Tipologia: Intervista

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Area: Kosovo

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Behgjet Pacolli, dal mattone alla politica

E’ tra gli uomini più ricchi del Kosovo ed ha fatto le sue fortune nelle grandi opere. Soprattutto nelle Repubbliche ex sovietiche. Ora sono molti gli osservatori che prospettano una sua discesa in campo nella politica kosovara. Una nostra intervista

06/04/2006, Alma Lama - Pristina

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Il salone del Grand Hotel di Pristina non aveva forse mai ospitato così tante persone. Erano tutti invitati del più famoso businnessman kosovaro, Behgjet Pacolli. Dopo aver creato un impero delle costruzioni in alcune repubbliche ex-sovietiche ora quest’ultimo ha infatti deciso di impegnarsi in politica. Le sue ambizioni sembrano essere forti quanto quelle nel campo degli affari. L’Alleanza per il nuovo Kosovo è la sua creatura, di cui fanno parte alcune delle persone che più si sono occupate in questi anni di Kosovo. Ora ha aperto un ufficio anche a Pristina e l’intento di Pacolli sembra essere quello che si trasformi presto in un partito politico. Ma gli oppositori del ricchissimo businessman sembrano più numerosi dei sostenitori, almeno nei saloni della politica. E’ accusato di essere filorusso – per i rapporti stretti con Boris Eltsin – e viene anche criticato per un incontro misterioso con Milosevic. Ma Behgjet Pacolli ha deciso di sfidare quella che ritiene essere "la propoganda contro di lui".

Ha appena aperto un ufficio di "Alleanza" a Pristina, un primo passo verso la trasformazione di questo gruppo in un partito politico?

Non mi sono ancora impegnato in politica. Sto facendo lobby nei circoli di Washington e a Bruxelles, cosa che qualcuno doveva pur fare. Ho voluto essere un piccolo ingranaggio in un meccanismo più grande, dove ognuno ha il suo ruolo. Ho percepito sino ad ora un grande vuoto in questo. L’intervento degli Stati Uniti nel Darfur, a Timor Est, in Afghanistan e in Iraq ha fatto sì che il Kosovo venisse dimenticato, anche se forse non intenzionalmente.

Quali sono state le attività di Alleanza sino ad ora?

Ha fatto un grande lavoro, prima di tutto in conferenze ed incontri dove ha portato ragioni e argomenti a favore dell’indipendenza del Kosovo. Di Alleanza fanno parte molte persone importanti: ex membri del Congresso americano, Segretari di Stato, ministri della Difesa e della Giustizia, studiosi, analisti. Questi fanno parte di istituzioni dove si decide il destino del Kosovo. E’ stata anche creata una mailing list e 450 indirizzi ricevono quotidianamente informazioni sull’attività dell’Alleanza. Ogni settimana inoltre Alleanza si incontra con i giornalisti a Washington, nel centro per i media. Tra breve terremo a Washington una conferenza con i ministri dei Paesi presenti nella regione. Jonuz Bukajski si è recato in questi Stati per fare i preparativi necessari.

Perché avete deciso di aprire Alleanza anche in Kosovo?

Alleanza non poteva rimanere solo a Washington. Sino ad ora ad esempio ci siamo occupati molto di sicurezza nella regione e su questo riteniamo che la soluzione sia che i kosovari ottengano l’indipendenza. Adesso però bisogna affrontare anche altre questioni, ad esempio avviare processi di lobbing economico. Se otterremo l’indipendenza si deve lavorare per fare in modo che quest’ultima non abbia difetti e "malattie"; l’indipendenza del Kosovo dovrà essere sana. Per tutto questo è necessario un ufficio anche a Pristina.

Però si dice che l’indipendenza del Kosovo sarà condizionata…

Non è detto, dipende molto da noi kosovari. Per evitare condizioni dobbiammo offrire un’opzione ai nostri vicini nel nord, specialmente ai serbi. I politici serbi devono convincere il popolo a sottoscrivere l’indipendenza del Kosovo. Su questo aspetto Alleanza ha una serie di proposte che verranno presto presentate in una conferenza. Ad esempio garantire alla Serbia che non verrà punita per gli errori e le promesse non mantenute. Dopo ogni battaglia la Serbia si è ridotta territorialmente, con l’indipendenza del Kosovo si avrà un’ulteriore contrazione de jure, ma esistono anche altri rischi come ad esempio quello di perdere il Sangiaccato, la Vojvodina e le aree del sud della Serbia dove vivono in prevalenza albanesi. Per evitare tutto ciò devono accettare un Kosovo indipendente ed a loro totalmente aperto, dove possano recarsi a visitare le loro tombe, le chiese, a compiere i loro riti religiosi; se vogliono vivere in Kosovo devono essere cittadini pacifici e dovranno rispettare lo stato indipendente del Kosovo.

Un altro impegno di Alleanza per il Nuovo Kosovo è la richiesta di fondi di assistenza e crediti alla comunità internazionale per poter costruire – in tutta l’area – una rete stradale, ferroviaria e aerea in modo che questi Stati possano essere meglio collegati tra di loro. Proponiamo la costruzione delle strade Sarajevo – Sangiaccato – Pristina; Nis – Prokuplje – Pristina e poi da Pristina alla costa del mare Adriatico, in Montenegro e infine Pristina – Kukës – Durazzo. Queste strade collegherebbero il Kosovo anche con la Serbia e sarebbero una prova dell’atteggiamento positivo verso quest’ultima: in meno di quattro ore i serbi potranno arrivare a Durazzo e gli albanesi a Belgrado.

Lei pensa che quest’offerta sarà accettata dal Gruppo dei negoziati e presentata nella tavola dei colloqui?

Sono convinto che una soluzione così si trovi già sul tavolo dei negoziati. Nella conferenza del 14 ottobre a Washington, a cui hanno partecipato i membi del Gruppo di Contatto era presente.

Questa offerta a suo avviso verrà sostenuta dagli albanesi del Kosovo?

Ho sempre avuto pronta questa proposta, ultimamente ne ho informato anche l’Assemblea del Kosovo e i vri partiti politici. Ma nessuno di questi sembra appoggiarla e questo è a mio avviso indicativo del fatto che sia forse ancora prematura per la nostra società e che anche il governo non sia ancora ingrado di comprenderne appieno le potenzialità. Anche se, pur non essendo stata presa in considerazione formalmente nei contatti diretti con me tutti mi hanno sempre incoraggiato ad andare avanti, è questa per me la cosa più assurda.

E’ questo uno dei motivi che la spinge ad entrare in politica?

No, non si tratta di questo, ma del fatto che la comunicazione tra governo e la società kosovara è andata perdendosi, così come il rispetto reciproco.

Ritiene di riuscire ad ottenere questo rispetto?

Nella mia vita sono sempre stato costruttivo. Per noi occorre agire con efficenza: presentare dei progetti ad un ministro, esporre le potenzialità che ne scaturirebbero, il tempo che serve per realizzarlo, come reperire le risorse finanziarie.

Recentemente ha dichiarato che se la gente vi appoggerà trasformerete l’Alleanza in un partito politico…

Ritengo che l’Alleanza debba continuare a funzionare così come sta funzionando ora – sia a Washington che a Pristina – almeno sino a quando non sia stato definito lo status del Kosovo. Anche perché ogni minuto di quest’attività ha un costo.

Posso chiedere quanto?
 
1,5 milioni di dollari al mese. Ad esempio la conferenza che si terrà in aprile costerà 600-700 mila dollari, ed è extra. Se avremo dei riscontri ampi, se verremo accettati e considerati dalla gente, l’Alleanza si trasformetà in un partito politico.

Quali sono le sue relazioni con la classe politica del Kosovo? In molti esprimono perplessità sul suo ingresso in politica …

E’ un problema loro ed io non voglio occuaprmi di cose che non mi riguardano. Ognuno ha le proprie idee e i propri progetti, e non mi sorprendono reazioni critiche rispetto alle mie.

In molti le hanno chiesto di entrare a far parte di uno dei partiti politici attivi sulla scena kosovara …

Sì, ho avuto proposte da tutti i partiti politici, ma ho rifiutato.

E’ perché vuole creare un proprio partito?

Non è ancora sicuro che farò un partito. Quando sentirete dire che Behgjet Pacolli ha costituito un suo partito politico, avrò dalla mia parte più del 70% della popolazione. Se non sarò certo di questo non proseguirò lungo questa strada.

La promessa di offrire 3.000 posti di lavoro, è la prima che rivolge all’elettorato?

Altre volte ho offerto 3.000 posti di lavoro per il Kosovo e questo a partire dal ’91. Ma ora queste persone potranno essere impiegate anche grazie ad istituzioni kosovare, in modo organizzato.

Tornando alla sua presenza in politica, sembra che lei abbia sviluppato tutte le infrastrutture necessarie, avete aperto un giornale ed acquistato una televisione …

Forse qualcuno la pensa così, ma io credo che il quotidiano "Lajmi" non sia schierato politicamente e non lo sarà mai. Le notizie su di me vengono date più su altri giornali. I media che finanzio non saranno portavoce di Pacolli, perchè non ho intenzione di motivare le persone attraverso gli strumenti che possiedo. La credibilità verrà costruita attraverso i fatti.

Se si impegnerà in politica che cosa accadrà alle sue aziende, chi le dirigerà?

Sono orgoglioso di poter dire che i miei fratelli stanno lavorando duramente e mi stanno aiutando moltissimo nel mio lavoro.

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