governo di Simeone di Sassonia Coburgo Gotha dovrà decidere il da farsi. Le prospettive non sono certo rosee. Una delle possibili soluzioni è che venga dichiarata la bancarotta della Kremikovtzi a causa dei suoi debiti. Spetterebbe poi al consiglio dei creditori decidere sul da farsi. Certo è che all’orizzonte non vi è alcun investitore straniero interessato a subentrare. In passato lo erano l’italiana Marcegaglia, il gruppo indiano Ispat (recente acquirente delle acciaierie di Zenica, Bosnia Erzegovina) ed i turchi della Erdemir. Ora non lo sono più. Il secondo scenario possibile sembra essere quello della cancellazione della privatizzazione – la Finmetals non ha rispettato molti dei contenuti del contratto – ma già da anni l’Agenzia statale alla quale spettava il controllo del processo di privatizzazione e la stessa Finmetals si scontrano nelle aule dei tribunali. Secondo alcuni media bulgari a settembre la corte bulgara competente si pronuncerà a favore dell’Agenzia, riaprendo quindi anche questa secondo ipotesi.
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