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Bulgaria, il declino dei media

Nonostante sia parte dell’Ue, la Bulgaria vive negli ultimi anni un drammatico deterioramento della libertà di stampa e di espressione. Tra le principali cause concentrazione mediatica, autocensura, pressioni sui giornalisti. Ne abbiamo parlato col professor Orlin Spasov

10/06/2014, Francesco Martino - Sofia

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Orlin Spasov, professore associato della Facoltà di Giornalismo dell’Università "Sveti Kliment Ohridski" di Sofia, si occupa delle trasformazioni nella sfera pubblica dovute all’evoluzione dei media tradizionali e new-media. Autore di numerosi volumi sul mondo della comunicazione, tra cui "Transition and the Media: Politics of Representation" (2000), "Sport and Politics: Media Rituals, Power Games" (2013), "Internet in Bulgaria" (2014, attualmente in corso di stampa). E’ direttore esecutivo della Media Democracy Foundation (fmd.bg ).

Negli ultimi anni molte organizzazioni internazionali segnalano un forte e costante peggioramento della libertà di stampa in Bulgaria. E’ d’accordo con questo giudizio poco lusinghiero?

Difficile non essere d’accordo con tale valutazione, quando arriva in modo coerente da fonti così numerose e diversificate, evidentemente basate su solidi dati empirici. Individuare le ragioni di tale declino non è facile: i media non sono mai un elemento isolato, ma fanno parte di un sistema complesso a cui partecipano politica, economia, cultura. redo si possano però individuare due motivi principali. Da una parte l’influenza e pressione sui media bulgari da parte dell’establishment politico ed economico, che porta a fenomeni come l’autocensura. Dall’altra il rapido declino culturale dei media, con la progressiva affermazione di temi superficiali a danno dell’approfondimento.

Questo peggioramento è avvenuto in modo marcato dopo l’ingresso della Bulgaria nell’Unione europea…

Non credo ci sia una relazione diretta tra la membership europea della Bulgaria e il peggioramento della libertà di stampa nel paese. C’è stata piuttosto in questi anni la comparsa di “giocatori” molto più aggressivi nel settore dell’informazione, pronti a mettere i propri media al servizio di interessi economici e politici.

Ma l’UE ha i mezzi per poter invertire questa tendenza?

Allo stato attuale mi sembra che eventuali strumenti di intervento in questo settore da parte di Bruxelles siano ancora pochi, e non molto efficaci. Si discute di una futura armonizzazione delle norme sui media tra i paesi membri, passo che sarebbe sicuramente positivo per la Bulgaria. Anche allora, però, il problema rimane quello della (mancata) applicazione delle norme. Credo che la pressione dell’UE sulla Bulgaria sarà principalmente di carattere politico. Anche perché il 100simo posto assegnato alla Bulgaria nella classifica 2014 di Reporter senza frontiere, rappresenta per l’Unione un problema d’immagine non indifferente.

Anche viste le forti lacune nella regolamentazione del settore mediatico, ci sono stati tentativi di supplire attraverso meccanismi di autoregolamentazione. Purtroppo, anche qui i risultati non sembrano entusiasmanti. Perché?

Purtroppo, i processi menzionati hanno portato ad una profonda frattura nel mondo dell’informazione in Bulgaria, con la creazione di gruppi mediatici in aspro conflitto tra loro, specchio della divisione politica del paese. Si è arrivati alla situazione attuale in cui è impossibile far coesistere tutti gli attori dell’informazione, dagli editori ai giornalisti, all’interno di una stessa cornice. Così a inizio 2014 una parte dell’universo mediatico bulgaro, raccolta intorno all’Unione dei media Bulgara (BMS), ha dato vita ad un suo codice etico, alternativo a quello, firmato nel 2004, dall’Unione degli Editori Bulgari. La Bulgaria è probabilmente oggi l’unico paese dell’UE ad avere due codici etico-professionali relativi alla professione giornalistica. Ed entrambi, purtroppo dall’efficacia molto limitata.

Perché i giornalisti bulgari faticano tanto ad organizzarsi nella difesa dei propri interessi e della libertà di espressione?

In Bulgaria, il movimento sindacale è in una fase di crisi generale. Nel campo giornalistico le difficoltà sono dovute anche a motivi storici, e al fatto che la categoria è estremamente divisa in termini di appartenenza politica. Per questo oggi l’associazionismo professionale dei giornalisti è debole. Ci sono varie organizzazioni, che però tendono a collaborare poco tra loro. In termini di rapporti di forza, i giornalisti bulgari sono molto vulnerabili nei confronti dei propri datori di lavoro. In Bulgaria, chi vuole o vorrebbe lottare per i propri interessi economici, professionali ecc. sa che in caso di licenziamento trovare un nuovo posto di lavoro è estremamente difficile.

Tra i molti problemi dell’informazione in Bulgaria, probabilmente il più citato è la presenza di monopoli: affermazione che però viene smentita dai principali gruppi editoriali. Dati in mano, cosa si può dire oggi sulla concentrazione mediatica nel paese?

Purtroppo in Bulgaria mancano dati affidabili su cui poter appoggiare una solida analisi della distribuzione del mercato mediatico. Ad esempio, non esiste una revisione del tiraggio reale della stampa. Ma soprattutto, legalmente non esiste una soglia massima di concentrazione di proprietà, superata la quale si possa parlare ufficialmente di posizione di monopolio in campo informativo. E’ urgente una normativa che faccia chiarezza in tal senso, una legge specifica per il settore dei media, che oggi sono sottoposti alla normativa generale sulla concorrenza in campo economico. Purtroppo, le forze dello status quo sono riuscite fino ad oggi ad impedire che tale norma venisse approvata. Quindi, per tornare alla domanda, le affermazioni sulla presenza di monopoli informatici sono oggi basate su osservazioni forti, ma soggettive, difficili da difendere in sedi ufficiali, come le aule di un tribunale.

In Bulgaria gli ultimi anni sono stati segnati da una forte polarizzazione politica, sfociata in proteste e manifestazioni protrattesi per mesi. Che effetti ha avuto questa tendenza sul mondo dei media?

Probabilmente la conseguenza più visibile della forte polarizzazione politica degli ultimi mesi, è stata una parallela polarizzazione dell’universo mediatico bulgaro. In qualche modo, si potrebbe parlare di una “partigianizzazione” della maggior parte dei media in Bulgaria, che nel corso della battaglia politica si sono “colorati” politicamente in modo molto più visibile di quanto non accadesse in precedenza. Tanto che oggi gli unici media che in qualche modo continuano a dare voce a diversi e variegati settori della società bulgara sono la radio e la televisione pubblica (BNR e BNT)

Al tempo stesso, le proteste sono state accompagnate da una vera esplosione dei social media come fonti di informazione alternative a quelle tradizionali…

L’esplosione di attività informativa sui social media negli ultimi mesi è un fenomeno molto importante per la Bulgaria. Gli effetti di tale attività sono però rimasti in gran parte limitati alla rete stessa, senza influenzare in modo decisivo la società nel suo complesso. Questo dipende da vari fattori: secondo dati ufficiali, il 50% dei cittadini bulgari non è mai entrato in internet. E del restante 50%, coloro che utilizzano la rete per partecipare attivamente alla discussione politica sono una minoranza. L’aspetto sicuramente positivo legato all’esplosione dei social network è l’aver creato un canale davvero nuovo ed alternativo che permette agli utenti di discutere e dialogare tra loro su quanto accade nella società. D’altra parte, però, la rete fatica a creare un dibattito costruttivo volto ad affrontare i problemi e a giungere a soluzioni condivise. Siamo di fronte ad un paradosso: internet ha creato più spazi di democrazia, ma la cacofonia delle voci ha reso più complesso il processo decisionale.

La Bulgaria è un paese che vive fortissime differenze tra le grandi città e i centri più piccoli. Questo è vero anche per la qualità dell’informazione?

I problemi dei media regionali o locali in Bulgaria nel fornire informazione libera e di qualità sono ancora più marcati di quelli affrontati dai media nazionali. Questo perché i media regionali hanno risorse più limitate, un mercato di riferimento ridotto e spesso, maggiore dipendenza dal potere locale, politico o economico. Fare giornalismo in provincia è estremamente difficile in Bulgaria, un paese dalla forte tradizione centralista, anche nel mondo dei media. D’altra parte, negli ultimi anni si assiste ad una sempre maggiore richiesta di informazione locale, con l’aumento di portali giornalistici dedicati: un fenomeno sicuramente positivo.

Quali media in Bulgaria sono più schierati, quali più pluralisti?

La carta stampata, anche per tradizione storica, tende ad essere più politicizzata. I media elettronici invece, come la televisione, tendono ad essere più pluralisti. Credo che questo dipenda da vari fattori: innanzitutto il fatto che radio e tv devono comunicare e relazionarsi a pubblici più vasti ed eterogenei. Delle tre tv più popolari poi, due sono proprietà di gruppi stranieri, mentre la terza è l’emittente pubblico: una situazione che limita le capacità della politica di influire direttamente sulle scelte redazionali. Negli ultimi anni, però, assistiamo in Bulgaria ad un fenomeno nuovo e probabilmente inedito a livello europeo: la nascita cioè di tv di partito come “Alfa” e “Skat”, organi rispettivamente dei partiti nazionalisti “Ataka” e “Fronte nazionale per la salvezza della Bulgaria”. Un evento che ritengo potenzialmente negativo per lo stato dell’informazione nel paese.

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