Bosnia Erzegovina: diritto di cronaca questo sconosciuto
Lo scorso 6 marzo la giornalista bosniaca Nidžara Ahmetašević è stata posta in stato di fermo da parte della polizia di Sarajevo per aver filmato dei poliziotti che assegnavano una multa per divieto di sosta. Il dibattito nel paese
(Originariamente pubblicato da Media Centar di Sarajevo, il 7 marzo 2021)
Mentre l’opinione pubblica e i giornalisti bosniaco-erzegovesi aspettano che vengano resi noti tutti i dettagli e i motivi per cui Nidžara Ahmetašević è stata fermata a Sarajevo, dalle informazioni finora disponibili emerge chiaramente che l’agente di polizia che ha ordinato il fermo della giornalista non conosce bene le disposizioni su riprese fotografiche e video nei luoghi pubblici.
Lo scorso sabato, dopo essere stata posta in stato di fermo, Nidžara Ahmetašević ha pubblicato un video che mostra alcuni momenti della discussione che ha preceduto il fermo. Il video mette a nudo uno dei principali aspetti problematici che caratterizzano l’atteggiamento delle forze dell’ordine nei confronti dei giornalisti e dei cittadini, cioè il fatto che gli agenti di polizia non sono abituati all’idea che il loro operato possa essere sottoposto al controllo da parte dei giornalisti e dell’opinione pubblica e a volte, come nel caso di Nidžara Ahmetašević, accusano i giornalisti che li filmano di violare la legge, nonostante non si tratti di un reato.
“Ci sta filmando per tutto il tempo”, dice uno degli agenti di polizia, Senad Hebib, nel video pubblicato sulla pagina Facebook dell’organizzazione Transbalkanska solidarnost [Solidarietà Transbalcanica] anch’essa, al pari di Nidžara Ahmetašević, impegnata nella difesa dei diritti dei migranti e rifugiati.
Alla domanda di Nidžara Ahmetašević se sia vietato filmare le forze dell’ordine, l’agente di polizia – invece di fornirle una spiegazione chiara, citando le norme pertinenti – ha risposto ordinandole di rimanere ferma. La discussione che ne è seguita ha evidenziato una preoccupante ignoranza della legge da parte dell’agente di polizia che ha assunto un atteggiamento poco rispettoso nei confronti della giornalista.
Alla domanda della giornalista sul perché abbia deciso di metterla in stato di fermo, l’agente ha risposto senza esitazione: “Perché mi sta filmando, è un comportamento illecito”.
Quando poi Ahmetašević ha sottolineato ancora una volta che filmare la polizia non è vietato per legge, l’agente, pur non avendo contestato tale affermazione, ha continuato ad insistere sulla necessità di porre la giornalista in stato di fermo, citando però un altro motivo per cui il fermo si sarebbe reso necessario.
“Va bene, ne parleremo alla stazione di polizia. Lei sta ostacolando l’attività di un pubblico ufficiale”, ha affermato il poliziotto.
Il resto della conversazione la dice lunga sull’atteggiamento di quel pubblico ufficiale nei confronti della giornalista.
Ahmetašević: "Non la sto ostacolando. Sto solo filmando".
Poliziotto: "Non importa. Può filmare quello che vuole".
Ahmetašević: "Filmare non è vietato per legge!"
Poliziotto: "È vietato ostacolare l’operato di un pubblico ufficiale".
Ahmetašević: "Ma non l’ho nemmeno toccata, non ho fatto nulla".
La giornalista ha poi chiesto chiarimenti sul perché non potesse allontanarsi, ma l’agente di polizia ancora una volta si è rifiutato di fornirle una spiegazione chiara, affermando: “Perché un poliziotto le ha ordinato di non farlo. Può comportarsi così a casa sua”.
Quasi tutte le affermazioni pronunciate dall’agente Hebib e dal suo collega che ha messo le manette a Nidžara Ahmetašević durante il fermo sono in contrasto con le leggi nazionali, con il codice etico della polizia e con le raccomandazioni delle organizzazioni internazionali sul comportamento degli agenti di polizia nei confronti dei giornalisti e dei cittadini impegnati nel controllare l’operato delle forze dell’ordine.
Il fermo di Nidžara Ahmetašević ha spinto molti giornalisti bosniaco-erzegovesi a sollevare la seguente domanda: Perché dobbiamo così spesso ricordare alle autorità, compresa la polizia, qual è il giusto comportamento da adottare nei confronti dei giornalisti e in quali occasioni è lecito filmare le attività degli agenti di polizia?
Nelle loro reazioni al fermo di Nidžara Ahmetašević, né il capo della polizia né il primo ministro del cantone di Sarajevo hanno menzionato il fatto che il video girato dalla giornalista rivela una preoccupante ignoranza degli agenti di polizia sulle modalità di esercizio della professione giornalistica e sulla questione della vigilanza della società civile sull’operato delle forze dell’ordine.
La normativa bosniaco-erzegovese, le convenzioni internazionali e gli esperti in materia ormai da tempo hanno risolto la questione della liceità o meno delle riprese foto e video degli agenti di polizia nell’esercizio delle loro funzioni in luoghi pubblici.
Quando è consentito filmare le forze dell’ordine?
In Bosnia Erzegovina i giornalisti e i fotografi possono filmare e fotografare gli agenti di polizia senza dover chiedere alcuna autorizzazione, tranne che nei casi in cui sussistano motivi di pubblica sicurezza o vincoli derivanti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nei casi in cui la polizia decida di delimitare una scena del crimine per proteggere le fonti di prova e nei casi in cui sia necessario proteggere la privacy dei cittadini, in particolare dei minori.
Anche l’Osce, nelle sue raccomandazioni indirizzate alle forze dell’ordine sul comportamento da adottare nei confronti dei giornalisti, ha sottolineato che questi ultimi possono fotografare, filmare, osservare, realizzare interviste e servizi sulle attività degli agenti di polizia senza dover chiedere alcuna autorizzazione.
Secondo la normativa vigente nel cantone di Sarajevo, gli spazi pubblici comprendono, tra l’altro, strade e marciapiedi. Nidžara Ahmetasević ha cercato di filmare gli agenti di polizia proprio mentre su un marciapiede stavano dando una multa per divieto di sosta ad un cittadino di Sarajevo.
L’art. 189 del Codice penale della Federazione BiH recita: "Chi fotografa, filma o riprende in un altro modo una persona senza il suo consenso all’interno della sua abitazione, o chi diffonde tali immagini ad un soggetto terzo, o chi mostra tali immagini o consente ad un soggetto terzo di prenderne visione, è punito con una pena pecuniaria o con una pena di reclusione fino a tre anni”.
Questa norma riguarda i luoghi privati, cioè le interferenze illecite nella vita privata, e non può in alcun modo essere applicata ai luoghi pubblici e alle attività istituzionali della polizia.
Solo in pochi casi è richiesta un’autorizzazione per filmare in luoghi pubblici, ad esempio qualora vi fosse un divieto, emesso da un’autorità pubblica, di fotografare un edificio, come caserme, ambasciate, grandi impianti idroelettrici, etc. È vietato anche fotografare e filmare una scena del crimine qualora vi fosse il rischio che tali azioni possano compromettere le indagini. Il codice deontologico vieta ai giornalisti e fotografi di riprendere un minorenne senza il consenso dei suoi genitori e nelle situazioni in cui tale azione possa mettere a rischio la vita privata e la salute del minorenne. Le interferenze nella vita privata sono consentite solo se giustificate da un interesse pubblico, per cui è vietato fotografare, da un luogo pubblico, una persona in un luogo privato senza il suo consenso o senza il consenso del proprietario dell’edifico in cui si trova quella persona.
Nessuna delle disposizioni di cui sopra può essere applicata al caso di Nidžara Ahmetašević.
Nidžara è stata rilasciata nel tardo pomeriggio di sabato 6 marzo e ora si aspetta la decisione della polizia se procedere o meno nei suoi confronti. Nel frattempo il ministero dell’Interno del cantone di Sarajevo ha fatto sapere di aver aperto un’indagine interna nei confronti dei due agenti di polizia che hanno fermato Nidžara.
Questa non è la prima volta che Nidžara subisce intimidazioni a causa delle sue critiche e della sua insistenza sulla necessità di monitorare l’operato della polizia. Si tratta però di un preoccupante caso di fermo per le presunte riprese illecite. Dalla reazione dell’opinione pubblica e dei giornalisti dipenderà se il comportamento delle forze dell’ordine a cui abbiamo assistito durante il fermo di Nidžara Ahmetašević diventerà prassi comune oppure gli agenti di polizia dovranno abituarsi all’idea di poter essere controllati nello svolgimento delle loro funzioni per motivi di interesse pubblico.
Il primo scenario comporterebbe restrizioni alle libertà personali dei cittadini, mentre il secondo scenario porterebbe al rafforzamento della società democratica e a una maggiore trasparenza dell’operato della polizia.
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