Bosnia: l’intolleranza cresce
I discorsi sulla riconciliazione in Bosnia restano su di un piano astratto, mentre crescono gli episodi di intolleranza nei confronti di coloro che nelle varie zone del paese rappresentano la minoranza. Alcuni episodi avvenuti a Sarajevo
Una bella sera d’estate, primi di luglio a Sarajevo. Il cardinale Vinko Puljic e il vescovo di Banja Luka Franjo Komarica vengono aggrediti e offesi da un ragazzo musulmano di 23 anni, tale Faruk Emirhafizbegovic. Una notizia di cronaca sui giornali e poco più.
Va detto che l’episodio in questione è l’ennesimo di questo tipo avvenuto nella città di Sarajevo negli ultimi mesi. I cittadini bosniaco croati della capitale, che sono prevalentemente di religione cattolica, hanno subito diverse aggressioni fisiche e verbali. Sono state prese di mira singole persone ma anche istituzioni – scuole, associazioni, centri culturali. Ad esempio abbiamo registrato un lancio di pietre contro il convento di S. Antonio nel quartiere Bistrik, il pestaggio di studenti del centro cattolico prima della Pasqua per un solo motivo – portavano al collo un crocefisso, il ripetuto lancio di pietre contro lo stesso centro scolastico cattolico, e poi i vetri infranti, le scritte con graffiti non proprio `gentili`. Sono state inoltre danneggiate in questo stesso periodo anche le tombe del cimitero cattolico San Marco.
Tutte queste notizie sono finite nel rapporto del Comitato bosniaco di Helsinki per i diritti umani, e solo per merito loro si comincia a discutere seriamente di questo problema e di quanto sono minacciati i Cattolici che oggi vivono nella capitale bosniaca.
I dati ufficiosi dicono che a Sarajevo oggi ci sono circa ventimila Bosniaco Croati, solo un terzo di quelli che c’erano prima della guerra, mentre nelle strutture politiche del governo a livello cantonale la loro presenza è solamente del due per cento. Un solo Croato e riuscito ottenere la funzione di direttore – quello della Stazione Veterinaria. (Oslobodjenje, 05.07.2003)
Ma come mai di questa situazione si parla solo adesso? I Croato Bosniaci erano minacciati anche durante la guerra? E questo problema non è forse simile allo stesso che si trovano a dover affrontare altre minoranze quali ad esempio i Bosniaco Musulmani a Banja Luka, i Serbo Bosniaci a Mostar e così via?
Forse durante la guerra i cittadini di Sarajevo, sia Bosniaco Musulmani che Croati hanno avuto un unico problema, un unico nemico: le granate serbe. A quell’epoca probabilmente tutti quelli che erano rimasti a Sarajevo erano vittime e quindi uguali. Le "differenze" sono emerse con la tregua.
Sembra che col tempo il numero delle aggressioni sia infatti salito ad una cifra preoccupante. Si parla molto di riconciliazione, solitamente riferendosi ai rapporti tra coloro che negli anni scorsi erano nemici, in conflitto, ma ora si comincia a parlare anche dei rapporti che durante la guerra erano buoni e sono peggiorati nel periodo postbellico. A sotto voce si è discusso di alcuni problemi e di piccole discriminazioni che avvengono a Sarajevo, nella parte bosniaco musulmana di Mostar e in altre città a maggioranza musulmana dove ad esempio non è possibile ordinare la pizza al prosciutto oppure trovare negozi che vendano carne di maiale. Un esempio banale, ma che parla per sé. Figuriamoci portare un crocifisso mentre cammini in una città a maggioranza musulmana. O viceversa, in una città a maggioranza bosniaco croata, è difficile immaginare uno che vada in giro con i gioielli con la mezzaluna e la stellina…
L’ultimo rapporto del Comitato Helsinki ci segnala questo problema. Toccherebbe ora alle istituzioni politiche pensarci bene e cercare di porre un rimedio alla situazione. Buona fortuna. E buon appetito – anche con un po’ di maiale per chi lo voglia, prego.
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