Bosnia rurale e input italiano
Il ruolo centrale e le molteplici sfide dello sviluppo rurale in Bosnia Erzegovina: come si muovono la Cooperazione Italiana e le ONG del nostro Paese in questo settore
Nel quadro del processo di allargamento europeo lo sviluppo rurale ha assunto un ruolo centrale, con l’obiettivo di rendere il settore agricolo concorrenziale con quello dei paesi già membri. Questa sfida risulta particolarmente importante in un Paese come la Bosnia Erzegovina, dove l’81% del territorio e il 61% della popolazione sono classificabili come rurali, secondo i dati del “B&H Agriculture Report 2007”, redatto dal Ministero del Commercio Estero e delle Relazioni Economiche della Bosnia Erzegovina.
Sin dall’inizio della fase di ricostruzione post-conflitto, la Cooperazione Italiana in Bosnia Erzegovina ha quindi posto lo sviluppo rurale tra le sue priorità di intervento. Negli anni più recenti, tramite l’Unità Tecnica Locale, si è impegnata inoltre a sistematizzare gli interventi dei diversi attori italiani sul territorio, fornendo un quadro d’azione unitario e coerente con le politiche dell’UE in Bosnia Erzegovina, volto a contribuire allo sviluppo di un settore agro-alimentare e forestale sostenibile, competitivo e dinamico e ad allineare gradualmente il complesso istituzionale-normativo all’acquis communitaire.
Per la Bosnia si tratta non solo di affrontare le difficoltà della transizione ma anche quelle derivate dalla tragica eredità di oltre tre anni di conflitto. A livello materiale, sono andati distrutti gran parte dei mezzi di produzione e le tecnologie adottate attualmente sono datate, non essendoci stati sufficienti investimenti per la modernizzazione. Le aziende mancano infatti di risorse finanziarie adeguate e sono scarsi gli investimenti esteri diretti nel settore. A livello strutturale, spiega Stefania Fantuz, coordinatrice dei progetti di sviluppo rurale della Cooperazione Italiana in Bosnia, l’agricoltura nel Paese è ancora organizzata su piccola scala, con aziende familiari che producono prevalentemente per la propria sussistenza e vendono i surplus sui mercati locali. I piccoli produttori lamentano difficoltà nell’accesso al credito e non hanno quindi spesso possibilità concrete di migliorare la propria condizione, così come di inserirsi su mercati più ampi in modo concorrenziale.
Il territorio bosniaco, prevalentemente collinare e montuoso, rende comunque difficile lo sviluppo di un’agricoltura intensiva su vasta scala; la situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza di mine inesplose, che ostacolano il processo di ripristino di una parte dei terreni agricoli. Carenze infrastrutturali e nel sistema dei trasporti rendono ancora più gravoso il lavoro dei piccoli produttori. Un altro problema riportato spesso dagli abitanti del luogo, e sottolineato dai funzionari della Cooperazione Italiana, è l’estrema frammentazione delle istituzioni competenti per lo sviluppo rurale e la mancanza di un Ministero dell’agricoltura a livello statale, fattori che determinano difficoltà di coordinamento ed armonizzazione delle politiche e scarso sviluppo delle capacità di standardizzazione, certificazione e controllo della qualità (su cui invece è fortemente orientata l’azione dell’UE). Mancano anche adeguate strutture di supporto ai produttori, che sono scarsamente organizzati, poiché l’associazionismo è in generale ancora molto debole nel Paese. L’elaborazione di piani strategici per lo sviluppo rurale, infine, resta piuttosto carente, così come la disponibilità di dati aggiornati sul settore.
Per rispondere efficacemente ai bisogni rilevati, la Cooperazione Italiana si è attivata sia nell’ambito governativo multilaterale, collaborando con organizzazioni internazionali, quali la FAO, l’IFAD, la Banca Mondiale e il Ciheam-IAM con sede a Bari; sia dando il proprio supporto a un gran numero di progetti promossi da ONG italiane. Queste ultime, oltre a occuparsi di formazione e potenziamento delle capacità degli attori locali, hanno lavorato sul rafforzamento dell’associazionismo, promuovendo la creazione di gruppi organizzati e cooperative per facilitare l’accesso ai mercati da parte dei produttori e contribuire a ricreare un tessuto sociale rurale. Un progetto realizzato tra il 2006 e il 2008 dalla ONG GVC ha portato, per esempio, alla costituzione di tre cooperative agricole multietniche nell’area di Doboj.
Mediante donazioni e programmi di microcredito si è inoltre operato per favorire l’incremento e il miglioramento delle produzioni. Attualmente, per esempio, è in corso a Breza un progetto multisettoriale delle ONG Re.Te. e CESVI, che ha fornito a piccoli produttori locali riuniti in cooperativa una serie di serre per aumentare la produzione di frutta ed ortaggi. Il Ministero degli Affari Esteri (MAE) nel 2006 ha finanziato anche il progetto “Riabilitazione di attività agricole di aziende familiari”, con cui la Caritas Italiana ha fornito attrezzature, animali e piante ai piccoli produttori, per favorire il ritorno e la stabilizzazione dei profughi sul territorio attorno a Banja Luka.
Altri progetti, come quello realizzato in partenariato dalle ONG CEFA, ARCS e COSPE nel Cantone Erzegovina-Neretva, hanno promosso l’introduzione di sistemi agricoli a basso impatto ambientale, di sistemi di certificazione e di marchi di qualità dei prodotti, un’esigenza come detto molto sentita in un’ottica di integrazione europea.
Anche il settore della tutela dell’ambiente e della gestione delle risorse naturali è stato ritenuto fondamentale per lo sviluppo delle aree rurali. In questa direzione ha operato il CISP, con il suo progetto di “Tutela ambientale e lotta all’esclusione sociale nelle zone rurali nel Nord-Est della Bosnia Erzegovina”, terminato nell’estate del 2008, che aveva il duplice obiettivo di valorizzare il patrimonio forestale, contribuendo nel contempo al miglioramento delle condizioni di vita di categorie sociali vulnerabili nelle zone rurali.
È stata inoltre supportata la nascita di piccole industrie legate al settore agroalimentare e lattiero-caseario. È il caso, per esempio, del progetto “Lamponi di pace” che ha portato nel 2003 alla nascita della Cooperativa Agricola “Insieme” a Bratunac, che raccoglie piccoli produttori di lamponi, in particolare donne. Grazie all’impegno della ONG ACS e di una rete di altri soggetti italiani e bosniaci, la Cooperativa è cresciuta negli anni e dal 2008 è stato
avviato un ulteriore progetto, finanziato dal MAE, che ha portato alla costituzione di un laboratorio per la trasformazione di una parte del prodotto raccolto, da affiancare all’impianto di surgelazione di cui la Cooperativa si è dotata nel 2006.
Infine, la ONG UCODEP, la Regione Toscana e la Provincia di Arezzo hanno promosso dal 2005 una serie di interventi di tutela e valorizzazione dei prodotti tipici dell’Erzegovina. Questi interventi continuano tutt’oggi, in partenariato con il CEFA, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della popolazione rurale valorizzando tre alimenti di pregio (miele, vino e formaggio) e il territorio in cui sono prodotti, anche a scopo turistico. La regione dell’Erzegovina, estesa fino a Dubrovnik, proprio perchè dotata di un vasto capitale di risorse agro-alimentari, naturalistiche e storico-culturali, è stata inserita nell’azione di valorizzazione delle risorse locali per lo sviluppo del turismo rurale di SeeNet II, il programma triennale di cooperazione decentrata tra 6 regioni italiane, la provincia autonoma di Trento e 47 enti locali del sud est Europa, cofinanziato dal MAE, e inaugurato a fine 2009.
E’ inoltre attualmente in corso la seconda fase di un progetto per lo sviluppo rurale integrato e la rivitalizzazione del territorio delle municipalità di Srebrenica e Bratunac gestito direttamente dalla Cooperazione Italiana in Bosnia Erzegovina. Tra i suoi principali risultati l’elaborazione di piani di sviluppo rurale per le due municipalità, realizzati dalla Facoltà di Agraria di Sarajevo, e un virtual tour per la valorizzazione del potenziale turistico dell’area, progettato dall’Istituto per le Tecnologie delle Costruzioni del Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano. Il progetto ha contribuito anche a un’esperienza pilota di turismo rurale, avviata dall’Organizzazione Turistica di Srebrenica, e ha fornito supporto alle associazioni di produttori delle municipalità con la collaborazione dell’Agenzia Regionale di Assistenza Tecnica di Bratunac.
La Cooperazione Italiana, pur avendo appena chiuso la sua unità tecnica in Bosnia Erzegovina, continua quindi da Belgrado a impegnarsi per lo sviluppo rurale del Paese, che insieme al turismo, al sostegno alle piccole e medie imprese e ai servizi sociali, è uno degli assi tematici portanti del programma SeeNET II.
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