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Balcani e allargamento: Francia contro tutti

Il Consiglio europeo che si apre oggi è chiamato, tra le molte cose, a decidere sull’apertura nei negoziati con Albania e Macedonia del Nord. Ma la Francia sembra irremovibile sul no, sino a quando non verranno riconsiderati i criteri di adesione

17/10/2019, Gentiola Madhi -

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Oggi si apre a Bruxelles il summit dei capi di stato e di governo dell’Ue, con un’agenda molto fitta che va dal budget europeo, al cambiamento climatico, all’imminente Brexit. Ci si aspetta che i leader europei si pronuncino anche sull’avvio o meno delle negoziazioni con Albania e Macedonia del Nord, a seguito della dichiarazione rilasciata nel Consiglio europeo di giugno nella quale gli stati europei hanno chiesto più tempo per analizzare i report redatti, a questo proposito, dalla Commissione UE.

Ciononostante, le speranze in un via libera da parte dell’Ue sono progressivamente scemate, anche a seguito del fallimento del recente Consiglio Ue nel riuscire ad accordarsi su una posizione comune relativa ai due stati balcanici, in particolare a causa della resistenza della Francia, seguita da Paesi Bassi e Danimarca.

Politicizzazione del processo di allargamento

Nell’ultimo decennio il processo di allargamento è stato caratterizzato da un rilevante processo di politicizzazione da parte degli stati membri e questo è in particolare legato alle molteplici crisi che l’Unione si è trovata ad affrontare, dalla questione migratoria alla Brexit. La politicizzazione ha fatto sì che le opinioni pubbliche locali assumessero un ruolo maggiore nelle discussioni e contestazioni sull’allargamento e questo ha portato a sempre maggiore polarizzazione. Un’occasione per i partiti populisti ed estremisti di strumentalizzare l’Ue per i propri vantaggi politici.

Il “ritorno alla politica” a livello europeo ha visto, da parte di alcuni stati membri, mutamenti nelle proprie agende politiche, influenzate dai collegi elettorali, che vanno nella direzione del predominio degli interessi nazionali sul vantaggio collettivo dell’Unione. Capro espiatorio di questa politicizzazione è diventato l’allargamento. Il progresso di integrazione dei Balcani occidentali è infatti ancora percepito come prematuro e l’opinione pubblica contraria ad un ulteriore allargamento ha segnato negli ultimi anni – come mostra Eurobarometro – alti livelli nei Paesi Bassi (60%), Francia (58%) e Germania (57%).

L’opposizione persistente della Francia

La Francia ha sviluppato nel tempo una certa distanza dai Balcani, affidandosi esclusivamente agli sforzi dell’UE per promuovere le riforme democratiche in quei paesi. Il presidente Macron ha già dichiarato che l’UE deve prima riformarsi e poi procedere verso un ulteriore allargamento. Ciò che sembra la massima priorità francese ora è la ridefinizione del suo ruolo di leader nell’UE nella fase post Brexit, e gli sforzi dedicati al processo di creazione della nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen ne costituiscono una prova. Inoltre sono proprio gli inglesi ad essere stati spesso percepiti come coloro i quali hanno portato l’UE in questa fase: promuovendo un allargamento dell’Unione piuttosto che un approfondimento dell’integrazione tra gli stati membri.

La resistenza francese all’avvio dei negoziati di adesione con l’Albania e la Macedonia del Nord viene giustificata da preoccupazioni sullo stato di diritto, oltre che dal fatto che il modello di negoziazione dell’UE non starebbe portando a risultati adeguati e non garantirebbe – secondo i francesi – la non reversibilità delle riforme intraprese. Inoltre, le percezioni negative dell’opinione pubblica francese sulle passate ondate di allargamento e l’UE in quanto tale, insieme al numero di richieste di asilo nel paese da parte di cittadini albanesi, non alleggeriscono la situazione, oltre a costituire benzina per i discorsi retorici dell’estrema destra.

"Siamo attualmente sotto grande pressione politica", ha dichiarato la scorsa settimana un funzionario francese – che ha richiesto l’anonimato – coinvolto nelle negoziazioni, aggiungendo una frase ambivalente: “Non diremo di no, ma non possiamo dire di sì". "Attualmente il processo di negoziazione è molto fluido ed estenuante allo stesso tempo. La capacità di condizionamento che l’UE ha non è quella che pensiamo dovrebbe avere", ha dichiarato un collega, anch’esso sotto richiesta di anonimato. "Puntiamo a un processo graduale e meno tecnocratico di integrazione dei Balcani occidentali", ha poi aggiunto. L’idea francese è quella di integrare la regione in un processo graduale, che consenta ai leader dei Balcani occidentali di "capire cosa significhi la responsabilità collettiva dell’adesione all’UE".

L’Albania e la Macedonia del Nord

La resistenza della Francia sembra più forte per quanto riguarda la concessione di una risposta positiva all’Albania rispetto alla Macedonia del Nord. Nonostante il tentativo del governo tedesco di persuadere la leadership francese attraverso l’introduzione di nuovi parametri di riferimento per l’Albania prima dell’apertura dei negoziati, un segnale positivo per questo paese in questa fase sembra una missione impossibile. Le preoccupazioni francesi sull’Albania sono legate a risultati insoddisfacenti nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione. Negli ultimi tre anni l’Albania ha attraversato un’importante riforma giudiziaria sostenuta dall’UE. In questa fase dell’attuazione della riforma, è difficile ottenere simultaneamente risultati sia nella riforma della magistratura che nella lotta contro la criminalità organizzata, poiché una è conseguenza dell’altra.

Dal canto suo invece la Macedonia del Nord è riuscita a risolvere la lunga disputa sul nome con la Grecia. Tuttavia, le preoccupazioni francesi riguardano l’incapacità del governo di approvare una nuova legge sulla figura del pubblico ministero. Nel complesso, le posizioni francesi sulla riorganizzazione del quadro negoziale sono ragionevoli, ma le posizioni radicali assunte nei confronti dell’Albania e della Macedonia del Nord rischiano di causare più danni che benefici nella capacità d’influenza dell’Unione nella regione.

Questo articolo è stato preparato nell’ambito di una più ampia attività di ricerca e advocacy sostenuta dalla Kosovo Foundation for Open Society nel contesto del progetto "Sviluppare conoscenze sul Kosovo"

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