Bosnia-Erzegovina: fra rientri e volontà di partire
Sfollati e rifugiati serbi rientranti nella Bosnia centrale saranno assistiti da un nuovo ufficio aperto dalla Republika Srpska a Tuzla. Ma intanto il 70% dei giovani dell’entità bosniaca vorrebbe lasciare il suo paese.
Gli Accordi di Dayton di fatto riconobbero la situazione militare sul campo, formalizzandola con la creazione di due Entità, la Republika Srpska da una parte e la Federazione dall’altra. La Bosnia Erzegovina era stata divisa in zone etnicamente omogenee. Un solo elemento, sottolineato fortemente negli stessi Accordi, poteva scardinare questa situazione: il ritorno delle minoranze.
Il processo dei rientri in Bosnia-Erzegovina, nonostante se ne parli poco, sta ancora avvenendo ed è fortemente correlato a processi simili in altri Paesi dell’ex-Jugoslavia, ad esempio nelle Krajne croate. Molti sono stati gli insuccessi ma vi sono anche rilevanti successi, quali ad esempio il ritorno di più di 6.000 bosniaco-musulmani nell’area di Prijedor, città conosciuta per i campi di concentramento di Omarska, Trnopoljie e Keraterm ora tra i simboli del rientro di minoranze.
Il 30 ottobre il ministro per i rifugiati e gli sfollati della Republika Srpska, Mico Micic, ha inaugurato a Tuzla, Bosnia centrale, un ufficio di consulenza legale a favore dei serbi rientranti nella stessa Tuzla, a Bijeljina ed a Zvornik. "Spero che questo ufficio non si limiti a fornire aiuto e consulenza per quanto riguarda i diritti sulle proprietà dovute abbandonare durante il conflitto" ha dichiarato il ministro "abbiamo infatti l’esperienza rilevante dell’ufficio già aperto a Sarajevo dove vengono fornite informazioni ed aiuto anche per quanto riguarda l’aspetto sanitario, le pensioni, e tutta una serie di servizi importanti per garantire i diritti fondamentali in seguito al rientro". Micic si è tra le altre cose augurato che l’ufficio possa promuovere vari progetti di ricostruzione che andrebbero a vantaggio dei serbi che desiderano rientrare ma anche dei musulmano-bosniaci intenzionati a ritornare in Republika Srpska.
All’inaugurazione erano presenti anche le autorità bosniache. Fadil Banjanovic, tra i maggiori responsabili a Tuzla su questioni quali la ricostruzione, lo sviluppo ed il rientro, ha affermato che "l’apertura dell’ufficio è stato un segno di buona volontà da parte della autorità della Republika Srpska. L’ufficio si coordinerà strettamente con le istituzioni di Tuzla e Cantonali. Si lavorerà insieme per favorire i rientri incrociati" (Srna, 30.10).
Notizie meno incoraggianti arrivano invece dalla Croazia. Branko Todorovic, presidente del Comitato di Helsinki per i Diritti Umani della Republika Srpska, ha denunciato la sistematica violazione dei diritti umani dei serbi rientranti nelle Krajne. "In particolare si violano i loro diritti di proprietà e si rallenta il processo di rientro iniziando processi contro i serbi accusandoli di crimini di guerra" ha affermato in una conferenza stampa il 31 ottobre a Banja Luka. Ha invocato in merito a quest’ultima questione il rispetto di appropriate procedure dichiarando che "la comunità internazionale dovrebbe porre la dovuta pressione sul governo croato affinché le corti nazionali richiedano, prima di avviare processi in merito a crimini di guerra, l’autorizzazione del tribunale dell’Aja" . Ha inoltre ribadito che molta strada è ancora da fare in Bosnia Erzegovina prima di raggiungere un’effettiva libertà religiosa ed ha voluto sottolineare come giornalmente molti serbi originari delle Krajne croate si rechino presso gli uffici del Comitato di Helsinki per denunciare violazioni dei propri diritti fondamentali (Beta, 31.10).
Il forte desiderio di sfollati e rifugiati di rientrare nelle proprie case dovute abbandonare durante la guerra è comune soprattutto tra gli anziani. I giovani tendono invece a restare dove sono o a cercare una via verso l’estero. Diffuso è infatti il desiderio di lasciare la Bosnia-Erzegovina. L’ufficio OSCE di Banja Luka ha organizzato, lo scorso 1 novembre un incontro pubblico dal titolo "I giovani vanno via" dove sono state presentate alcune recenti indagini compiute in Republika Srpska in merito a quest’aspetto peculiare che affligge la società bosniaca. I risultati delle inchieste sono allarmanti. Il 70% degli studenti delle scuole superiori interpellati ha dichiarato che desidera abbandonare la Republika Srpska perché teme restando di non poter soddisfare i propri bisogni e aspirazioni. Solo il 15% degli studenti ha affermato che non abbandonerebbe mai il proprio Paese.
Dragoliub Krneta, ricercatore indipendente, ha evidenziato come la situazione economica e politica sia ancora molto difficile e la percezione dei giovani riguardante il futuro della Republika Srpska negativa. In un’indagine condotta nel giungo di quest’anno il 7% degli studenti delle superiori si dichiarava molto spaventato dalla situazione attuale mentre il 48% si dichiarava preoccupato. "Il periodo che stiamo attraversando è molto difficile" ha dichiarato Krneta "è ovvio che una delle conseguenze è che i giovani desiderano andarsene per realizzarsi altrove".
Un drammatico rincorrersi tra difficili rientri e difficili partenze.
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