Bomba ecologica a Kragujevac?
Intervista a Gordana Mitić, professoressa di sociologia alla Facoltà di economia di Kragujevac e membro della ONG Eko Centar. La prof. ssa ci parla del progetto per la costruzione di un complesso per la trasformazione dei rifiuti chimici a Kragujevac
Intervista realizzata con la collaborazione di Milan Popović
Osservatorio sui Balcani: Nelle scorse settimane su alcuni media serbi sono state pubblicate diverse notizie sulla possibilità che venga costruito un centro per la trasformazione dei rifiuti chimici e medici proprio a Kragujevac. Qualcuno lo ha già definito una "bomba ecologica" nei Balcani. Concretamente di cosa si tratta e quali conseguenze potrebbe avere un progetto simile?
Gordana Mitić: La notizia sulla possibilità di costruire il centro per la trasformazione di rifiuti chimici e medici ha incontrato la sorpresa e la disapprovazione degli stessi cittadini di Kragujevac, tuttavia è evidente che un certo numero di persone desiderino la realizzazione di questo progetto. La giustificazione di tale progetto è calcolata nei supposti "significativi" effetti economici (l’impiego di 150-200 lavoratori), nel versamento di mezzi finanziari, e nella soluzione di un certo numero di problemi ecologici (in concreto la Zastava Energetike) e simili. Io ritengo che un tale progetto porti con sé molti più rischi e danni alla città e alla intera regione di quanto i suoi aspetti economici ed ecologici possano giustificare.
Oltre tutto, porterebbe ad un aumento dei rischi e della pericolosità. Perché: primo, è previsto che l’edificio abbia una capacità che oltrepassa la effettiva necessità non solo della città, ma dell’intera regione e dell’intero territorio della repubblica. Se ci fosse una "convenienza" economica, trasformerebbe molto probabilmente, in larga parte, rifiuti che non provengono da questi territori, ma molto probabilmente dall’Europa, o dai paesi confinanti. Secondo, la supposta soluzione dei problemi legati alla disoccupazione mediante la costruzione di questo complesso ad alta tecnologia e poco importante in una città in cui esiste circa il 50% di disoccupati.
I problemi esistenti legati alla Zastava Energetike devono essere risolti in tutt’altro modo, perché questo tipo di produzione energetica per il riscaldamento a distanza non deve essere costruito in ambito urbano, tra l’altro anche a causa delle inadeguate materie energetiche che si usano (68.6% carbone, 4.7% masùt, 26.7% gas).
I rischi che comporta un tale progetto sono molteplici. Primo, abbiamo uno Stato che dal punto di vista giuridico e istituzionale non è in regola (mancano adeguati strumenti giuridici ed economici) per poter avere la sicurezza riguardo la prevenzione e la capacità di seguire la continuità di tali progetti; secondo, la mancanza di adeguate strutture (prima di tutto legate al traffico, quando in questione c’è il trasporto di rifiuti pericolosi); terzo, la chiusura dei media, in particolare quando si tratta di informazioni riguardanti l’ecologia (fra l’altro, il comportamento dei media è ancora sotto una forte influenza della politica, e non c’è nemmeno una sufficiente conoscenza dei problemi ecologici da parte di giornalisti e redattori). Nonostante un monitoraggio continuo, che riguarderà un’attività a seguire, nel caso in cui i dati non fossero disponibili al pubblico, sarà difficile qualsiasi azione in tempo utile. Quarto, la corruzione è un problema presente nell’intera società e, unito ad un basso livello di coscienza ecologica e di responsabilità, potrebbe produrre effetti negativi non immaginabili, ma mi sembra che ciò stia già accadendo.
OB: A quanto pare questa iniziativa è stata promossa dagli esperti della Zastava, è così? E perché proprio da loro?
GM: Non ci sono prove certe e evidenti che l’iniziativa sia stata avanzata dagli esperti della Zastava. I loro funzionari in pubblico dicono di non essere d’accordo con tale progetto, indirizzando la gente alla Camera di commercio della città, la quale allo stesso modo ufficialmente nega e sottolinea il disaccordo su tale progetto.
I rappresentanti dell’amministrazione locale, responsabili dell’ambito ecologico, cercano di mettersi in mostra come mediatori di un dibattito pubblico con una accentuata attività di lobbying per la sola idea. Credo che sia in questione una determinata lobby nella quale operano individui di queste istituzioni, un certo numero di politici locali, ed anche singoli esperti di questo ambito, e tutti insieme cercano di far passare questo progetto. Direi che questa lobby fa parte di una lobby più ampia che è collegata con i politici e i rappresentanti delle tecno-strutture, e che oltrepassa di molto le frontiere locali.
OB: Qual è l’influenza della UE e degli altri paesi occidentali nella creazione di tale progetto, dato che l’Agenzia europea per la ricostruzione e lo sviluppo avrebbe intenzione di investire 100 milioni di euro nella costruzione del centro per la trasformazione dei materiali pericolosi?
GM: L’influenza è certamente indiscutibile e notevole, perché viene garantita un’enorme quantità di mezzi finanziari ed è ovvio che non ci si preoccupi molto dell’assenza di una sicurezza giuridica ed economica per il capitale investito, come nel caso del capitale investito nel risanamento delle attività economiche, e che per questa città avrebbe una maggiore importanza.
È ovvio che quando è in questione un tale investimento la stessa costruzione e lo sfruttamento di questo complesso garantiscono la "convenienza" del capitale investito. Gli stati dell’UE sui propri territori vantano le più moderne strutture di questo tipo, la massima garanzia e sicurezza, ma è noto che i cittadini di quei paesi non desiderano affatto tali strutture nelle proprie vicinanze, e che la possibilità di incidenti rappresenta una minaccia continua, inoltre per lo Stato il problema della gestione di questi complessi rappresenta uno dei rischi che accompagnano queste strutture.
Certamente, nel prossimo futuro, questi centri saranno parte anche del nostro destino, ma non certo di tali dimensioni, non in questo quadro istituzionale, e non con l’attuale e inadeguata posizione internazionale, economica e politica, di cui godiamo come Stato.
OB: Com’è la situazione ecologica a Kragujevac, dal momento che voi stessi avete affermato che la città rappresenta il "buco nero" della Serbia?
GM: Kragujevac, insieme con altre tre città in Serbia (Pančevo, Novi Sad e Bor), nel rapporto di UNDP e UNCHS (1999) è considerata una città con notevoli "punti scottanti" sotto il profilo ecologico, a causa dei bombardamenti (diossina e PCB), i quali solo in parte sono stati risolti, benché con notevole ritardo.
Oltre a ciò Kragujevac soffre di numerosi problemi ecologici ereditati dal precedente periodo, per i quali non è stato fatto niente di particolare, e tale situazione continua tutt’oggi, così che i problemi ecologici diventano sempre più seri. Il maggiore problema riguardante l’inquinamento dell’aria è rappresentato dalla Zastava Energetike, a causa della inadeguata dislocazione degli impianti e della inadeguata struttura del combustile impiegato. Le emissioni di SO2, CO, cenere, fuliggine superano di gran lunga le quantità consentite, specialmente durante la stagione di funzionamento del riscaldamento.
Un annoso problema è rappresentato dalla discarica a cielo aperto (non solo dei rifiuti comunali, ma anche di quelli medici), perché non è mantenuta in modo adeguato, e rappresenta un costante pericolo a causa dell’autocombustione. Kragujevac, anziché una discarica sanitaria, avrebbe più bisogno di un’industria per il riciclaggio dei rifiuti comunali, la cui prevista costruzione viene rimandata di continuo.
Per quanto riguarda le caratteristiche biologica dell’acquedotto di questo territorio, la percentuale maggiore di rifiuti ricade sulle acque di terza classe (78.2%), e il 14.4% appartiene alla quarta classe di valore. L’acqua potabile, secondo le indagini pubblicate nel 2002, è risultata batteriologicamente non idonea nello 0.3% dei campioni prelevati e nel 57% è risultata non idonea chimicamente (sulla base dei dati riferiti in "Studi sui progetti ecologici passati, attuali e futuri a Kragujevac e dintorni", la ONG Eko Centar, 2003).
Questa situazione dell’ambiente deve essere relazionata alla diffusione delle malattie epidemiche e cancerogene e delle malattie dell’apparato respiratorio, questione che in un certo modo rappresenta un tema tabù in questa città. In queste condizioni costruire un complesso per la trasformazione dei rifiuti pericolosi, significa investire in qualcosa che, in questo momento, meno che meno serve alla città, e al contempo vuol dire aumentare i rischi ecologici.
OB: … e in generale in Serbia, qual è la situazione? Il livello di inquinamento dell’acqua, dell’aria, dei fiumi, ecc.
GM: La condizione dell’ambiente a livello dell’intero Stato non è certo migliore. Non ho a disposizione i dati più recenti, perciò non voglio approfondire questa analisi, però da alcune analisi precedenti so che la minaccia di tutti i settori dell’ambiente è piuttosto alta, e in confronto al livello di sviluppo industriale ed economico è molto più insoddisfacente di ciò che ci si potrebbe aspettare.
È stato un po’ più soddisfacente il trend della riduzione dell’inquinamento atmosferico nel periodo compreso tra la fine degli anni ’80 e gli anni ’90 a causa del blocco delle industrie e del drastico calo dei prodotti industriali, ma l’inquinamento dell’acqua si è intensificato di più con l’aumento della percentuale di acquedotti di terza e quarta classe.
L’ecologia sembra essere l’ultima preoccupazione degli organi statali, mentre l’impegno in progetti ecologici è totalmente marginale rispetto alle altre voci della finanziaria. La coscienza ecologica dei cittadini è ad un livello decisamente basso. L’educazione ecologica non è adeguata, sistematica e permanente. Non rappresenta neppure un significativo segmento dell’educazione politica.
Si ritarda con la nuova legge su questo settore. Inoltre, ciò vale anche per quanto riguarda l’adozione del piano di azione a livello dei paesi membri dell’unione (SCG). Temo che da questo punto di vista non ci si debba attendere significativi cambiamenti nemmeno nel prossimo periodo.
OB: Ci sono collaborazioni tra i movimenti ecologisti di tutta la Serbia, e quale è la loro influenza sui politici del paese?
GM: Negli ultimi 10-15 anni la collaborazione tra i gruppi ecologisti, tra le iniziative civiche ecologiste, è marginale, così che non possiamo nemmeno parlare di un movimento ecologista organizzato. Alla fine degli anni ’80 e all’inizio dei ’90 l’attività dei movimenti ecologisti era significativa e riconosciuta, in particolare quella contro il nucleare, ma quel progetto ha perso la sua forza emancipatrice e propulsiva durante gli anni ’90, a causa di questioni politiche e nazionali, "più importanti", e come tali imposte ai cittadini.
OB: Collaborate con qualche movimento ecologista dell’Europa occidentale?
GM: Personalmente no, ma l’Eko Centar ha contatti con determinate istituzioni dei paesi confinanti.
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