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Bosnia Erzegovina: a chi interessano le comunità locali?

A pochi giorni dalle amministrative, che si terranno il prossimo 2 ottobre, nella campagna elettorale dominano temi che nulla hanno a che fare con lo sviluppo dei territori

29/09/2016, Adis Šušnjar - Sarajevo

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La campagna elettorale in Bosnia Erzegovina, per le elezioni locali, sta entrando nei suoi giorni finali. Si voterà domenica e i cittadini saranno chiamati a scegliere tra 451 vari soggetti politici – partiti e candidati indipendenti – nessuno dei quali però porta grandi novità rispetto al passato.

Gli analisti politici concordano tra loro sul fatto che non sono probabili grandi cambiamenti sulla scena politica bosniaca dato che i partiti di opposizione non garantiscono visioni alternative e i partiti nazionalisti al potere possono contare su un elettorato tradizionale compatto.

Tutto questo probabilmente porterà ad un alto astensionismo.

Temi locali? Macché

Invece di concentrarsi su strategie e piani concreti per cambiare la situazione a livello locale, l’attuale campagna elettorale è stata segnata da questioni che nulla hanno a che fare con i temi locali. Questo è stato strumentale all’intensificarsi della retorica nazionalista da parte dei tre principali partiti nazionalisti al potere – l’SDA tra i bosgnacchi, l’HDZ per la comunità croata e l’SNSD in Republika Srpska – e anche da parte dei numerosi partiti attualmente all’opposizione.

Srdjan Puhalo, analista politico e blogger di Banja Luka, interpellato da OBC Transeuropa, ha evidenziato che più che ad una campagna per le elezioni locali, sembra ci si stia preparando per votare alle politiche e che dominano temi del tutto irrilevanti rispetto alle comunità locali.

“Domina la retorica nazionalista ed i media sono arrivati a rievocare la guerra. Ma la campagna elettorale è noiosa perché tutti i partiti politici si sono già bruciati, negli anni, le loro promesse. Questa volta abbiamo assistito a meno promesse ma a più cerimonie di posa della prima pietra”, sottolinea Puhalo.

Manifesti elettorali a Sarajevo (foto A. Šušnjar)

Manifesti elettorali a Sarajevo (foto A. Šušnjar)

“A mio avviso nulla cambierà drasticamente. Nella Federazione i candidati della coalizione SDA-SBB da una parte e dell’HDZ dall’altro hanno le maggiori probabilità di affermarsi. In Republika Srpska potrebbero esserci più cambiamenti ma anche se i partiti attualmente all’opposizione riuscissero ad arrivare ai governi locali nulla cambierà, perché adottano le stesse politiche dell’SNSD”, conclude l’analista.

Il fatto che i temi legati alle comunità locali e ai diritti di cittadinanza siano rimasti al margine della campagna elettorale preoccupa anche i rappresentanti della società civile.

“E’ stata creata dai partiti politici un’atmosfera per la quale la gente è ritornata ad avere paura della guerra e così ci si dimentica di occuparsi della vita delle persone”, afferma Vehid Šehić, attivista della Coalizione per elezioni giuste e libere –Pod lupom “i partiti sono divenuti gruppi di interesse che hanno perso un quadro ideologico di riferimento”.

Proprio per questo, secondo Šehić, in Bosnia Erzegovina non vi sarebbe più grande differenza tra partiti al governo e all’opposizione. Hanno a suo avviso tutti dei programmi simili e non si riesce a distinguere tra chi ha un approccio social-democratico, da chi è liberista o conservatore.

Il referendum

Senza dubbio uno dei temi che hanno maggiormente distratto l’elettorato bosniaco dalle amministrative è stato il referendum promosso in Republika Srpska sulla Giornata della nazione e tenutosi domenica, nonostante la Corte costituzionale bosniaca avesse espresso il suo giudizio di incostituzionalità rispetto alla festa del 9 gennaio, secondo i giudici “discriminatoria nei confronti dei non-serbi”.

I voti favorevoli al mantenimento della Giornata nazionale sono stati il 99,81%, quelli contrari0,19%. L’affluenza alle urne si è attestata al 55,67%.

Il quesito referendario ha approfondito lo scontro politico e istituzionale in Bosnia, suscitando preoccupazioni nella comunità internazionale che lo ha interpretato come un primo possibile passo verso la disgregazione della BiH. Del resto lo stesso Dodik ha confermato la possibilità di ricorrere a nuovi referendum “per evitare che il popolo serbo perda la possibilità di poter decidere” del proprio destino.

Irregolarità e manipolazioni

L’associazione Coalizione per elezioni giuste e libere – Pod lupom ha avviato a partire dal 18 luglio, tramite sette uffici regionali e 41 osservatori, un monitoraggio della campagna elettorale rilevando varie irregolarità tra cui la manipolazione delle liste elettorali, l’utilizzo di fondi pubblici per eventi elettorali e tentativi di corruzione dei commissari elettorali.

Jovana Kljajić, portavoce dell’associazione, ha sottolineato a OBC Transeuropa che le irregolarità aumentano in modo rilevante laddove non vi sia un monitoraggio da parte delle associazioni.

“Quest’anno abbiamo rilevato maggiori violazioni delle regole rispetto agli anni precedenti" ha dichiarato Kljajić. Pod lupom ha pubblicato proprio oggi 29 settembre una relazione dettagliata sugli esiti della missione di monitoraggio.

Voto

In Federazione l’unica novità del voto potrebbe essere rappresentata dal ritorno sulla scena di due formazioni che non si rivolgono esclusivamente ad una della comunità etniche bosniache: il Partito Socialdemocratico (SDP) e il Fronte Democratico (DF).

In Republika Srpska si contenderanno i voti l’SNDS di Milorad Dodik, l’Alleanza Democratica Nazionale (DNS), il Partito socialista (SP) e l’Alleanza per il cambiamento capeggiata dal Partito Democratico della Srpska (SDS).

Alle aministrative del 2 ottobre scenderanno in campo 103 partiti politici, 188 tra candidati indipendenti e liste di candidati indipendenti, 58 candidati rappresentanti delle minoranze nazionali in rappresentanza di altrettante liste civiche, 106 coalizioni. La campagna elettorale sarà ricordata per messaggi ambigui sulla tutela degli interessi nazionali e riferimenti vaghi ad un futuro migliore.

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