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Bosnia-UE: una settimana di passione …

Con la tardiva approvazione da parte del parlamento della Republika Srpska della riforma della polizia, requisito per l’avvio dei negoziati per l’accordo di associazione e stabilizzazione, la Bosnia Erzegovina recupera in extremis la strada verso l’Unione europea

10/10/2005, Massimo Moratti - Sarajevo

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La copertina del settimanale "Dani" della settimana scorsa è eloquente: il Manneken Pis di Bruxelles nella sua posa più tipica che orina sulla bandiera della Bosnia ed Erzegovina sotto il titolo "Doccia Fredda da Bruxelles". Irriverente, provocatoria ma estremamente calzante e descrittiva della situazione che si respirava in Bosnia ed Erzegovina all’inizio della settimana. Nel giro di poche ore, la Croazia aveva ricevuto il via libera da Bruxelles sull’inizio dei negoziati di adesione. Carla Del Ponte, nella sua dichiarazione di lunedì aveva dichiarato che "la cooperazione della Croazia con il Tribunale dell’Aja era stata piena e che stava facendo tutto quello che poteva per rintracciare ed arrestare Ante Gotovina". La Del Ponte si era dimostrata fiduciosa che, se la Croazia continuerà a lavorare con la stessa determinazione e intensità, Gotovina sarà trasferito all’Aja presto.

Le dichiarazioni della Del Ponte, a dir la verità erano apparse in contrasto con quanto la stessa Del Ponte aveva dichiarato solo il venerdì prima, quando aveva detto di essere molto delusa e che il problema rimaneva lo stesso, con Gotovina ancora in libertà. La differenza tra le dichiarazioni della Del Ponte è stata evidente e ha immediatamente scatenato una ridda di illazioni.

Lo stesso giorno, l’Unione Europea aveva anche deciso di firmare gli accordi di stabilizzazione e associazione con la Serbia e Montenegro. Anche in questo caso, la decisione ha dato la stura a discussioni e polemiche, dato che il futuro stesso dell’Unione Serbia e Montenegro è incerto. Come hanno fatto notare Gerald Knaus di ESI in un’intervista per la Balkan Investigative Reporting Network (BIRN), non è chiaro cosa accadrà in futuro con Serbia e Montenegro: potrebbe accadere infatti che l’accordo di stabilizzazione e associazione firmato da Serbia e Montenegro come unico soggetto di diritto internazionale, in futuro potrebbe sdoppiarsi data la possibile separazione dell’Unione.

La Bosnia ed Erzegovina è rimasta fuori da questa tornata. Assieme alla Bielorussia, la Bosnia era rimasto l’unico paese a non avere un accordo formale con l’Unione Europea. Le reazioni in Bosnia sono state chiaramente negative e hanno suscitato polemiche e alimentato le tensioni interne. Le accuse da parte di alcuni politici del SDA si sono indirizzate verso la Republika Srpska colpevole nel corso degli ultimi mesi di avere bloccato la riforma della polizia, uno degli ultimi ostacoli della Bosnia nel suo cammino verso l’Europa. Il quotidiano "Dnevni Avaz" ha paragonato il raggiungimento degli accordi tra la UE, Croazia e Serbia e Montenegro con il famoso accordo di Karadjordjevo del 1991, quando, secondo molti, Tudjman e Milosevic si erano messi d’accordo per spartire la Bosnia. Secondo "Dnevni Avaz", infatti, mentre Croati e Serbi di Bosnia in futuro potranno viaggiare in Europa grazie al doppio passaporto, i bosniaci invece saranno penalizzati dal fatto di non avere doppia cittadinanza e quindi dover ricorrere ai visti per entrare in Europa. Il vecchio cliché delle barzellette bosniache che ritraggono il famoso bosniaco "Mujo" come il parente povero e retrogrado dei due paesi vicini sembrava essere ripetuto in chiave di adesione europea.

Ma allo stesso tempo Lejla Redzovic-Mesovic della televisione di stato bosniaca si chiede se sono stati applicati standard diversi tra Bosnia ed Erzegovina e Serbia e Montenegro: la Croazia non ha arrestato Gotovina eppure ha il via libera e lo stesso è avvenuto con la Serbia e Mladic. Gerald Knaus, sempre per BIRN, sembra condividere questa opinione quando confrontando i due paesi, l’unione tra Serbia e Montenegro appare molto più incerta della sopravvivenza della Bosnia come stato unitario. Come la Bosnia ed Erzegovina, Serbia e Montenegro hanno anche loro due polizie diverse e addirittura due valute diverse (l’Euro in Montenegro e il dinaro in Serbia).

Il regime di semi protettorato della Bosnia ed Erzegovina è ancora una volta l’aspetto chiave. La comunità internazionale in Bosnia ed Erzegovina è stata la forza motrice dietro la riforma della polizia. L’Alto Rappresentante Paddy Ashdown, il capo della Delegazione della Commissione Europea Michael Humphreys e l’Ambasciatore inglese Matthew Rycroft sono stati i principali artefici del pressing esercitato sulle autorità di Banja Luka affinché accettassero i principi della riforma della polizia. Nelle ultime settimane i tre rappresentanti europei sono stati rinforzati dalla discesa in campo dell’ambasciatore americano, Douglas McElhaney che si è unito agli sforzi dei suoi colleghi europei per convincere le riottose autorità di Banja Luka ad accettare le riforme.

E la pressione internazionale ha avuto successo. Mentre tutti gli osservatori cercavano di ipotizzare quale tipo di sanzioni sarebbero state adottate nei confronti della Republika Srpska, martedì 4 ottobre, il giorno stesso in cui veniva annunciato l’accordo su Croazia e Serbia e Montenegro, un fatto secondario ma alquanto significativo lasciava presagire che la Republika Srpska si stesse apprestando a pronunciare il fatidico sì alla riforma della polizia. Un laconico comunicato stampa dell’Ufficio dell’Alto Rappresentante riconosceva che il governo della Republika Srpska aveva finalmente adempiuto i suoi obblighi e aveva fornito alle autorità giudiziarie tutti i nomi delle persone coinvolte nei crimini di Srebrenica. Una sorta di apprezzamento positivo nei confronti del governo della RS, su una questione completamente slegata a quella della riforma della polizia. Un segnale in netta controtendenza rispetto alla tempesta che ci si stava aspettando e il segno che qualcosa si stava muovendo e che il tormentone della riforma della polizia era vicino ad una soluzione.

E così è stato. Mercoledì pomeriggio, l’Assemblea Nazionale della Republika Srpska, la stessa assemblea che poche settimane fa aveva bocciato la riforma della polizia, ha dato il suo assenso alla proposta presentata dal Presidente della Republika Srpska, Dragan Cavic. 55 voti a favore, 5 contro, 15 gli astenuti è stato il successo, anche personale a scapito del Premier Bukejlovic, incassato da Cavic. L’accordo sulla riforma della polizia dovrà essere implementato nel corso dei prossimi cinque anni, la polizia potrà oltrepassare la linea di demarcazione tra le entità dove questo sia tecnicamente necessario e soprattutto, la condizione più importante, le competenze legali e finanziarie della polizia saranno trasferite alle autorità della Bosnia ed Erzegovina e non rimarranno più esclusiva delle entità. Differenze tecniche, e a dir la verità pochi capiscono in che cosa la proposta di Cavic differisca da quelle precedenti.

È la fine di un tormentone politico-diplomatico? La firma dell’accordo è stata salutata da molti come un decisivo passo in avanti verso l’Europa. Javier Solana e Olli Rehn hanno approvato con soddisfazione la decisione della Republika Srpska e se non vi saranno sorprese da parte del parlamento federale e centrale, la Bosnia ed Erzegovina ha finalmente soddisfatto i criteri per la conclusione dell’accordo di stabilizzazione e associazione. Ancora più in là sembra essersi spinto l’Ambasciatore inglese Matthew Rycroft dicendo che i negoziati per l’accordo di Stabilizzazione e associazione potranno iniziare nel corso di quest’anno. Un accordo tardivo, avvenuto nei minuti di recupero più che in zona Cesarini e adesso si vedrà quali saranno le conseguenze e quando la Bosnia potrà accodarsi a Croazia e Serbia e Montenegro sulla strada per l’Europa.

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