Bosnia Erzegovina: è arrivato lo zio d’America
Gli USA tornano ad occuparsi della BiH, organizzando un incontro a Bruxelles con i leader politici degli 8 principali partiti della Bosnia, al centro dei colloqui le modifiche costituzionali. Ma i risultati della tre giorni non sono stati all’altezza delle ambiziose aspettative
Era arrivata come un fulmine a ciel sereno. Lo United States Institute for Peace (USIP) aveva annunciato giovedì 10 novembre di aver preparato una nuova versione della costituzione bosniaca. La bozza di costituzione, redatta nel corso di sette mesi, godrebbe anche del supporto dell’Unione Europea. I leaders degli 8 principali partiti della Bosnia ed Erzegovina erano volati a Bruxelles durante il week end del 12 e 13 novembre per discutere il piano proposto da USIP che li avrebbe dovuti obbligare a porre in atto i cambiamenti costituzionali. La tempistica era parecchio stretta, dopo le consultazioni a Bruxelles, era previsto che il 22 novembre gli stessi leader di partito volassero a Washington dove in occasione del decennale di Dayton si sarebbero impegnati a modificare la Costituzione, nel corso di una solenne cerimonia prevista di fronte al Segretario di Stato americano Condoleza Rice. Il tutto dovrebbe concludersi a marzo del 2006, in tempo per le elezioni previste per l’autunno del 2006. Ma i risultati della tre giorni di incontri a Bruxelles non sono stati all’altezza delle ambiziose aspettative.
Circolava a Sarajevo da alcuni mesi la notizia che lo United States Institute for Peace stesse lavorando su un progetto di riforma costituzionale. Ma l’attività era rimasta circondata da un’aura di mistero. Quello che si diceva era che l’USIP stesse lavorando su un progetto di riforma costituzionale e allo stesso tempo sulla commissione di verità e riconciliazione. Don Hays era il personaggio di riferimento. Don Hays, diplomatico statunitense, fino a marzo di quest’anno aveva ricoperto la carica di Principal Deputy High Representative, uno dei vice dell’Alto Rappresentante Paddy Ashdown. Hays è un altro di quei diplomatici che è stato conquistato dalla Bosnia e dalle complessità del paese. Una volta lasciato l’Ufficio dell’Alto Rappresentante Donald Hays aveva continuato a seguire le vicende bosniache e si era appunto impegnato nel progetto di riforma costituzionale.
La bozza di nuova costituzione, secondo quanto era emerso negli ultimi giorni, prevedeva infatti un presidente unico, con due vicepresidenti, un consiglio dei ministri o governo (la bozza di testo ha lasciato questo punto insoluto) e un parlamento bicamerale. Il testo poneva l’enfasi sui diritti individuali dei cittadini, anziché sui diritti collettivi dei diversi popoli costituenti come previsto a Dayton. Come confermato da Olli Rehn alla stampa, la bozza non prevedeva cambiamenti alla struttura del paese e alle due entità. Secondo "The Guardian", il giornale che per primo aveva dato l’annuncio, la bozza di costituzione preparata dall’USIP non farebbe menzione dei Cantoni, che finora hanno composto la Federazione di Bosnia ed Erzegovina ed erano il risultato dell’accordo di Washington che nel 1994 terminò la guerra tra croati e bosgnacchi.
I cambiamenti alla costituzione di Dayton, col passare del tempo, sono diventati un argomento di discussione sempre più attuale. Ma cambiare la costituzione significa anche alterare l’equilibrio di posizioni e cariche che era stato raggiunto a Dayton. Se tale equilibrio aveva soddisfatto più o meno tutti, aveva allo stesso tempo creato una struttura inefficiente e un’amministrazione estremamente dispendiosa. Il rischio è che a mutare questi equilibri, si riapra il vaso di Pandora.
Lo sforzo americano, a 10 anni di distanza, ricorda quanto fu fatto a Dayton: riunire i politici bosniaci, fuori dalla Bosnia, attorno ad una bozza di documento e farli mettere d’accordo sui principi del nuovo assetto costituzionale. Come 10 anni fa, lo zio d’America è ritornato ad occuparsi della Bosnia ed Erzegovina. Già a settembre infatti, Nicholas Burns, Sotto segretario di Stato americano con compiti di seguire i Balcani, aveva sostenuto gli sforzi dell’Alto Rappresentante nell’ottenere il consenso della Republika Srpska per la riforma della polizia. Coincidenza o meno, la riforma della polizia era stata finalmente approvata dal governo della RS pochi giorni dopo. Il pragmatismo americano sembra poter essere uno strumento valido per superare la riottosità dello scenario politico bosniaco, ma rimane il dubbio su quanto possa essere efficace nel risolvere le divisioni della politica bosniaca. Senz’altro la strada imboccata da Hays sembra in controtendenza rispetto ad un processo consensuale più lento, che punti soprattutto ad un superamento dell’attuale scenario politico e che sembrava potesse essere il cammino indicato dalla conferenza di Ginevra organizzata dall’Associazione Bosnia ed Erzegovina 2005.
Ma i lavori a Bruxelles sono stati tutt’altro che facili e il risultato lascia soddisfatti a metà: il classico bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Già dai contatti iniziali coi membri dei vari partiti non era parso di notare un cambiamento delle loro posizioni.
Fin dall’inizio, le prime reazioni dei politici bosniaci, raggiunti in viaggio per Bruxelles sembravano indicare che non sarebbe stato facile raggiungere un compromesso. Mladen Ivanic del PDP aveva detto chiaramente che non avrebbe firmato nulla sotto pressione e che da parte del PDP non era accettabile una soluzione che non prevedesse l’esistenza della presidenza collegiale con gli attuali tre membri. Su posizioni analoghe si era presentato anche Dragan Cavic, il Presidente della Republika Srpska. Da parte croata invece il portavoce del HDZ aveva reso noto che non era il caso di parlare di mutamenti alla presidenza collegiale se non si cambia l’assetto interno del paese. Al termine delle prime due giornate di lavori non vi era grosso ottimismo e sembrava che i partiti si fossero trincerati sulle proprie posizioni iniziali.
Le cose sono invece andate un po’ meglio alla fine della terza giornata che ha concluso i lavori. Non si è raggiunto l’accordo, ma il negoziato continua. Le posizioni sono rimaste ancora distanti nonostante si sia registrato un avvicinamento delle parti. Da parte della Republika Srpska è stato ancora Ivanic a dichiarare che la RS è pronta ad armonizzare la Costituzione con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, ma non si è pronti a cambiamenti sostanziali e Ivanic stesso ha denunciato il tentativo di alcuni partiti della Federazione di usare le riforme costituzionali come mezzo per ottenere l’abolizione della Republika Srpska. Da parte della Federazione, per bocca di Sulejman Tihic, l’accusa che la Republika Srpska vuole solamente "cambiamenti cosmetici" e nulla di sostanziale.
Alla fine l’accordo è stato raggiunto su alcuni punti: la futura Camera dei Rappresentanti avrà 84 membri, mentre la Camera dei Popoli ne avrà 30. E’ stato anche deciso che il numero dei ministri nel consiglio dei Ministri sarà aumentato con la creazione di nuovi ministeri, tra i quali il ministro dell’Agricoltura. Tuttavia non si è potuto raggiungere l’accordo sulla presidenza e sul parlamento: mentre i partiti della Federazione vogliono l’elezione diretta del presidente, i partiti della Republika Srpska vogliono che il Presidente venga scelto dalle entità.
Come detto i negoziati continueranno a Washington. Forse il successo più importante di questo blitz americano è il fatto che i negoziati siano iniziati e che le parti si siano avvicinate tra loro. Secondo il leader del SDP Lagumdzija, le possibilità di raggiungere un accordo sono ora del 50%, mentre alcuni mesi fa erano sensibilmente minori. Donald Hays, la mente degli incontri di Bruxelles, ritiene infatti che sia un successo che gli incontri si siano tenuti e che per la prima volta dopo dieci anni i leaders dei principali partiti di Dayton si siano incontrati per discutere ampliamenti costituzionali….
Come si suol dire…. "to be continued…"
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