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Bulgaria, l’autostrada che divide

Un discusso progetto di collegamento tra Sofia e Salonicco, finanziato dall’Unione Europea, rischia di annientare in un sol colpo la più importante area protetta e uno dei maggiori siti archeologici del paese

27/12/2018, Marco Ranocchiari -

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ll fiume Struma discende dal monti Vitosha, alle porte di Sofia, per sfociare nel mar Egeo nei pressi della penisola Calcidica. È un corridoio naturale in direzione nord-sud che da millenni permette tanto il passaggio di specie animali e vegetali che quello, molto più rapido, di merci e popolazioni umane. Oggi rappresenta il più importante collegamento tra la Grecia e la Bulgaria. Un’autostrada rischia però ora di comprometterne l’eccezionale valore naturalistico e storico: è quello che sostengono associazioni ambientaliste, comitati e cittadini comuni mobilitati per proteggere la gola di Kresna, parte della rete delle aree protette Natura 2000, e il sito archeologico di Skaptopara, in un complicato conflitto con le istituzioni che mette in difficoltà la stessa Unione europea.

Dalla Germania a Salonicco

L’autostrada “Struma”, che connetterà la capitale Sofia al confine greco e quindi a Salonicco, è un tassello del Corridoio Pan-Europeo IV, che si allunga dalla Germania fino a Istanbul e Salonicco. Per la Bulgaria, il paese più povero e uno tra i più isolati dell’Unione, si presenta come un’occasione di sviluppo economico e di integrazione. È per questo che il Fondo di Coesione europea ha finanziato buona parte dell’opera per una somma che ammonta oggi a circa 330 milioni di euro.

L’autostrada promette anche, secondo i promotori, un risparmio di circa 40 minuti di viaggio da Sofia al confine, e un aumento della sicurezza, in un paese noto per le condizioni precarie delle proprie strade.

I lavori sono iniziati nel 1998, e tra mille ritardi si avviano oggi alle fasi conclusive. Resta il tratto tra Blagoevgrad e Kresna, quello tecnicamente più impegnativo e soprattutto il più discusso. Dopo anni di ricorsi legali e proteste, il governo annuncia che il tempo sta scadendo: per non perdere i finanziamenti europei l’opera dovrebbe essere completata entro il 2023.

La gola di Kresna: una lotta lunga vent’anni

In soli diciassette chilometri di lunghezza, il canyon dello Struma nei pressi di Kresna ospita un numero di specie di farfalle superiore a tutte quelle del Regno Unito. Ma questo è solo un esempio evocativo. Le gole di Kresna sono per l’ecosistema quello che per l’uomo è l’autostrada di Struma: il passaggio tra l’ambiente mediterraneo e quello continentale. Un confine biogeografico con una densità eccezionalmente alta di specie rare ed endemiche, tra cui 23 di uccelli, 17 di pipistrelli e 31 di rettili e anfibi. Per numerose altre specie, tra cui mammiferi come martore e volpi, si tratta di un passaggio obbligato. Se un’autostrada ci passasse attraverso, sostengono gli ambientalisti, attraversamenti della gola sarebbero quasi totalmente impediti, con un danno irreparabile alla biodiversità.

Eppure, se non cambiano le cose è quello che sta per accadere.

Il governo bulgaro, forte di una Valutazione di Impatto Ambientale favorevole del 2017 e del tacito benestare dell’Unione europea, è a un passo dalla vittoria finale sulle oltre 200 associazioni che hanno aderito al comitato "Save the Kresna Gorge ".

La battaglia per la salvaguardia del canyon è iniziata nel 1997, anno in cui fu presentato il progetto dell’opera, che prevedeva allora un passaggio indiscriminato all’interno dell’area protetta. La Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi si era schierata a favore degli ambientalisti, e nel 2002 il governo si era trovato costretto ad ammettere che il progetto violava le leggi sia bulgare che europee in materia di ambiente. Una prima Valutazione di Impatto Ambientale, nel 2008, aveva analizzato nove possibili percorsi alternativi.

La variante scelta, poi confermata dalla Commissione europea, era caduta su un lungo tunnel che bypassasse la gola. Una grande vittoria per gli ambientalisti, conquistata sia sul campo legale che attraverso petizioni, sit-in e manifestazioni che avevano dato un grande risalto al movimento. Un risultato notevole in un paese alle prese con una difficile situazione economica. Era apparso subito chiaro, però, che qualcosa non andava. L’inizio dei lavori veniva continuamente posticipato per ulteriori studi finché, nel 2014, la soluzione del tunnel fu ufficialmente abbandonata. Secondo il governo, infatti, il traforo, oltre a presentare difficoltà tecniche e geologiche, sarebbe stato troppo costoso.

Il progetto attuale prevede il passaggio di una delle due corsie all’interno della gola, da realizzarsi attraverso l’allargamento della strada già esistente. Un compromesso tutto al ribasso, secondo gli attivisti, che lascia quasi inalterati gli impatti sull’ambiente, ma che è stato approvato da una nuova Valutazione d’Impatto Ambientale nel 2017. Un’analisi che andrebbe rifatta, sostengono le ong, perché ignora la violazione della direttiva Habitat dell’Unione Europea e che inoltre non valuta adeguatamente altre possibilità. Secondo i calcoli dell’associazione Bankwatch , una variante del tutto al di fuori della gola costerebbe quanto quella approvata, mettendo in conto le esternalità, compresi i danni al turismo e le difficoltà degli abitanti locali che si vedrebbero privati della loro strada locale.

Anche l’ultimo ricorso alla Corte suprema bulgara, però, è stato respinto, e agli attivisti non resta che rivolgersi ancora alla Convenzione di Berna e al Mediatore Europeo, forti delle oltre 160.000 firme raccolte che chiedono di riaprire il caso. Ma il tempo stringe: nei primi mesi del 2019, appena si chiuderanno le gare d’appalto, le ruspe potrebbero entrare in azione.

Skaptopara, la città sepolta

Intanto, una manciata di chilometri più a nord, un’altra nerissima ombra grava sull’autostrada “Struma”. Il cantiere, suddiviso in due tronconi, si stringe come una tenaglia intorno ad un’area archeologica dove si trovano i resti di un antico insediamento di 12 ettari, in gran parte ancora da scavare. I reperti coprono un intervallo di diversi secoli e comprendono, tra l’altro, una villa romana di 5 acri, un complesso termale, una tomba monumentale intatta e una basilica paleocristiana. Un’iscrizione trovata a un chilometro di distanza lascia supporre che si tratti della città tracia di Skaptopara.

È difficile spiegarsi come l’autostrada, in un tratto di valle peraltro piuttosto ampio, debba passare proprio per una dei più importanti siti storici del paese.

Secondo il progetto iniziale, in effetti, il tracciato avrebbe dovuto risparmiare quella che fin dagli anni ‘70 era stata classificata come area di interesse culturale proprio in virtù delle sue testimonianze archeologiche. Nel 2009 però l’amministrazione comunale del capoluogo Blagoevgrad chiese e ottenne una deviazione, ufficialmente per allontanare l’infrastruttura dal centro abitato. L’entità del danno che si prospettava non fu subito chiara, ma la campagna di scavi del 2016-2018, propedeutica ai lavori, rivelò l’eccezionale estensione del sito.

Nella primavera di quest’anno la denuncia di archeologi e attivisti locali si è diffusa su vari media, con una petizione che ha raccolto in poco tempo 7500 firme e un attivo gruppo Facebook di 14.000 membri. Mentre il cantiere si avvicinava all’area minacciata, manifestazioni si succedevano sulle piazze e tra le rovine.

Il governo, però, è rimasto impassibile. Il ministro della Cultura Banov si è spinto a dichiarare che se ci sono stati ritrovamenti così importanti è stato solo grazie all’autostrada, e cambiarne il tracciato farebbe sfumare 50 milioni di euro e ritarderebbe ulteriormente i tempi di consegna. Gli attivisti, dal canto loro, ribattono che, oltre a rappresentare parte del patrimonio culturale non solo bulgaro ma europeo, Skaptopara potrebbe essere una risorsa in grado di generare indotto.

Una fragile tregue concessa nell’estate del 2018 volge ormai al termine: il 31 ottobre l’Agenzia bulgara delle Infrastrutture stradali ha confermato il tracciato del 2009. Il sito sarà quindi distrutto salvo una magra concessione: i tre edifici del sito ritenuti più significativi saranno smontati pezzo per pezzo e riscostruiti altrove.

I tentennamenti di Bruxelles

Come per la gola di Kresna, il comitato per Skaptopara sostiene che il tracciato dell’autostrada sia in contrasto tanto con la legge bulgara che con quelle europee, in questo caso la Convenzione per la protezione del patrimonio archeologico. In entrambi i casi gli attivisti denunciano, da parte del governo, un’adesione a regolamenti e direttive solo di facciata. La strategia sarebbe la stessa: procedere spediti nei tratti già approvati e finanziati, rendendo sempre più improbabile uno stop all’ultimo nei tratti più controversi.

Tra i paesi dell’Europa orientale, il governo di Borisov è d’altronde un prezioso alleato di Bruxelles, e questo, secondo i movimenti, rischia di portare le istituzioni europee a chiudere spesso un occhio nelle sue valutazioni, rischiando di contraddire i suoi stessi principi. Mentre l’Europa tentenna, intanto, il cantiere avanza, e presto sarà tardi per chiedersi se davvero non ci fossero alternative.

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