Tipologia: Intervista

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Bosnia Erzegovina: Oslobođenje, 25.000 numeri pubblicati

Record di longevità per questo quotidiano fondato dai partigiani nel 1943 e simbolo della resistenza all’assedio negli anni ’90. Un’intervista alla sua direttrice Vildana Selimbegović

29/08/2016, Saša Rukavina -

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(Pubblicato originariamente dal settimanale Dani e selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBC Transeuropa)

Cosa significa per Oslobođjenje il suo 25millesimo numero?

Innanzitutto responsabilità. Oslobođenje ha un archivio incredibile… 25.000 numeri, questo significa che per 25.000 giorni consecutivi il giornale è uscito in edicola. Una delle mie priorità quando sono arrivata qui in redazione è stata quella di digitalizzare quest’archivio.

Oslobođenje è stato testimone privilegiato della storia, testimone importante della vita in Bosnia Erzegovina. L’archivio rappresenta un’enorme base di contenuti e dati, che potranno aiutare tutti, non solo i giornalisti. Oslobođenje, è la storia dello sviluppo della Bosnia Erzegovina, è la nostra storia. La digitalizzazione è ormai quasi terminata e quando lo metteremo a disposizione del pubblico capirò veramente cosa significhi questo 25millesimo numero.

Oslobođenje esiste da più di 73 anni e questo non sarebbe possibile senza i suoi lettori. Chi legge oggi Oslobođenje?

Credo che Oslobođenje sia sempre rimasto fedele ai suoi principi. Innanzitutto è la qualità giornalistica quella che tutti ci riconoscono, anche quelli che non sono nostri lettori. Nel giornalismo è quello che dicono quelli che non vi amano che è spesso più importante… Ci siamo sempre battuti per i diritti umani, per l’uguaglianza di tutti davanti alla legge – e questo non capita spesso in Bosnia Erzegovina – e non abbiamo mai fomentato divisioni.

I nostri lettori appartengono in particolare alla classe media, sono stati molto colpiti dalla guerra e dalle sue conseguenze. Ma è gente che ha mantenuto la propria dignità e dei quali ho fiducia.

I vostri concorrenti spesso si lamentano della fedeltà dei vostri lettori. Si dice che se un lettore di Oslobodjenje smette di acquistarlo solo quando muore…

Tutto cambia e cerchiamo di cambiare anche noi restando in contatto con i nostri lettori. Siamo il solo quotidiano che ha pagine aperte per tutti i tipi di commenti, reazioni, opinioni dei lettori. Il Consiglio per la stampa della Bosnia Erzegovina si congratula sempre con noi per questo. Ogni giorno si parla del fatto che la carta stampata va a sparire, che la stampa è morta, ma la stampa è già sopravvissuta alla televisione. E la stessa televisione ora sta vivendo al fianco di altri media.

Quindi non vedo perché ciascuno non possa giocare il suo ruolo con le proprie differenti peculiarità perché i vari media hanno caratteristiche molto differenti. Ad esempio nei media elettronici la cosa più importante è dare informazioni su un fatto in tempi rapidi. La maggior parte dei portali on-line di informazione solitamente pubblicano informazioni molto essenziali e scarne. I quotidiani devono offrire invece molto più della semplice cronaca di un evento. Servono commenti, analisi, storie, ciò che non si può trovare sui media elettronici. Su Internet si vogliono le cose corte, rapide, una cosa da accantonare mentre tutto ciò che è stampato rimane. E’ per questo che i politici ci detestano. Avviene la stessa cosa, d’altronde, con la televisione: sono di più le persone che guardano i telegiornali di quelle che leggono i giornali. Ma ciò che viene detto alla televisione dura un quarto d’ora e poi sparisce. Nei giornali le parole restano.

Oslobođenje esce ogni giorno dal 1943. Chi ha fatto si sia come è adesso? Chi sono i giornalisti di Oslobođenje?

Posso parlare solo di chi lavora attualmente in redazione. Sono felice del fatto che la maggior parte di loro siano giovani. Quando sono arrivata, me lo ricordo, probabilmente ero io la più giovane. Ora sono la più anziana e questo mi rende molto felice. Attorno a me vi sono dei giovani, aperti a tutte le culture, gente che attraverso il proprio lavoro e impegno può aiutare la Bosnia a crescere.

Possono farcela questi giornalisti da soli?

Non possono, è ovvio, ma i giornalisti sono sempre stati coloro i quali hanno chiamato all’azione e che persistono in questo sforzo.

E per quanto riguarda la libertà dei media in Bosnia Erzegovina?

La libertà, ce la siamo guadagnata, come dicevano i partigiani… 21 anni dopo Dayton abbiamo guadagnato molte libertà nel campo dei media anche se non siamo ancora soddisfatti di come vanno le cose. I media in Bosnia Erzegovina sono polarizzati dal punto di vista politico. Vi sono pressioni politiche, economiche, ma malgrado tutto la situazione ora è migliore rispetto al passato.

Facevo parte della redazione di Dani quando una bomba è stata lanciata contro la sua sede. Conosco cosa significhi essere minacciati, ma so anche che la lotta per ottenere una libertà effettiva dei media è molto lenta. La libertà è una cosa per la quale ci si deve battere, è una cosa che si deve meritare.

Noi giornalisti dobbiamo batterci ogni giorno per la libertà di stampa. Non saremo mai schiavi di nessuno. Anche se vorrei che fossimo più uniti nel difendere i valori che sono alla base della nostra professione.

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