Bosnia Erzegovina, la conta impossibile
Pubblicare i risultati del censimento del 2013 si sta rivelando un incubo per le autorità bosniache. E la scadenza ultima fissata per legge, 1 luglio, si sta avvicinando
Il primo censimento effettuato da quando la Bosnia Erzegovina è diventata uno stato indipendente è stato svolto quasi tre anni fa, nell’ottobre 2013. Pubblicare i risultati, però, sembra rimanere una missione impossibile per le autorità locali.
A paralizzare la pubblicazione dei risultati completi (gli unici disponibili, fino a questo momento, sono infatti quelli relativi alla distribuzione degli abitanti sul territorio) è stata finora una disputa procedurale tra l’Istituto statistico della Republika Srpska, da una parte, e le agenzie statistiche a livello nazionale e della Federazione di Bosnia Erzegovina dall’altra.
Quali residenti
I rappresentanti delle tre agenzie, riuniti nell’Ufficio centrale del censimento, non sono infatti ancora riusciti a dirimere la controversia che riguarda la definizione dello status di residente di una determinata regione geografica. Ai sensi della legge sul censimento, infatti, coloro che al momento della compilazione dei questionari fossero presenti sul territorio per meno di 12 mesi, o che prevedessero di non esserlo nei 12 mesi successivi, avrebbero dovuto essere inclusi nel numero dei residenti, seppure a titolo di "persone temporaneamente assenti".
Una norma che le autorità della Republika Srpska oggi contestano, sostenendo che debba essere considerato come residente di un territorio solamente chi vi lavora o vi studia stabilmente. Un principio "che permetterebbe di avere un quadro più realistico della popolazione effettivamente presente in un territorio", secondo i responsabili dell’Istituto statistico di Banja Luka . Ma che potrebbe portare, nei fatti, alla cancellazione di circa 400.000 residenti dal territorio bosniaco, in maggioranza vittime della pulizia etnica degli anni novanta che hanno "fatto ritorno" in RS soltanto nominalmente, conducendo di fatto la propria vita all’estero.
La cancellazione non influirebbe, avvertono gli esperti, su molti dei diritti di questi individui (su tutti, il diritto di voto in Bosnia Erzegovina), ma essa potrebbe però avere notevoli effetti secondari sugli equilibri di potere nel paese, che attraverso Dayton vengono risolti (soprattutto quando si tratta dei membri di diverse etnie da impiegare nella pubblica amministrazione) con riferimento al censimento del 1991.
Proposte come quella avanzata da Džerard Selman, presidente della Corte costituzionale della RS, di rivedere la costituzione dell’entità dopo che i risultati del referendum saranno resi noti, sembrano poco plausibili. Però in altri settori, come per esempio nelle quote da assicurare ai diversi gruppi etnici all’interno della polizia locale, il censimento potrebbe avere degli importanti effetti concreti.
Se da una parte le richieste di Banja Luka potrebbero apparire giustificate (difficile, in effetti, considerare come residente in Bosnia Erzegovina qualcuno che lavora e vive in Svezia o Germania), dall’altra però il loro tempismo lascia interdetti, commenta il politologo Aleksandar Trifunović, redattore in capo di Buka, per Osservatorio: "Per quanto dispiaccia, in effetti è difficile giustificare il fatto che qualcuno che vive e lavora all’estero sia considerato residente qui", sostiene Trifunović, notando però che "la legge a questo riguardo è chiara", e che non si capisce "perché questi problemi non siano stati discussi all’inizio, invece di bloccare i risultati per mesi".
Che fare?
In effetti, nonostante l’ottimismo del febbraio scorso, sembra che un accordo sulla metodologia da seguire nell’elaborazione dei dati sia ancora estremamente distante. All’inizio di febbraio, infatti, una missione di esperti di EUROSTAT si era recata a Sarajevo e, dopo avere organizzato una serie di incontri con gli esperti delle agenzie statistiche locali, aveva elaborato un’agenda che, se rispettata, avrebbe permesso la pubblicazione dei risultati entro il 1 luglio – la scadenza ultima entro cui essa deve essere eseguita, secondo la legge sul censimento. Una tale agenda, tuttavia, prevedeva che l’Ufficio centrale del censimento adottasse una metodologia comune entro il 15 marzo scorso. Fino a questo momento, ciò non è avvenuto. Al contrario, i responsabili delle tre agenzie statistiche sono rimasti fissi sulle proprie posizioni di partenza. L’ultima riunione del gruppo di lavoro, che era prevista per la scorsa settima a Sarajevo, alla fine è stata persino annullata.
E così, quasi tre anni dopo la compilazione dei questionari, una situazione che fino a questo momento era stata, più che altro, fonte di un rassegnato sarcasmo ("erano stati più rapidi gli austriaci un secolo fa", commentava Radio Slobodna Evropa a fine 2015), comincia a diventare inquietante. Lo scorso mese il ministro degli Affari civili bosniaco, Adil Osmanović, ha persino suggerito che i risultati del censimento potrebbero essere dichiarati "invalidi" se non verrà rispettata la scadenza legale per la loro pubblicazione, il che significherà aver sprecato 50 milioni di marchi [25 milioni di euro circa] e, soprattutto, non avere eseguito un compito amministrativo semplicissimo e al quale l’Unione europea attribuisce un’importanza essenziale (essendo il censimento alla base delle più elementari politiche sociali ed economiche).
Il problema principale è che, nel dettaglio, la legge si preoccupa di fissare la scadenza per la pubblicazione dei risultati del censimento, ma non contiene nessuna norma che possa aiutare a capire cosa potrebbe accadere qualora essa non venga rispettata: il censimento sarà annullato? I risultati potranno essere ancora pubblicati, risultando però "inaffidabili"? Oppure, trattandosi di una legge statale, il parlamento può teoricamente votare per modificare la legge così da permettere la pubblicazione dei dati anche dopo il 1 luglio?
Eurostat
A queste domande, purtroppo, nessuna delle parti interessate sa dare al momento una risposta chiara, preferendo rassicurare l’opinione pubblica sostenendo che i dati saranno pubblicati entro la scadenza prevista. Mirsada Adembegović, la portavoce dell’Agenzia statistica della Bosnia Erzegovina, ha dichiarato a Osservatorio che una soluzione "potrebbe essere quella di pubblicare i risultati del censimento a scaglioni: prima del 1 luglio si procederebbe alla pubblicazione dei risultati meno controversi, rinviando gli altri a un momento successivo".
Se un compromesso non si troverà, aveva dichiarato la stessa Adembegović a Balkan Insight, l’agenzia statistica bosniaca potrebbe chiedere al Consiglio dei ministri di trovare una soluzione, inclusa la possibilità di domandare direttamente a EUROSTAT di terminare il lavoro che le istituzioni bosniache, le stesse che avevano trionfalmente presentato la domanda d’integrazione all’Unione europea il 15 febbraio scorso, non sembrano essere in condizione di portare a termine. Ma è un’idea che i responsabili di EUROSTAT rigettano: "EUROSTAT ha fornito tutta la possibile supervisione e tutti gli input che potevano essere dati", sottolinea Baiba Grandovska, responsabile della comunicazione dell’EUROSTAT. "La decisione di pubblicare i risultati o di modificare la legge sul censimento è di competenza esclusiva delle autorità nazionali della Bosnia ed Erzegovina".
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