Bambini di strada
Non è una questione di tradizione o pigrizia, il fenomeno dei bambini di strada in Serbia e in Bosnia Erzegovina ha cause molto più profonde strettamente correlate a problemi quali l’esclusione sociale e la povertà. Save the Children insieme ad alcune ong locali lavora da anni contro la tratta e segue svariati programmi per il reinserimento di questi bambini, per offrire loro una vera alternativa
A Belgrado, in qualsiasi momento dell’anno, se viaggi in macchina troverai nugoli di bambini ai semafori. Aggressivi ti puliscono il vetro, chiedono due spiccioli o una sigaretta. A volte sono allegri, a volte arrabbiati, e spesso ti prendono in giro perché pensano di saperne più di te. Ma la cosa più preoccupante è quando questi bambini spariscono perché non è sempre un buon segno che lascino la strada.
“I bambini di strada in Serbia e in Bosnia Erzegovina sono quelli più esposti alla tratta – spiega Tommaso Diegoli di Save the children Norway , responsabile per Bosnia Erzegovina del progetto regionale Child trafficking response program – sono prevalentemente rom e vivono in condizioni varie: alcuni lavorano per le strade per aiutare la famiglia e tornano la sera in una casa, altri sono totalmente abbandonati e dormono per strada in scatole di cartone, edifici abbandonati o tombini; altri ancora sono costretti da organizzazioni criminali che, per esempio, li prendono nelle campagne e li portano in città a lavorare”.
Save the Children Norway è una delle organizzazioni che si occupa di questo problema. Nel 2009 è iniziata la terza fase del progetto Child trafficking response program che implementa progetti in 7 paesi del sudest Europa (Romania, Bulgaria, Serbia, Kosovo, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Albania). La prima fase del progetto (2002-2004) prevedeva l’identificazione, il supporto dei minori vittime di tratta e la prevenzione del fenomeno. Nella seconda fase si è effettuata una ricerca estensiva per individuare le categorie più a rischio di diventare vittime di tratta, e, sui risultati di questa ricerca, si è costruita la terza fase con progetti di supporto ai bambini a rischio di trafficking per prevenirlo.
Prendiamo in esame la Serbia e la Bosnia Erzegovina perché hanno due progetti simili incentrati sulla creazione e il supporto di centri diurni per minori. A Sarajevo il progetto è gestito dai servizi sociali del Cantone di Sarajevo mentre a Belgrado il progetto viene implementato da un’Ong locale che già lavorava sui bambini di strada, il Centar za integraciju mladih (CIM – Centro per l’integrazione dei giovani). Entrambi i progetti si basano sulla riduzione del danno: nessuna sanzione viene imposta al bambino o all’adulto che lo spinge a stare in strada, ma viene offerta la possibilità di un’alternativa, un ventaglio di servizi a cui la partecipazione è assolutamente volontaria.
“A Sarajevo il centro diurno è stato creato grazie al progetto, infatti prima non esisteva – racconta Tommaso Diegoli – non è l’unico in Bosnia così come lo Svratište (rifugio) di Belgrado non è l’unico in Serbia. Si tratta di un modello diffuso nella regione che Save the children sostiene da tempo, a Tuzla per esempio segue un centro diurno dell’Ong Zemlja djece (Terra dei bambini) attivo già da molti anni”.
E’ proprio il centro diurno di Tuzla che è stato preso a modello per costituire quello di Sarajevo. Si tratta di un luogo sicuro, child friendly, non discriminatorio e dove i bambini possono trovare quello che non trovano per strada: assistenti sociali, psicologi, educatori, che si occupano di tutta la gamma delle loro necessità: dall’igiene all’alimentazione, dal gioco all’istruzione. “I genitori, o chi per loro, mandano i bambini a lavorare per necessità, perché spesso loro stessi non trovano lavoro. Spesso sono rom, la comunità più colpita dall’emarginazione sociale – spiega Diegoli – è bene ricordare che l’esclusione sociale e la povertà sono i motivi principali per cui esistono i bambini di strada e questo non avviene certo per ‘tradizione’, per ‘pigrizia’ o ‘perché ce l’hanno nel sangue’, tutti pregiudizi che investono la popolazione rom”.
A Belgrado lavora dal 2004 il Centar za integraciju mladih, un centro nato da un gruppo di studenti di Scienze sociali che avevano bisogno di “farsi le ossa” sul campo. “Iniziammo a lavorare con i bambini di strada un po’ per caso – spiega Milica Djordjević del CIM – c’era infatti un bambino che gironzolava nella strada del nostro ufficio, poi si venne a sapere che era stato picchiato, quindi lo abbiamo cercato, abbiamo avviato un contatto e lui ci ha raccontato la sua storia e quella di altri bambini come lui. Nessuno allora si occupava dei bambini di strada, quindi per due anni abbiamo lavorato come “outreach” per contattarli e capire i loro bisogni. La prima richiesta fu una lavatrice: perché se un posto dove farsi una doccia si trova sempre, lavare i vestiti è molto più complicato. In pratica il primo rifugio è nato nel 2007 attorno a una lavatrice”.
Nel 2008 il CIM ha ricevuto gratuitamente un locale dal Comune di Belgrado dove è stato costituito lo Svratište da cui, in questi ultimi due anni, sono passati circa 600 bambini. Nello svraštite i bambini sono stati seguiti da educatori, infermieri e psicologi; qui hanno trovato un posto dove mangiare, dove dormire e dove lavarsi. Molti di questi bambini hanno così potuto tornare a scuola. “Oggi le istituzioni sono più consapevoli del problema dei bambini di strada – dice Milica – ma mancano le competenze e le capacità per farli rientrare in un sistema regolare di scuola e lavoro”. Ora il CIM aprirà un nuovo centro diurno a Novi Beograd, in un locale concesso dallo stesso comune. Save the Children ha inoltre creato, a partire dal 2009, una rete contro il trafficking e una serie di programmi educativi per insegnare ai bambini a riconoscerlo ed evitarlo.
Il CIM riesce inoltre a creare sinergie inedite come quelle con Laura Maestrello, una maestra di pianoforte di Verona. L’insegnante si è recata per tre volte a Belgrado e ha organizzato dei laboratori di musica d’insieme per i bambini del centro. “Lavoro in Italia in un progetto musicale che si chiama Disegnare musica, musica d’insieme per crescere – racconta Laura – amo molto i Balcani, quindi ho pensato di portare questo metodo anche qui".
Il CIM ha accolto l’idea di Laura che è arrivata a Belgrado con i suoi strumenti. “I bambini sono bambini dappertutto – sottolinea la maestra – l’unica cosa è che quelli inseriti in una classe, come quelli che seguo in Italia, sono più abituati a concentrarsi. I bambini dello Svratište se non sono interessati a quello che fai semplicemente se ne vanno".
"Quello che faccio è inserire la musica in un contesto: l’ultima volta ho portato loro la sabbia della spiaggia e alcune conchiglie – racconta l’insegnante – molti di loro non hanno mai visto il mare e quindi ci siamo messi a parlarne, ad ascoltare il rumore della sabbia, delle conchiglie e alla fine abbiamo suonato tutti insieme”. L’argomento della canzone? La storia di un pesciolino naturalmente!
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