Bulgaria – Libia, un rapporto controverso
La Bulgaria appoggia l’imposizione della no-fly zone sulla Libia, ma non ha intenzione di prendere parte alle operazioni belliche di "Odyssey Dawn". Sofia e Tripoli hanno una lunga storia di rapporti, cominciata al tempo del regime comunista e segnata di recente dalla crisi delle infermiere bulgare
La Bulgaria sostiene l’imposizione della no-fly zone sulla Libia, ma non ha intenzione di prendere parte alla operazione belliche della coalizione internazionale impegnata in nord Africa. E’ questa una posizione condivisa dall’intero spettro politico di Sofia.
Piroette sulla Libia
Sulla questione, il premier Boyko Borisov si è invece esercitato in una delle sue numerose piroette politiche. Se il 20 marzo Borisov ha affermato: “abbiamo sempre detto di essere tra i paesi più interessati a quanto sta succedendo, e supportiamo l’operazione [in Libia]”, la mattina dopo ai microfoni di TV7 “Odyssey Dawn” era divenuta “un’avventura, basata su interessi petroliferi”. Tanto che Borisov ha poi aggiunto: “Non permetterò che nostri piloti prendano parte a questa missione”.
La sera del 21 marzo, in una dichiarazione ufficiale del Consiglio dei ministri, nuova virata a 180 gradi. “Il regime di Muammar Gheddafi ha perso ogni legittimità. Gheddafi ha deciso di utilizzare una forza militare sproporzionata nei confronti della popolazione civile del proprio Paese, provocando la morte di centinaia di cittadini libici. L’operazione [Odyssey Dawn] è legittima, necessaria e giusta”.
Al Consiglio europeo di Bruxelles (24 marzo) Borisov ha poi ricordato che tra i membri del consiglio di Bengasi che si batte contro Gheddafi ci sono persone che hanno partecipato alle torture nei confronti delle infermiere bulgare accusate di aver infettato volontariamente centinaia di bambini col virus dell’HIV detenute in Libia per otto anni.
L’ombra del caso delle infermiere
I politici bulgari ritengono che la guerra contro Gheddafi arrivi fuori tempo massimo. Sofia guarda al regime libico proprio attraverso l’amaro prisma del processo alle infermiere, divenute vittime sacrificali dell’inefficienza della diplomazia bulgara, impegnata innanzitutto a non creare un clima troppo teso con Tripoli.
Solo con l’ingresso della Bulgaria nell’UE le infermiere, che erano state condannate a morte, sono state liberate. In cambio Sofia ha cancellato vecchi debiti di Tripoli per 60 milioni di dollari.
Ma dopo che l’ex ministro della Giustizia libico Mustafa Abdel Jalil (che ora ha abbandonato le fila dei sostenitori di Gheddafi passando all’opposizione) ha dichiarato che la responsabilità per l’epidemia di HIV nell’ospedale di Bengasi cade sul regime libico, il governo bulgaro sta valutando l’intenzione di riaprire il processo contro la Libia aperto a Sofia dopo il ritorno delle infermiere.
Posizioni sfaccettate
Nel suo profilo su Facebook il presidente bulgaro Georgi Parvanov ha postato un articolo critico verso le operazioni militari in Libia, definite l’ennesimo tentativo di “esportazione della democrazia”. “Spero che i popoli che oggi protestano in Africa settentrionale e nel Medio oriente scelgano di prendere la strada della democrazia. Ritengo però che sia profondamente sbagliato tentare di esportare a oriente il modello di democrazia occidentale”, ha scritto Parvanov.
Il ministro della Difesa Anyu Angelov ha spiegato che la Bulgaria non può fornire aerei per l’imposizione della no-fly zone, visto che i modelli impiegati dalle forze aeree bulgare (i caccia di fabbricazione sovietica MIG 29 e MIG 21) non sono impiegabili insieme a quelli a disposizione degli altri Paesi Nato. In caso di necessità, ha aggiunto Angelov, la Bulgaria può mettere a disposizione la propria fregata “Drazki”.
Secondo il contrammiraglio Plamen Manushev il Paese è in grado di mettere in campo non una, ma due fregate, che però non saranno impegnate in operazioni militari, ma potranno sostenere l’embargo al regime di Gheddafi. La missione potrebbe durare da uno a tre mesi. La decisione ufficiale del governo al riguardo, però, ancora non è arrivata.
Secondo l’eurodeputato socialista Evgeni Kirilov la fregata “Drazki” sarebbe già dovuta essere in viaggio verso le coste della Libia. “La Bulgaria deve partecipare alle operazioni in Libia… Il nostro Paese è stato umiliato dal caso delle infermiere, che si è riflesso negativamente sull’autorità internazionale della Bulgaria. Avremmo dovuto dimostrare solidarietà ai partner europei che ci aiutarono in quella occasione”.
“E’ difficile dire quali saranno i risultati dell’operazione in Libia, ma nelle relazioni internazionali la scelta molto spesso non è tra bene e male, ma tra male e catastrofe”, ha dichiarato l’ex ministro degli Esteri Stefan Tavrov.
Solomon Pasi, ex ministro degli Esteri, è l’unico vero “falco” nel panorama politico bulgaro, e ha sostenuto la necessità di una posizione più attiva rispetto alla crisi libica. Secondo Pasi la Bulgaria ha perso la chance di rafforzare la propria alleanza con la Francia, Paese che si è riservato una posizione di leadership nell’operazione militare in Libia.
Nei forum online bulgari si possono trovare anche slogan a sostegno di Gheddafi. Secondo il giornale online “E-vestnik”, però questi hanno poco a che fare con il “Colonnello”, ma esprimono posizioni anti-Nato e anti-occidentali in genere.
La questione rifugiati
All’inizio di marzo il governo di Sofia ha dichiarato la propria disponibilità ad accogliere rifugiati dalla Libia. Sergey Stanishev, leader del Partito socialista, principale forza di opposizione, ha chiesto però che la Bulgaria richieda in cambio procedure accelerate per far entrare il Paese nello spazio Schengen.
“Non vogliamo rifugiati dalla Libia!”, hanno però protestato intellettuali raccolti intorno al circolo “I novembre”, durante una conferenza stampa convocata poco dopo l’inizio delle operazioni militari. Secondo i membri del circolo, la Bulgaria potrebbe trovarsi di fronte a pesanti difficoltà legate ai flussi migratori. Secondo il professor Nikolay Vasilev i partner europei cercheranno di scaricare sulla Bulgaria forti responsabilità, spingendo perché accolga il numero maggiore possibile di rifugiati dal mondo arabo.
Eredità del passato
I bulgari di una certa età ricordano la forte amicizia tra l’ex dittatore Todor Zhivkov e Muammar Gheddafi, che si scambiarono ben cinque visite ufficiali. Sui media bulgari è comparsa una foto datata 1978, in cui Zhivkov assegna a Gheddafi la medaglia dell’ordine “Stara Planina”. Secondo alcuni tabloid, da giovane Gheddafi è stato addestrato nella Bulgaria comunista. Al tempo della guerra fredda la Libia fornì petrolio alla Bulgaria, che vanta addirittura alcune concessioni petrolifere sul suolo libico.
Negli anni ’80 del secolo scorso in Libia hanno lavorato circa 15mila bulgari, e il volume degli affari sull’asse Sofia-Tripoli si è assestato a circa 500 milioni di dollari l’anno. Durante il regime comunista, la Libia ha rappresentato per molti ingegneri e medici bulgari una delle poche possibilità di guadagnare in dollari.
Oggi Libia e Bulgaria hanno rapporti economici strategici. Fino all’inizio delle operazioni militari in Libia lavoravano più di 700 cittadini bulgari, buona parte dei quali sono rientrati in patria dopo lo scoppio della crisi.
Secondo la maggior parte degli analisti bulgari la crisi in Libia si prefigura di lunga durata. “Sarà una lunga guerra”, ha dichiarato il generale Chavdar Chervenkov, ex direttore dei servizi segreti militari. Secondo Mohd Abuasi, direttore del Centro per gli studi mediorientali, Gheddafi non ha altra scelta che battersi fino alla morte. Al tempo stesso, visto che a differenza dell’Iraq non si prevede alcuna occupazione dei territori, secondo Abuasi il “Colonnello” può tenere in scacco i propri avversari con una guerra di tipo partigiano.
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