Balcani: non è più tempo di aiuti
A Civitas un seminario sullo sviluppo locale nei Balcani. Proposto dall’Osservatorio sui Balcani un gruppo di elaborazione e riflessione che porti alla definizione di un "decalogo" per chi si occuperà di progetti di sviluppo economico nel sud est Europa.
"Occorre tener conto dell’ipotesi più volte prospettata da Paolo Rumiz, giornalista di Repubblica: molte forze nazionaliste dei paesi del sud est Europa sono contro l’integrazione di quest’area nell’Unione europea. Per mantenerne l’alto grado di deregolamentazione, interpretata come stimolo ad un certo sviluppo economico". Lo ha ricordato Michele Nardelli, dell’Osservatorio sui Balcani, nella sua relazione introduttiva all’incontro di lavoro su "Percorsi di economia locale nei Balcani" tenutosi ieri a Civitas, la fiera del terzo settore di Padova.
"I Balcani sono paradigmatici per comprendere la post-modernità ed escono dalle categorie tradizionali. Non rientrano ad esempio nelle dicotomie nord-sud, paesi ricchi-paesi poveri e forse anche per questo sembrano quasi rimossi dallo stesso movimento no-new-global" ha aggiunto Nardelli mettendo poi in dubbio lo stesso concetto di "transizione" di questi paesi "da dove a dove? Questi paesi hanno già un’economia di mercato, una specifica economia di mercato. Si potrebbe anzi dire abbiano subito
un’esplosione dell’economia di mercato".
All’incontro, organizzato dall’Osservatorio sui Balcani in collaborazione con il Consorzio Pluriverso, che raggruppa al suo interno una decina di cooperative sociali, ong ed associazioni con lo scopo di realizzare interventi di cooperazione economica e decentrata, erano presenti anche esponenti di ong ed associazioni attivi in questi anni nei Balcani. Tra questi Claudio Bertoni, del Commercio Alternativo di Ferrara, che da una anno segue la commercializzazione di Miele ed alcuni prodotti tipici provenienti dalla Croazia e dalla Bosnia Erzegovina: "tutti i criteri secondo i quali opera il commercio alternativo vengono messi in difficoltà nei Balcani. Ad esempio non si incontra alcun soggetto organizzato, non esistono cooperative, non esistono comunità di villaggio; quelle che esistono sono spesso solo strumentali all’ottenimento di un finanziamento e quindi non in grado di promuovere e sostenere un vero processo di sviluppo delle capacità". Secondo Bertoni occorre anche confrontarsi sulla qualità di queste produzioni "spesso ci scontriamo con prezzi relativamente alti e la qualità non è sempre buona. E non esistono soggetti collettivi capaci di garantire un percorso verso standard di qualità più alti".
Massimo Lancietti, anche lui tra i presenti, ha seguito per due anni un progetto di sviluppo rurale in Albania. "Prima di parlare di integrazione dei Balcani in Europa occorrerebbe iniziare a discutere di integrazione nei Balcani. Esistono spesso, a partire dal livello delle infrastrutture, divari anche molto ampi, che limitano gli scambi interni" per poi aggiungere un altro contributo al dibattito: "si può parlare di sviluppo locale, di sviluppo delle risorse e dei prodotti locali ma poi ci si scontra con problematiche inerenti a politiche nazionali ed internazionali. Il mercato agroalimentare dei paesi balcanici viene ad esempio sbaragliato dalla vicinanza di Italia e Grecia che producono a livello qualitativo migliore ed a prezzi inferiori. Abbiamo ad esempio tentato di lanciare un olio albanese ma il nostro prezzo era in media di ¼ superiore rispetto a quello di mercato".
Per approfondire queste tematiche, durante l’incontro di lavoro solo accennate od introdotte come stimolo per futura riflessione, l’Osservatorio sui Balcani ha proposto un gruppo di elaborazione e riflessione permanente con lo scopo di arrivare a definire un documento di lavoro, sotto forma ad esempio di decalogo, che possa essere utile a tutti coloro, associazioni ed ong, che si occupano ed occuperanno in futuro di sviluppo locale nei Balcani.
Vai al documento introduttivo al seminario
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