Bulgaria, incendi e cambiamento climatico
Anche la Bulgaria fronteggia incendi estremi, un fenomeno la cui portata viene resa sempre più imprevedibile a causa del cambiamento climatico. Per gli esperti della facoltà di Scienze Forestali di Sofia, la sfida passa attraverso un approccio integrato e il coinvolgimento delle comunità locali
Estesi incendi in buona parte del paese, alimentati da un periodo di temperature estreme, siccità prolungata e vento forte. Anche per la Bulgaria, come altri paesi del sud-est Europa, l’estate 2023 rappresenta un momento difficile dal punto di vista degli incendi boschivi.
In questi giorni, la situazione più complessa riguarda la Bulgaria centrale, soprattutto nella regione di Haskovo, ma anche nelle provincie di Burgas, Sliven e Pazardzhik. Oltre ai vigili del fuoco e alle squadre di volontari, raccolte a livello locale, numerosi militari sono impegnati nel contenere il propagarsi delle fiamme. Al momento, oltre agli ingenti danni materiali, una persona risulta dispersa a causa degli incendi.
“Fortunatamente la Bulgaria non ha conosciuto nei decenni passati episodi drammatici a livello di quelli che hanno colpito altri paesi europei, come la Grecia e il Portogallo”, ci spiega il professor Georgi Kostov, della facoltà di Scienze Forestali dell’Università “Sv. Kliment Ohridski” di Sofia. “Col procedere dei cambiamenti climatici, però, il potenziale per futuri incendi catastrofici sta aumentando considerevolmente, e il paese deve essere pronto ad affrontare scenari oggi imprevedibili”.
Rispetto al problema degli incendi boschivi, la Bulgaria presenta una situazione che somiglia a quella dei paesi mediterranei, piuttosto che a quelli dell’Europa centrale. Tradizionalmente, gli incendi si presentano in forma più estesa e grave durante le estati secche, come accaduto ad esempio nel 1994, nel 2007, 2012 e 2016. Secondo i dati oggi disponibili, ogni anno circa 10mila ettari di bosco vengono distrutti dalle fiamme, con perdite economiche dirette stimate intorno ai 2,5 milioni di euro. In anni particolarmente difficili, queste cifre possono aumentare drasticamente: per esempio, nel 2012 la superficie boscosa perduta ha raggiunto i 20mila ettari. Ogni anno, poi, viene registrato uno o più incendi di vaste o vastissime proporzioni, come quello che nel 2017 ha letteralmente devastato la regione di Kresna, nella Bulgaria sud-occidentale.
“La Bulgaria ha visto un aumento consistente degli incendi durante gli anni ‘90, aumento dovuto in gran parte ad un problema di gestione del territorio: in quella fase, infatti, il controllo sulle attività umane è diminuito sensibilmente, e sono proprio le attività umane la prima causa di incendio boschivo”, spiega il professor Momchil Panayotov, sempre della Facoltà di Scienze Forestali. “Da allora, il fattore chiave è chiaramente quello climatico: e nelle stagioni di siccità e caldo registriamo picchi nel numero di roghi”.
Secondo Panayotov, la situazione registrata quest’anno, potenzialmente molto pericolosa, è proprio frutto della congiuntura climatica che ha interessato la Bulgaria negli ultimi mesi: ad abbondanti piogge, che hanno favorito la crescita di folta vegetazione, soprattutto erbe alte, è infatti seguito un periodo di siccità e caldo rovente. “In queste condizioni”, conclude Panayotov, “si dovrebbe intervenire con urgenza con massicce campagne di informazione, ma purtroppo in Bulgaria è difficile arrivare efficacemente al grande pubblico. E anche i media non contribuiscono alla prevenzione, ma si concentrano quasi soltanto sul racconto dei danni”.
Secondo il professor Kostov, negli ultimi anni l’organizzazione dedicata alla prevenzione e allo spegnimento degli incendi ha visto dei miglioramenti in Bulgaria: gli esperti hanno accumulato nuove conoscenze, e sono stati acquistati nuovi macchinari per limitare gli incendi nella fase iniziale. “Questo elemento è particolarmente importante”, sostiene Kostov, “perché più gli incendi si estendono, più diventano difficili da controllare”. Il maggior numero di incendi si sviluppa nelle aree dove convivono attività agricole e masse boschive, proprio in regioni come Haskovo, Stara Zagora, nell’area che fronteggia la catena dei Balcani, o in Bulgaria nord-orientale.
Recentemente il ministero degli Interni ha elaborato un profilo generale dei rischi – incendi compresi – a cui va incontro la Bulgaria nei prossimi anni, accolto dal Consiglio dei ministri nel gennaio scorso. Il modello presenta sia le regioni con alto numero potenziale di incendi, che la possibile potenza ed estensione degli incendi stessi.
In prospettiva le aree più problematiche sembrano essere quelle con massiccia presenza di conifere, spesso introdotte artificialmente nei decenni scorsi per controllare fenomeni di erosione del territorio, come ad esempio sul massiccio dei Rodopi.
L’elemento meno prevedibile nei modelli elaborati, però, è legato proprio agli effetti dei cambiamenti climatici. “I cambiamenti climatici segnano un aumento di rischio sulla questione incendi in Bulgaria”, spiega il professor Kostov. “Ma ancora più significativo, è che con il cambiamento del clima aumenta il fattore di imprevedibilità dei fenomeni, il che rende il fattore di rischio non solo più alto, ma di fatto estremamente difficile da quantificare”.
Quello che appare già evidente, secondo Kostov, è l’aumento dei fenomeni estremi, sia in termini di temperature che di precipitazioni, la maggiore presenza di vento forte, attacchi massicci di insetti e condizioni climatiche invernali che contribuiscono ad aumentare la massa secca in grado di alimentare incendi.
Oltre alla questione climatica, però, la Bulgaria è segnata anche da fenomeni economici e sociali che rischiano di rendere la situazione ancora più complessa, come ad esempio il forte spopolamento di molte aree rurali. “Le aziende pubbliche che si occupano della gestione delle masse boschive, insieme ai pompieri, creano delle squadre volontarie per lo spegnimento degli incendi, squadre che dovrebbero essere presenti in ogni centro abitato”, racconta il professor Panayotov. “Il problema è che in molti villaggi, soprattutto nelle aree più isolate, non ci sono più persone giovani – o comunque fisicamente abili – in grado di partecipare alle squadre volontarie”.
Al tempo stesso, aggiunge il professor Panayotov, “la massa della popolazione, che vive sempre più compattamente in città, soprattutto durante l’estate vuole godere dei boschi, ma non ha l’educazione e la consapevolezza necessarie a prendersene cura”.
Per gestire questa situazione complessa, è fondamentale agire e coinvolgere sempre di più le amministrazioni locali, perché sono quelle con un contatto diretto col territorio. “Le risorse a disposizione per la prevenzione e lo spegnimento degli incendi sicuramente non sono al momento sufficienti”, aggiunge il professor Kostov. “Ufficialmente, la responsabilità dello spegnimento cade innanzitutto sui pompieri, poi sulle squadre volontarie e infine sulle aziende che gestiscono il patrimonio boschivo. Nei fatti, però, spesso sono i dipendenti di queste ultime – già sul terreno – i primi ad intervenire, anche se in mancanza di attrezzature in grado di garantire interventi efficaci e sicurezza personale”.
Negli ultimi dieci anni, sono state acquistate delle autocisterne montate su pick-up, che garantiscono di poter intervenire rapidamente in aree difficilmente raggiungibili, un elemento importante, perché un intervento rapido e sul posto spesso è il più efficace per limitare gli incendi. Se i roghi si allargano, però, la situazione può scappare rapidamente di mano, visto che – ad esempio – la Bulgaria non ha una sua flotta di Canadair dedicati allo spegnimento, e in passato il paese ha dovuto chiedere aiuto a Grecia, Spagna Russia e Francia.
Proprio per migliorare la preparazione del paese agli scenari futuri, la facoltà di Scienze Forestali ha deciso di partecipare al progetto europeo Fire-Res, con l’intento di mettere a disposizione un approccio nuovo ed integrato alla prevenzione e lotta agli incendi. “Tra le attività previste, una di quelle potenzialmente più interessanti è la creazione di uno dei ‘living lab’ previsti in numerosi paesi UE coinvolti nel progetto, che creeremo nella regione di Stara Zagora”, racconta il professor Kostov. Tra i risultati previsti, un maggiore coinvolgimento delle municipalità coinvolte, un miglioramento nel grado di integrazione e cooperazione tra tutti i vari soggetti interessati al problema degli incendi boschivi, ma anche soluzioni operative innovative per il paese.
“Testeremo sul terreno nuove strategie per limitare l’accumulo di massa potenzialmente infiammabile, fino ad oggi mai sperimentati in Bulgaria”, conclude Kostov. “ Tra queste, incendi controllati e uso di animali da pascolo in determinate aree finora interdette”.
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