Bulgaria: imprenditoria al femminile
Le imprenditrici bulgare sono ancora poche, e hanno difficoltà a tenere insieme vita familiare e impegni lavorativi. Difficoltà, speranze, futuro dell’imprenditoria al femminile in Bulgaria nelle parole di alcune protagoniste
Le imprenditrici bulgare hanno più difficoltà a far quadrare la vita familiare e quella lavorativa rispetto alle proprie colleghe del resto d’Europa. In Bulgaria la posizione di imprenditrice, con un business proprio, è ancora una condizione piuttosto rara. A volte marito e moglie portano avanti imprese familiari, ma ci sono anche famiglie in cui è la donna il vero motore dell’attività. "Osservatorio sui Balcani" ha incontrato tre donne imprenditrici, una di Sofia, le altre delle cittadine di Troyan e Teteven, situate ai piedi della catena dei Balcani.
Zdravka Safari, Sofia: "Non ci sono lavoratori qualificati"
Zdravka Safari, vice-presidente dell’Associazione delle Imprenditrici e membro dell’Organizzazione degli Industriali Donne, dirige la "Vizatel", ditta di Sofia che produce mobili. Bella donna, decisa ed energica, con un cognome esotico preso dal marito iraniano, Zdravka è un ottimo esempio di come la preparazione personale, frutto di una carriera come docente di economia, possa essere sfruttata nel mondo del lavoro. All’inizio Zdravka si occupa di consulenze. Nel 1997, quando il sistema bancario è collassato, e con un dollaro si potevano comprare 3000 leva, inizia a produrre armadi e porte scorrevoli di concezione svedese, prodotto fino ad allora sconosciuto in Bulgaria. Per partire, ha venduto un appartamento e ha preso un prestito bancario con un interesse del 30-32%. Oggi la Vizatel ha un sito di produzione a Blagoevgrad, con 40 dipendenti, esporta in Olanda ed Inghilterra e riceve richieste da tutta Europa. I grossisti di mobili dell’Unione Europea non amano rischiare in grossi ordinativi dalla lontana Cina, e comprano mobili dalla Bulgaria, che si trova molto più vicino. Dopo l’ingresso del paese nell’Ue, secondo la Safari, il problema principale per i produttori bulgari è la forte diminuzione di lavoratori qualificati. "I migliori lavoratori e specialisti vanno in pensione. Il grande "buco" che si è venuto a formare nell’educazione professionale, in questi ultimi anni, non dà la possibilità di ricambio nella produzione. Da un lato i lavoratori bulgari lasciano il proprio paese, dall’altro esistono forti limitazioni alla possibilità di utilizzare manodopera dall’estero, visto che per legge i dipendenti stranieri non possono superare il 10% del totale. La conseguenza è che mancano le risorse umane per la produzione".
Zdravka Safari ha esperienza anche in campo politico, essendo stata presidente dei Socialdemocratici Bulgari, e mostra soddisfazione rispetto alla presenza più consapevole delle donne bulgare in politica. "In Bulgaria le donne imprenditrici sono ancora molto meno dei propri colleghi uomini, anche se ci sono molte proprietarie di attività economiche. Le giovani che vogliono sviluppare un proprio business, almeno all’inizio devono essere pronte a lavorare 12-14 ore e a decidere cosa è prioritario, i propri figli o la realizzazione professionale. E’ necessario sviluppare una forte infrastruttura sociale, altrimenti le donne arriveranno al limite di resistenza, sia fisico che mentale."
Nel 2000, in occasione di una ricerca sociale, Zdravka è venuta a conoscenza del fenomeno dell’emigrazione verso l’Ue di molte donne, preparate e con alto grado di istruzione, da paesi come Bulgaria, Macedonia e Ucraina. "Queste donne lavoravano spesso illegalmente come donne di casa, insegnando lingue ai bambini della famiglia, facendo le pulizie, e venendo talvolta sfruttate sessualmente. Questo ha dato la possibilità alle donne dell’Europa occidentale, soprattutto quelle della classe media, di emanciparsi dalla casa e di inserirsi nel mondo del lavoro. Il lavoro sottopagato e precario delle donne provenienti dai paesi dell’ex blocco socialista ha dato reso possibile per molte donne occidentali di ottenere lavoro e riconoscimento sociale. Credo che questo fenomeno esista ancora, ma nessuno vuole parlare di questo tema scomodo".
Liliya, Troyan: "Lavoro quanto i miei dipendenti"
"A Troyan ci sono cinque ditte edili importanti, e mi piace pensare, che la mia è una di queste". Liliya Tzankova, 39 anni, è proprietaria della "Stroitel- Troyan Srl", che ha ereditato dal padre. Dopo la morte del genitore, erano in molti a pronosticare il fallimento, ma Liliya è riuscita a vincere lo scetticismo e sotto la sua direzione la ditta ha costruito alcune case e un grande palazzo per appartamenti, oltre a lavorare alla restaurazione di molte costruzioni di interesse storico attraverso il programma "Bella Bulgaria". Liliya è membro della Camera degli Imprenditori Edili Bulgari, ed è parte del miracolo economico di Troyan, una città dove la disoccupazione è quasi inesistente e in cui lo spirito imprenditoriale si può avvertire nelle molte imprese medie e piccole attive, nel campo dei mobili, della ceramica, nell’edilizia. Liliya, affinché la sua ditta progredisca in un’ambiente così dinamico, lavora dodici ore al giorno e non conosce vacanze. "I dipendenti non mi hanno abbandonato, perché vedono che lavoro quanto loro. Non mi metto in mostra, non ho comprato una jeep e non ho una casa enorme con piscina, pago gli stipendi con regolarità. La cosa più importante, in affari, è rispettare la parola data". Suo marito lavora per il comune di Troyan."Non voglio che lavori con me, perché almeno uno di noi due deve essere a casa a un’ora decente. Lui è più grande di me, più posato, sono io che corro qua e là per i cantieri. Abbiamo deciso di dividerci così i compiti".
Ai tempi del risorgimento bulgaro, nel XIX secolo, Troyan era famosa come città degli artigiani, noti per la loro capacità di risparmio e per l’attaccamento al lavoro. Oggi i tempi sono cambiati, e i giovani "vivono di credito". Gli imprenditori sviluppano la propria attività soprattutto attraverso il credito bancario, ci spiega Liliya: "Non c’è nessun imprenditore si una certa importanza che non abbia preso prestiti. Anche io ho chiesto un prestito per costruire un palazzo, e poi l’ho restituito. Ne ho preso poi un secondo, e probabilmente ne chiederò ancora. Il denaro, in questo caso, è una merce come le altre. Noi vendiamo appartamenti, e prodotti, le banche vendono soldi".
I valori patriarcali di Izabela, Teteven
Incontriamo Izabela Yankova, 46 anni, e suo marito Encho nella loro casa di Teteven, bella e curata come quelle che si vedono nelle riviste alla moda. Izabela ed Encho sono proprietari di pasticcerie, di un ristorante e di negozi, hanno quasi finito di costruire un hotel, e hanno intenzione di creare un villaggio turistico. La loro ditta, "Eniza-NI" è un vero piccolo impero economico, nel quale lavorano dieci membri della famiglia, (hanno tre figlie ed altrettanti nipoti) insieme a 36 dipendenti. A guidarlo, con mani sicure, è proprio Izabela.
Izabela ed Encho non fanno parte della vecchia nomenclatura, nè hanno importanti sponsor politici. Lei è di Balchik, e con un sorriso racconta di aver a stento finito le scuole medie. Encho è musicista, e suona le percussioni. Nella loro vita, dice sicura Izabela, niente è successo per caso. Nel 1990, alla caduta del regime, si trovavano presso alcuni amici in Svizzera, dove sono rimasti impressionati dai negozi, dalla ricchezza dell’allevamento e degli alberghi familiari. Tornati a Teteven, Izabela ha deciso di provarci. Si è licenziata dalla fabbrica dove lavorava e ha cominciato a vendere dolci e panini in un piccolo chiosco insieme al marito. Un giorno un cliente le ha chiesto di preparare una torta. Da qui la decisione di aprire una pasticceria, che da 14 anni lavora con grande successo e a pieno regime.
Per farcela hanno chiesto molti prestiti alle banche, hanno risparmiato su ogni centesimo e hanno tenuto duro. La loro famiglia è di tipo tradizionale, tutti lavorano insieme e coniugi sono anche, in qualche modo, i rispettivi migliori amici. "Rispettiamo tutte le feste comandate. Mi sforzo di tenere tutti insieme, tutte e due le mie nuore mi chiamano "mamma", e anche i bambini sono preparati per ogni evenienza. Nel caso di un incidente, e qui ce ne sono molti sulle strade, sanno che prestiti abbiamo preso, dove si trovano i soldi, i documenti, tutto. Non siamo più una famiglia comune, anche se lo sembriamo. Tutto deve essere fatto insieme, e i nostri figli devono essere al corrente di tutto, devono essere messi a parte delle nostre attività", ci spiega Izabela sventolando nell’aria una mano chiusa in pugno, quasi a volerci mostrare cosa significa una famiglia unita.
La stessa Izabela confessa che non sono molte, a Teteven, le famiglie che possono vantare il loro benessere e sentirsi indipendenti. In città la maggior parte dei trentenni è partita per l’estero, o si è trasferita a Sofia e negli altri centri maggiori del paese. "E’ triste vedere intere famiglie abbandonare la città. Non ci sono più i mestieri, le fabbriche scompaiono, anche se abbiamo una scuola tecnica. Muore lo spirito della nostra città", dice ancora Izabela.
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