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Bosnia Erzegovina: biologico dal basso

Il settore biologico in Bosnia Erzegovina si fonda su iniziative provenienti dal basso, dalla società civile e da privati cittadini, capaci di superare la confusione che caratterizza le istituzioni in materia. Settima parte della nostra indagine sul biologico nel sud-est Europa

28/04/2011, Matteo Vittuari -

Bosnia-Erzegovina-biologico-dal-basso

Stallo istituzionale

A volte la società civile si muove più rapidamente della politica. È un po’ la storia del biologico in Bosnia Erzegovina dove l’approvazione di una legge quadro, destinata a regolare il settore, si continua a perdere tra le tensioni che animano i rapporti tra le due Entità che la costituiscono e l’immobilità di uno Stato centrale che non ha mai realmente funzionato.

Una legge quadro, basata sul Regolamento CEE 2092/91 e non aggiornata all’834/2007, è a dire il vero stata approvata in Republika Srpska, una delle due Entità costitutive della Bosnia Erzegovina, mentre esiste solo in forma di bozza – e quindi senza alcun valore giuridico – in Federazione e a livello statale.

Bio dal basso, le origini

Alla paralisi istituzionale fa invece da contraltare un particolare dinamismo in questo settore di organizzazioni della società civile e privati cittadini, a testimonianza della crescente stanchezza verso un mondo politico che continua a rimanere bloccato in posizioni fondate su divisioni più o meno artificiali.

In Bosnia la storia del biologico inizia attorno alla metà degli anni ’90 con la creazione, da parte di un gruppo di ricercatori della Facoltà di Agraria dell’Università di Sarajevo, dell’associazione BETA ("Bosnian Environmental Technologies Association") che si attiva promuovendo una serie di iniziative finalizzate all’introduzione dei principi e dei valori del bio. Nel 2000 BETA entra anche in un progetto per la promozione del biologico a livello regionale ("Introduction of organic farming and low input sustainable agriculture in the Balkan countries") avviato dalla fondazione olandese Avalon nel 1999.

Grazie alle attività di BETA, e al sostegno della cooperazione svedese (SIDA – Swedish International Development Cooperation Agency), nel 2002 viene fondata Organsko, l’associazione bosniaca dei produttori biologici, che oggi conta circa 100 membri tra produttori (certificati e in conversione), trasformatori, distributori ed esperti di settore. Sempre attraverso SIDA, tra il 2001 e la fine del 2005, la svedese Grolink porta avanti un progetto di sviluppo dell’agricoltura biologica in Bosnia Erzegovina ("Development of Organic Agriculture in Bosnia Herzegovina – BiHOP"), che consente ulteriori passi avanti nella diffusione delle pratiche di agricoltura biologica tra i produttori. La collaborazione tra SIDA e Grolink viene poi riproposta nella componente legata al biologico (sviluppo del mercato per i prodotti biologici) del progetto FARMA ("Fostering Agricultural Markets Activity") finanziato dalla cooperazione svedese e dalla cooperazione statunitense (USAID – United States Agency for international Development), un altro attore estremamente attivo nel settore agroalimentare bosniaco.

Quasi contemporaneamente, nel 2005, l’organizzazione non governativa LIR  ("Local Development Initiative") avvia un progetto di sviluppo dell’agricoltura biologica tramite la creazione di un cluster per l’agricoltura biologica nella Bosnia Erzegovina nord-occidentale, finanziato dall’Unione europea attraverso il programma CARDS e finalizzato al rafforzamento della filiera biologica nel territorio dell’Agenzia di Sviluppo Regionale della Bosnia nord-occidentale – ARDA. Ed è la stessa ARDA a prendere parte al progetto Bioadria, finanziato attraverso fondi Interreg e finalizzato ad attivare una cooperazione regionale tra associazioni di produttori agricoli biologici, attraverso un partenariato che coinvolge associazioni di entrambe le sponde dell’Adriatico.

Certificato bio BiH

Certificato biologico Bosnia Erzegovina

Certificazione

Il primo, e fino ad oggi unico, organismo di certificazione ("Organska Kontrola") è stato creato nel 2004 dall’Associazione OK, fondata nel 2002. Nel 2007 OK ha firmato un contratto con IOAS ("International Organic Accreditation Service") e, più recentemente, ha ottenuto l’accreditamento IFOAM ("International Foundation for Organic Agriculture") e ISO/IEC65 (Requisiti generali relativi agli organismi che operano nei sistemi di certificazione dei prodotti). OK, che certifica tutti e 39 gli operatori bio bosniaci, collabora anche con KRAV (la più importante organizzazione che si occupa di certificazione in agricoltura biologica in Svezia) e ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale), conduce ispezioni e rilascia certificazioni conformi alla normativa europea e a quella statunitense (NOP – "National Organic Programme").

I dati indicano che in Bosnia nel 2009 la superficie agricola a biologico è stata di 691 ettari, con oltre 220.000 ettari destinati alla raccolta di piante medicinali, piccoli frutti e funghi. Complessivamente la produzione dei 39 operatori certificati, destinata al mercato europeo, per valore commerciale ha superato 1,3 milioni di euro. Questo a fronte di un supporto pubblico ancora decisamente limitato e basato su aiuti diretti, legati alla dimensione degli appezzamenti, e su un contributo erogato a parziale copertura delle spese di certificazione.

Le problematiche, il caso apicoltura

Come negli altri Paesi della regione, il biologico è caratterizzato da problemi sia sul lato dell’offerta – in molti casi i produttori locali non riescono a raggiungere quantità sufficienti, sia sul lato della domanda interna – consumatori ancora scarsamente consapevoli e spesso con un potere di acquisto limitato.

Un settore che seppur di nicchia – conta per circa l’1% della produzione agricola complessiva – è estremamente interessante in prospettiva e in buona parte rappresentativo di alcune delle contraddizioni che caratterizzano l’agroalimentare bosniaco, è l’apicoltura: circa 350.000 colonie (Agenzia per le statistiche della BiH – BHAS, 2009), una produzione complessiva che varia tra 2.500 e 3.000 tonnellate per anno, pochi produttori medio-grandi e meno del 30% del miele venduto attraverso canali ufficiali.

La maggior parte dei produttori, di piccole e piccolissime dimensioni, sceglie di continuare a vendere i propri prodotti nei mercatini e in reti familiari, vuoi perché non raggiunge una dimensione che consenta di trovare accordi con i supermercati, vuoi perché l’accesso alla grande distribuzione organizzata richiederebbe di essere registrati, migliorare il packaging e condurre analisi periodiche sul prodotto.

Una filiera così frammentata, e disordinata, fatica ad essere competitiva con le produzioni provenienti dai Paesi vicini (Croazia e Slovenia soprattutto) che arrivano a coprire fino al 20-25% del mercato bosniaco (le importazioni di miele variano tra 500 e 1000 tonnellate a seconda degli anni).

Chi c’è riuscito

Nonostante queste difficoltà, nel settore si registrano alcune eccellenze, come le aziende (tra cui la Cooperativa Api-Med di Sanski Most, Admir Halilović di Sarajevo e Amir Demirović di Sanski Most) che hanno ottenuto certificazione bio. La mancanza di fondi pubblici risulta particolarmente critica in un settore dove poche aziende moderne e competitive continuano a essere circondate da una moltitudine di piccole unità che non riescono a superare una vocazione prevalentemente orientata alla sussistenza, ma che, seppur con mille difficoltà, riescono a sopravvivere, continuando a garantire importanti integrazioni di reddito alle famiglie impegnate nel settore.

Ed è su queste iniziative individuali che si fonda il biologico bosniaco. Storie dal basso che hanno, almeno in parte, permesso di superare la confusione che caratterizza le istituzioni. È il caso dei produttori di funghi bio dell’azienda Mushroom d.o.o. di Čelinac o dei produttori di farina di grano saraceno, tinture e miele di Heljda Eko. Ma anche dei 6 produttori (Elmar d.o.o. Trebinje, Elmar-Aroma Care Bileća, Halilović d.o.o. Ilijaš, Roing d.o.o. Ljubuški, Anđelić d.o.o.Trebinje e Smrčak d.o.o. Zvornik) che, grazie al supporto di USAID, SIDA, Cooperazione svizzera (Programma SIPPO – "Swiss Import Promotion Programme"), della Camera per il Commercio Estero della Bosnia Erzegovina e dell’Agenzia bosniaca per la Promozione delle Esportazioni, sono riusciti a essere presenti a BioFach ("World Organic Trade Fair") 2010 e 2011. O di chi ha creduto nella possibilità di investire in un modo alternativo di fare ristorazione, come Vegehana, caffè vegetariano/biologico, che propone una cucina creativa in competizione con le  čevapdžinice del centro di Sarajevo. 

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