Bogomili in Bosnia: radice comune o falso storico?
Un reportage di Tanya Mangalakova tra Sarajevo e Mostar, Srebrenica e Bijeljina. Alla ricerca della cultura dei Bogomili, eresia cristiana che secondo alcuni studiosi avrebbe lasciato forti tracce anche nell’Islam bosniaco. E come spesso accade, quando si parla di storia in Bosnia Erzegovina, le varie comunità che vi abitano faticano a trovare uno sguardo comune.
In entrambe le Entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina, la Federazione croato-musulmana e la Republika Srpska vi sono più di 50.000 lapidi medioevali chiamate in lingua locale stećci. Sono un retaggio di una corrente cristiana eretica praticata in Bosnia 5-6 secoli fa. Nell’11mo e nel 12mo secolo il Bogomilismo si è espanso molto rapidamente in Bosnia Erzegovina, ha scritto nel suo "Il Bogomilismo in Bulgaria" (Sofia, 1969) lo storico Dimitar Angelov. I Bogomili bosniaci sono noti soprattutto sotto il termine di patarins ed erano organizzati in una municipalità specifica chiamata Slavonia. Secondo il professor Angelov i Bogomili bosniaci avevano un approccio non-ortodosso ed eretico al cristianesimo, molto simile ed in molti casi identico alla fede professata dai Bogomili in Bulgaria.
Gli stećci sono un’eredità culturale e storica del Bogomilismo. Circa 6000 delle 50000 lapidi rivenute sono decorate con simboli legati alla terra, alla famiglia, al sole, alla luna, ai guerrieri ed alle danze. Molti di loro sono con tutta probabilità stati realizzati nel 14mo e 15mo secolo e sono stati rinvenuti soprattutto in Erzegovina, sud della Bosnia e in Dalmazia.
Chiesa bosniaca, un ramo dei Bogomili
I Bogomili bosniaci sarebbero stati direttamente collegati a queli bulgari. Lo afferma uno dei più noti storici croati del 19mo secolo, Franjo Racki. Il bogomilismo è stato un movimento eretico fondato nella Bulgaria medioevale nel 10mo secolo dal prete Bogumil (amato da Dio) e che poi si diffuse nei secoli successivi a Costantinopoli, in Macedonia, in alcune zone della Serbia, in Bosnia, nel sud della Francia ed in Italia. La fede dei Bogomili era basata su una visione fortemente manichea del mondo. Secondo i Bogomili Satana avrebbe avuto quasi lo stesso potere di Dio ed il mondo visibile sarebbe stata una sua creazione. L’incarnazione di Cristo sarebbe stata solo un’illusione e la sua morte fisica sulla croce non sarebbe mai avvenuta. I Bogmili hanno inoltre rinnegato molte cerimonie quali ad esempio il battesimo. Anche la croce, come simbolo, venne rifiutata. I Bogomili hanno inoltre rifiutato le chiese e l’intera gerarchia ecclesiastica. L’eresia dei Cattari, sviluppatasi nel sud della Francia tra il 12mo ed il 13mo secolo sarebbe stata direttamente influenzata dai Bogomili bulgari.
Gli stećci fanno senza dubbio parte del patrimonio culturale e storico della Bosnia attuale. Circa 25 di questi sono in mostra nel Museo storico nazionale di Sarajevo le cui strutture non sono ancora state del tutto ristrutturate dopo i danni subiti durante la guerra. Per questo ad oggi le sale sono aperte ai visitatori solo poche ore al giorno. Gli stećci sono invece collocati all’esterno, nel giardino di fronte e sul retro del museo. Secondo il solerte guardiano del museo gli stećci sono senza dubbio di origine bogomila. Quest’ultimo mi accompagna poi nella sezione archeologica relativa al medioevo dove è appesa una cartina sulla quale sono segnati tutti i luoghi nei quali sono stati rinvenuti stećci ed è subito evidente che ricoprono l’intero territorio nazionale.
Nella seconda metà del 20mo secolo sono stati in molti ad occuparsi di queste lapidi funerarie. Ad esempio l’allora direttore del Museo storico nazionale di Sarajevo, Alois Benac, nel 1964 pubblicò "Die Graber in Bosnien und der Herzegovina. Steine des Bogomilen" (Wien). Nel 1950 lo scrittore Miroslav Krleza organizzò a Parigi una mostra dedicata all’arte medioevale in Yugoslavia provocando molto interesse sul bogomilismo. Degli stećci si è occupata anche la ricercatrice bulgara Ekaterina Papazova che pubblicò nel 1971 "Bogomil gravestones in Bosnia and Herzegovina" (Sofia, "Bulgarski hudozhnik"). Secondo quest’ultima la corrente eretica dei Bogomili si sarebbe trasferita in Bosnia Erzegovina nell’11mo e 12mo secolo in conseguenza di una dura repressione che i Bogomili avrebbero subito in terra bulgara. La Papazova ha dedicato poi parte dei suoi studi ad individuare la correlazione tra il nome patarini con il quale venivano indicati i bogomili bosniaci col movimento della Pataria, sviluppatosi in Lombardia nella seconda metà dell11mo secolo, movimento che si distaccò progressivamente dalle posizioni ufficiali della Chiesa per avvicinarsi a quelle dei movimenti eretici e pauperistici. Più recentemente poi, nel 1992, l’artista e ricercatore Rudolf Kutzli (1915-1998) ha organizzato a Sarajevo una mostra di riproduzione delle forme grafiche presenti sugli stećci. Espressione, questa mostra, di un’antica passione: nel 1977 aveva infatti pubblicato "Die Bogumilen – geschichte Kunst Kultur".
La teoria dei Bogomili in Bosnia: chi la contesta
Nella Bosnia Erzegovina dei giorni nostri vi sono alcuni storici che contestano l’origine bogomila degli stećci. Uno di questi è il professor Dubravko Lovrenovic, esperto di storia medioevale e professore presso l’Università di Sarajevo, prominente intellettuale e opinionista. "I moderni medioevalisti e storici, come John Fine, Noel Malcolm e Sreĉka Jay hanno risolto la questione in modo diverso (Noel Malcolm ha contestato la teoria dei Bogomili in Bosnia nel suo libro "Bosnia, a short history"). I cristiani di Bosnia appartenevano ad uno scisma eterodosso e non appartenevano né a Costantinopoli e neppure a Roma ma non possono essere collegati con i Bogomili. La tesi sui Bogomili non è rilevante dal punto di vista scientifico tant’è che non viene più considerata da nessun circolo di studiosi di rilievo. La storiografia , come ogni altra scienza, avanza e sono convinto che i Bogomili non abbiano nulla a che fare con la Bosnia".
La necropoli dei Bogomili a Radimlje
A Mostar – la città principale dell’Erzegovina – due impiegati croati della municipalità, Miroslav Landelka, giornalista e addetto stampa della municipalità e Bozo Coric, consulente negano che gli stećci siano in qualche modo collegati con i Bogomili. A loro avviso sarebbero un’eredità della chiesa cattolica bosniaca in epoca medioevale. Nel momento del commiato mi hanno regalato un libro sulla città di Mostar che probabilmente non avevano letto con attenzione visto che, nella descrizione della bellissima necropoli di Radamlje, con i suoi 133 cippi funerari, si afferma che sarebbe una necropoli bogomila. Su 5 dei cippi rinvenuti a Radimlje vi sono delle scritte in bosanĉica, antico alfabeto cirillico utilizzato nella Bosnia medioevale. Un interessante dettaglio della vita quotidiana della Bosnia Erzegovina che richiama fortemente al suo passato è il logo di Dani, uno dei settimanali bosniaci più diffusi. Vi è il disegno di una figura umana, tratto da uno dei cippi più belli della necropoli di Radimlje.
L’Islam bosniaco, influenzato dai Bogomili
Anche il dibattito sui Bogomili è stato fortemente influenzato dalla divisione tra le comunità che abitano la Bosnia. Divisione, in merito all’origine degli stećci vi è soprattutto tra la comunità bosniaco-musulmana e croata. Dai miei numerosi incontri in Bosnia Erzegovina ho raccolto l’impressione che la maggior parte dei croati considerano che questi cippi non derivino dalla cultura bogomila mentre i bosgnacchi li considerano, legati a quest’ultima. I musulmani bosniaci hanno prestato molta attenzione, nei secoli, agli stećci considerandoli simbolo delle relazioni interculturali nei Balcani.
Mustafa ef. Ceric – mufti della comunità isalmica della Bosnia Erzegovina – sostiene che questi ultimi siano parte della peculiarità dell’Islam locale. "Vi è una diferenza tra me, musulmano di Bosnia, ed un musulmano nato e cresciuto in Arabia Saudita. Io ho un’esperienza del tutto bosniaca in merito all’Islam, lui un’esperienza saudita. L’esperienza dell’Islam bosniaco è basata su due principi. Innanzitutto quello di una visione etica della comunità tutta europea basata sulla democrazia ed il rispetto dei diritti umani. In secondo luogo quanto ci deriva dalla cultura Bogomila ha influenzato non solo l’Islam ma la nostra pratica quotidiana. Ad esempio i Bogomili avevano tradizione di riunirsi in luoghi all’aperto per santificare Dio, luoghi che chiamiamo ai nostri giorni Dova, Dovista, in lingua serbo-croata Dova significa ora "preghiera musulmana". Nei mesi di giugno e luglio in Bosnia Erzegovina vi sono molti Dovista e molti musulmani vi si recano, presso le città di Olovo, Kljuc, Lastavica, Zenica. Ed accettiamo, noi musulmani, che questo sia un retaggio bogomilo", afferma Ceric.
Husein ef. Smajić – mufti di Sarajevo – chiarisce come l’eredità bogomila si sia mescolata con l’Islam locale. "Alcune tradizioni precedenti all’Islam, derivanti dal mondo cristiano, sono rimaste nel nostro Islam che accetta le differenze e non le contraddice. Esistono posti chiamati Dova e Dovistva dove una volta all’anno i musulmani bosniaci si recano per apprendere il Corano. La gente si reca in questi posti aperti, o in caverne, per pregare e raggiungere uno stato spirituale. Questi luoghi sono d’origine bogomila, cristiani che vivevanoi su queste terre prima di noi. I musulmani nonostante questo vi si recano a pregare secondo le usanze islamiche e non bogomili. Non abbiamo mai vietato questo e quindi questi retaggi culturali permangono".
La guerra contro gli stećci
Gli stećci più rovinati li ho visti a Srebrenica, la città conosciuta nel mondo intero per il massacro da parte dei serbo-bosniaci di 7000 musulmani nel 1995. Attualmente Srebrenica è in Republika Srpska, Bosnia Erzegovina. Nove anni dopo la firma degli Accordi di Dayton, che misero fine alla guerra in Bosnia, l’atmosfera a Srebrenica è ancora deprimente. Edifici distrutti, facciate di caseggiati martoriate dai segni dei proiettili e delle granate. Proprio in centro di Srebrenica vi è uno di questi cippi funerari, la cui parte superiore è spezzata. Poco dietro appartamenti perforati dai proiettili come gruviera. E’ evidente anche quest’importante monumento storico sia stato danneggiato dai combattimenti. A la guerre comme à la guerre: il nemico non solo ha distrutto le vite e le case dei suoi contemporanei ma si è accanito anche sui monumenti e sulle lapidi di coloro i quali morirono centinaia di anni fa.
Stećci nella moschea Atik di Bijeljina
Templi e simboli delle differenti religioni si sono mescolati in Bosnia Erzegovina. A Bijeljina, città della Republika Srpska (BiH) al confine con la Serbia, sta per essere restaurata la moschea Atik, distrutta nel 1993. "Nelle fondamenta della moschea, durante i lavori, sono stati rinvenute pietre tombali bogomile. Anche nel giardino antistante la moschea vi sono stećci", afferma Emir Musli corrispondente del quotidiano Dnevni Avaz. Anche secondo Musli gli stećci sarebbero da ricondurre ai Bogomili.
La moschea è stata costruita nel 1520 durante l’Impero ottomano. Durante trent’anni di dominio austriaco, nel 17mo secolo, la moschea venne trasformata in cattedrale.
Nei pressi della moschea, dietro all’alto muro di cinta, inizia la diocesi ortodossa. Vi sono due antichi edifici, totalmente ristrutturati, che vengono utilizzati come ufficio del vescovo ortodosso locale. Tra il 1996 ed il 2001 vennero costruire a Bijeljina due nuovi edifici ecclesiastici. Un monastero ed una chiesa. Il campanile di quest’ultima svetta alto. "Supera il minareto della moschea" mi ricorda non senza orgoglio un monaco. Nonostante questo sono evidenti le commistioni culturali. Da lontano il campanile non è molto diverso dal minareto. E gli stećci nelle fondamenta della moschea sono antecedenti ed in parte comuni, sia all’uno che all’altro.
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