Belgrado: Gay pride reloaded
Il 10 ottobre la popolazione LGBT della Serbia cercherà di organizzare l’ennesimo Gay pride. Quello di nove anni fa fu battezzato “Il massacro pride” per la violenza subita dai manifestanti. Quello dell’anno scorso fu sospeso all’ultimo momento per motivi di sicurezza. Forse quest’anno per Belgrado è la volta buona
Un anno dopo, a Belgrado, il movimento LGBT ci riprova e organizza il 10 ottobre alle 10, sperando che il 10.10.10 porti fortuna, il Belgrade pride con lo slogan “Da šetamo zajedno”, camminiamo insieme. Lo fanno ad un anno da quel 20 settembre del 2009, quando l’annunciato gay pride non si tenne perché il giorno precedente la polizia e il governo spiegarono agli organizzatori che non avrebbero potuto garantire la sicurezza.
Un anno anche dalla morte di Brice Taton, il tifoso francese aggredito in pieno centro il 17 settembre da hooligans del Partizan e morto 12 giorni dopo in ospedale. L’aggressione fu messa in relazione con l’atmosfera di violenza che si respirava a Belgrado, scatenata da tifosi e gruppi estremisti (in primis “Obraz” e “Movimento 1389”) proprio contro il possibile svolgimento del gay pride in Serbia, una perversione, secondo loro, voluta dagli stranieri occidentali. Nove anni fa, nel 2001, invece ci fu il primo tentativo: un autentico massacro ad opera di tifosi violenti e nazionalisti dello sparuto gruppo di attivisti che si stava radunando nel centro di Belgrado, per mostrare che l’orgoglio gay esisteva anche in Serbia.
Gli organizzatori del Belgrade pride 2010 , Queeria e Gay Straight Alliance , sperano che al contrario il prossimo 10 ottobre la “Parada ponosa”, la marcia per l’orgoglio, si farà. “La terza volta dovrebbe essere quella fortunata” dice Boban Stojanović di Queeria. Il corteo partirà da Park Manjež, il giardino dietro lo Jugoslovensko dramsko pozorište, scelto come punto di partenza “perché era un luogo di ritrovo per la popolazione gay e lesbica di Belgrado già negli anni settanta” spiega Stojanovic.
La parata percorrerà le vie Nemanjina, Kneza Miloša, Masarikova per finire al SKC, lo Studenski Kulturni Centar in Kralja Milana, dove si dovrebbe tenere il party finale. In città la parata è preceduta da eventi artistici e di discussione sui temi LGBT, raccolti nella Pride week
“Nessuno nel movimento LGBT lotta per se stesso – dice a Osservatorio Lazar Pavlović del Gay straight alliance – noi lottiamo per i diritti e anche per il diritto di riunirci e fare una manifestazione per l’orgoglio gay. Non è mai stato in questione il fatto di riprovarci. L’anno scorso ci abbiamo provato e non è andata bene e ci riproveremo ogni volta che sarà necessario, ma io penso che questa sia la volta buona”.
Per Pavlović il cima quest’anno è diverso: “Di diverso c’è che dall’inizio del 2010 abbiamo portato avanti incontri e dibattiti con tutti i partiti politici serbi e abbiamo ricevuto un grosso sostegno da parte loro e tutti sono giunti alla conclusione che la violenza contro la popolazione gay e contro una eventuale marcia non è accettabile. Non solo ma l’hanno tradotto dalle parole ai fatti. Sono tre mesi che lavoriamo in coordinamento con il ministero della Giustizia, il ministero dell’Interno, il ministero dei Diritti umani e con la Polizia. La sicurezza è stata curata a fondo per questo evento”.
Conferma arriva anche dalle dichiarazioni del ministro per i Diritti umani e le minoranze, Svetozar Čiplić, alla rete nazionale RTS. “Quest’anno c’è una squadra governativa attivamente impegnata nell’organizzazione della marcia del 10 ottobre. E non c’è alcun dubbio che quest’anno si terrà, perché l’atmosfera è molto cambiata”.
La domanda però ritorna, inevitabile. Si terrà quest’anno o no il gay pride? Da un blog di B92 Darko Kovačević se lo chiede e spiega che si vedono per ora gli stessi segnali dell’anno scorso: le rassicurazioni della polizia, i gruppi estremisti che si scatenano sui forum promettendo violenza, mentre Dragan Marković Palma, folcloristico presidente di “Jedinstvena Srbija” (Serbia Unita) si indigna contro la parada perché “la Serbia ha ben altro da mostrare che due uomini che si baciano sulla bocca. Che facciano le loro manifestazioni al chiuso, non in pubblico”. E poi la chiesa, aggiunge Kovačević, per ora è stata zitta ma in genere se ne esce fuori due giorni prima con la storia di Sodoma e Gomorra.
Intanto viene fuori la notizia che esiste a Belgrado un centro di “medicina naturale” che cura l’omosessualità, scatenando nuovamente il dibattito e le conseguenti polemiche (il ministero della Salute dirà poi che il centro di medicina naturale non ha i permessi per esercitare).
“Il livello di minaccia è più basso quest’anno – rassicura Pavlović – le scritte sui muri contro il Gay Pride vengono cancellate subito. E, ciò che è più importante, la polizia ha arrestato 3-4 individui che tramite facebook avevano lanciato minacce alla parata”. Lo scorso 27 settembre infatti è stato incriminato Aleksandar Ðurdđević detto Alladin, che sul profilo di facebook di Obraz, di cui è membro, aveva minacciato di morte i partecipanti del Gay Pride. La procura della Repubblica ne ha chiesto anche un prolungamento della detenzione.
Chiediamo un parere a Lepa Mladenović, storica attivista di Belgrado dell’associazione Labris in difesa dei diritti gay e lesbo. Lei è molto chiara sul pride di quest’anno. “La polizia ha contatti e un controllo indiretto sulle organizzazioni neofasciste che minacciano il movimento gay e lesbo. Se decidono che la marcia si può fare senza violenza allora si farà. Inoltre hanno detto che schiereranno 4000 poliziotti, che neanche per le partite più importanti vengono utilizzati, mentre noi saremo 100, 200 non di più”.
Ma basta un pride per cambiare la società?
“Sono tanti i fattori che cambiano la società, il pride è uno di questi. Il cambiamento certo è molto lento, come si vede in Croazia, loro fanno il Gay pride da sette anni, all’inizio anche loro erano 200 e 2000 poliziotti adesso va un po’ meglio. Inoltre noi siamo fortunati perché l’Europa ha un ruolo fondamentale nella protezione dei diritti dei gay e delle lesbiche. Due settimane fa sono stata in Kirgyzistan dove la condizione dei gay è molto peggiore della nostra, ma poiché è lontano dall’Europa nessuno se ne preoccupa”.
Labris fu tra le associazioni organizzatrici del primo pride in Serbia, quello del 2001 che fu chiamato “massacro-pride”.
“Eravamo estremamente entusiasti e non facemmo alcuna analisi profonda sulla possibile violenza che la marcia avrebbe potuto richiamare. Avevamo pensato sì a qualche azione individuale ma non a violenza organizzata. Quando arrivammo sul posto del ritrovo mezz’ora prima dell’inizio, erano già là ad aspettarci 400 giovani, ed appena hanno visto uno un po’ differente, con i capelli rossi e gialli, lo hanno attaccato, a noi hanno tirato uova e altri sono stati attaccati e inseguiti. Dopodiché siccome non c’era più niente da fare perché noi eravamo molto pochi, si sono messi a rompere le vetrine e solo allora la polizia è intervenuta. Come se picchiare le persone non fosse reato, mentre danneggiare i negozi del centro sì”.
Ma dal 2001 è cambiato molto.
“Intanto allora nessuno sapeva niente di omosessualità. Dopo il massacro-pride siamo stati su tutte le prime pagine, su tutte le tv e radio, allora è stato evidente che anche in Serbia esistevano i gay e le lesbiche. Oggi quindi si sa che esistono ed è in vigore una legge contro le discriminazioni per l’orientamento sessuale. Infine, negli ultimi anni i gruppi LGBT hanno lavorato molto con le istituzioni in particolare con l’ombudsman e questo nuovo ministero dei Diritti umani e delle minoranze”.
Insomma sei positiva, si farà quest’anno?
“Io sono sempre positiva. Qualunque cosa succeda, quindi sì si farà”.
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