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Bulgaria: il governo in aquaplaning

Un grave incidente stradale – e le relative polemiche sulla qualità delle infrastrutture stradali in Bulgaria – porta a un consistente rimpasto di governo. Ma il segnale forte dato dal premier Boyko Borisov non basta ad arrestare il suo calo di popolarità

13/09/2018, Francesco Martino - Sofia

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L’ennesimo gravissimo incidente stradale in Bulgaria, uno dei paesi UE col più alto tasso di morti sulle strade, ha provocato violenti scossoni nell’esecutivo del premier Boyko Borisov, che ha deciso di sacrificare le teste di tre dei ministri più rappresentativi per dare un segnale di responsabilità politica. La decisione, presa personalmente dal primo ministro, non sembra però aver risollevato la popolarità del governo nell’opinione pubblica, mettendo a nudo tensioni latenti all’interno della maggioranza.

In cerca di responsabilità

Lo scorso 25 agosto, una gita fuori porta come tante si è trasformata in tragedia sulla strada che costeggia la gola del fiume Iskar, a pochi chilometri dalla cittadina di Svoge, circa quaranta chilometri a nord della capitale Sofia. Un autobus che trasportava 33 turisti, in gran parte anziani, è entrato nella corsia opposta per motivi ancora da chiarire, scontrandosi prima con due autovetture per poi precipitare nella scarpata che fiancheggia la carreggiata.

Il bilancio dell’incidente, avvenuto durante un violento acquazzone estivo, si è subito rivelato gravissimo: diciassette persone, quasi tutte provenienti dal villaggio di Svetovrachane, sono decedute sul colpo o durante il trasporto in ospedale, mentre altri passeggeri sono rimasti feriti, alcuni in modo grave. Tra le vittime, c’è anche un ragazzo di tredici anni.

La magistratura ha subito lanciato un’inchiesta sull’accaduto, concentrandosi su tre possibili cause: il comportamento alla guida del conducente, eventuali guasti tecnici al mezzo e qualità della carreggiata, che nel tratto in questione era stata rinnovata nel 2014.

Al momento l’unico ad essere ufficialmente indagato è l’autista e co-proprietario della ditta di trasporti “Mobilus-S”, Gregor Grigorov. Secondo le prime ricostruzioni – ancora da verificare – l’uomo, 53 anni, avrebbe guidato oltre i 50 chilometri orari in un tratto in cui il limite è di 40. L’autobus non era stato sottoposto alle verifiche tecniche annuali, ma almeno per il momento, non sono stati riscontrati malfunzionamenti direttamente legati all’incidente

Le polemiche, quindi, si sono presto concentrate sulla qualità dei lavori di ammodernamento del manto stradale. Secondo il ministro dello Sviluppo regionale Nikolay Nankov, l’Agenzia per le infrastrutture stradali, parte del suo ministero, avrebbe identificato numerosi difetti alla nuova carreggiata. L’agenzia avrebbe ripetutamente invitato l’azienda “Treys Group Holding”, che ha realizzato la sistemazione della strada, a procedere a proprie spese a sistemare i tratti problematici, senza però ricevere mai risposta.

La stessa “Treys Group”, però, ha replicato sottolineando che nel settembre 2015, quando le riparazioni sono state ufficialmente certificate, l’Agenzia non aveva riscontrato alcun problema di qualità, e che dalla fine dei lavori è comunque un’altra ditta a prendersi cura del mantenimento della carreggiata. Anche sulla questione se la strada fosse ancora nel periodo di garanzia, il ministero e l’azienda hanno espresso posizioni contrastanti.

Nuove strade, vecchi problemi

Negli ultimi anni in Bulgaria ci sono stati ingenti investimenti nelle infrastrutture stradali, anche grazie al contributo dei fondi europei. La rete autostradale è stata notevolmente espansa, col completamento della direttrice Sofia-Burgas, che connette la capitale al Mar Nero, e l’espansione verso la Grecia e la Bulgaria settentrionale, ancora da completare. Allo stesso tempo è stato lanciato un programma di ammodernamento della rete esistente, che i difficili decenni seguiti al cambio di regime avevano lasciato in condizioni spesso disastrate.

In termini quantitativi i risultati ottenuti sono evidenti, ma restano forti dubbi sulla qualità delle infrastrutture create e rinnovate, che l’incidente di Svoge ha portato nuovamente alla ribalta.

In uno studio pubblicato in seguito all’incidente, l’Istituto per la sicurezza stradale, un’organizzazione non governativa attiva nel settore, ha denunciato una lunga serie di inadempienze rispetto all’ammodernamento della strada che costeggia il fiume Iskar. Secondo l’istituto, gli errori delle istituzioni responsabili partono fin dalla fase progettuale, ma riguardano anche il posizionamento di segnaletica e guard-rail.

In un approfondimento dedicato al tema, il portale Mediapool ha invece evidenziato la mancanza di seri controlli sulla qualità dei materiali utilizzati per rimettere in sesto la rete stradale. Ad esempio, le normative bulgare non impongono di misurare il grado di aderenza dell’asfalto, elemento che può risultare decisivo in episodi come quello che ha portato all’incidente di Svoge. Dall’analisi dei documenti, risulta poi che nonostante il tratto in questione sia considerato pericoloso e montano, il progetto non ha considerato necessaria la posa di asfalti di qualità superiore, accontentandosi di soluzioni più economiche.

I punti interrogativi sulla tragedia di Svoge hanno riaperto i dubbi e le voci di pratiche corruttive, latenti ma non troppo, sull’intero sistema di appalti che in questi anni ha funzionato a pieno regime, gestendo milioni di euro, senza però dare una risposta decisiva alla pericolosità delle strade in Bulgaria.

Rimpasto di governo

Per reagire al malcontento seguito all’incidente, il premier Boyko Borisov ha deciso di dare una risposta politica forte: a inizio settembre, il primo ministro ha chiesto e ottenuto le dimissioni non solo del ministro dello Sviluppo regionale Nankov, ma anche di quello dei Trasporti Ivaylo Moskovski e dell’Interno Valentin Radev.

La decisione, giustificata da Borisov dalla necessità di “assumersi la responsabilità politica, anche in assenza di colpe personali”, ha però provocato evidenti scossoni, sia nel suo partito (GERB – Cittadini per lo Sviluppo europeo della Bulgaria) che nella coalizione. La struttura di GERB, infatti, così come due dei partiti della coalizione “Patrioti Uniti” (la VMRO e il Fronte nazionale per la Salvezza della Bulgaria) hanno infatti esplicitato la propria insoddisfazione riguardo alla defenestrazione dei tre ministri, e ai nuovi equilibri politici frutto del cambio di poltrone, pur assicurando che il governo e la maggioranza restano stabili.

Nei giorni scorsi si sono moltiplicate le voci su una possibile spaccatura della coalizione durante il voto parlamentare previsto per confermare le dimissioni di Nankov, Moskovski e Radev e l’approvazione dei nuovi ministri proposti da Borisov. Il voto, che era stato messo in agenda per la seduta di oggi, è stato però rimandato a causa per cause tecniche, visto che il candidato a dirigere il ministero degli Interni, l’attuale segretario dello stesso ministero Mladen Marinov (di fatto il capo della polizia) deve prima essere liberato dall’attuale ruolo con un decreto del presidente della Repubblica, ancora non promulgato.

Il previsto rimpasto di governo non sembra però aver convinto l’opinione pubblica sulla bontà delle reazioni alla tragedia di Svoge: secondo un sondaggio recentemente pubblicato dall’agenzia “Mediana”, nell’ultimo mese il rating personale di Borisov è sceso del 6%, un trend valido anche per i partiti attualmente al potere.

La coalizione tra GERB e i partiti nazionalisti dei “Patrioti Uniti” è riuscita a superare indenne la fine del semestre di presidenza bulgara dell’UE, terminato lo scorso giugno, che molti analisti indicavano come orizzonte temporale del governo, ma mostra crescenti fratture. Il piano sembra ora quello di arrivare indenni alle elezioni europee della prossima primavera, ma in caso di nuove situazioni di crisi, eventuali sorprese non possono essere escluse.

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