Baku, dove “Internet governance” non suona bene
Il mese scorso si è tenuto a Baku l’Internet Governance Forum (IGF). A conferma dei dubbi sollevati dalla scelta del paese ospitante, il blocco della distribuzione dei report sulla libertà di espressione e l’attacco hacker ai computer degli assistenti della vice-presidente della Commissione europea Neelie Kroes
Il tema principale del settimo Internet Governance Forum (IGF), svoltosi a Baku il mese scorso, è stato "Internet governance per uno sviluppo umano, economico e sociale sostenibile". Potrebbero sembrare buone intenzioni, ma "Internet governance" non suona altrettanto bene in un paese come l’Azerbaijan, classificato da Freedom House "parzialmente libero" in termini di libertà sul web e "non libero" in termini di libertà di stampa e democrazia. Il fatto che Reporters sans frontières definisca l’attuale presidente Ilham Aliyev un "predatore della libertà di informare" e classifichi il paese al 162° posto su 179 paesi in tema di libertà di espressione è altrettanto emblematico.
Non sorprende quindi che la scelta dell’Azerbaijan come paese ospitante abbia sollevato qualche perplessità in patria e all’estero . Tuttavia, fra il 6 e il 9 novembre, oltre 1500 delegati provenienti da tutto il mondo in rappresentanza di governi, società civile, comunità tecnologica, studiosi, specialisti, analisti e giornalisti si sono riuniti a Baku per discutere una serie di questioni quali diritto di accesso a Internet, diversità, sorveglianza/sicurezza, libertà di stampa, protezione dei dati, Internet governance per lo sviluppo e altro ancora.
L’incontro
L’evento si è tenuto presso l’Expo Center di Baku, un edificio originariamente previsto per un negozio Ikea, ma poi trasformato in un imponente location per convegni. Parallelamente, si svolgeva la fiera BakuTel per le telecomunicazioni dove, a differenza dell’IGF, visitatori e ospiti usufruivano di ottimi collegamenti Internet. E se il governo azero ha colto l’occasione dell’IGF per magnificare i progressi realizzati nel settore IT, reti a banda larga e così via, è presto emerso chiaramente che l’impegno per una rete libera e aperta non andava oltre le parole.
Un certo numero di giornalisti locali e rappresentanti della società civile hanno avuto difficoltà al momento della registrazione, gestita da giovani attivisti filo-governativi. Io stessa, blogger indipendente e relatrice ad uno dei seminari, ho incontrato difficoltà al momento della registrazione: pur essendomi iscritta in anticipo online, sono riuscita ad entrare solo dopo che l’interesse di un rappresentante ONU ha fatto miracolosamente ricomparire la mia registrazione. Ad altri partecipanti è stato persino esplicitamente chiesto se avessero in programma di tenere una manifestazione di protesta.
Nel complesso, gli organizzatori erano molto suscettibili a qualsiasi materiale potenzialmente lesivo della reputazione del paese ospitante. Come descritto in un comunicato stampa di Expression online , un consorzio di varie organizzazioni locali che si battono per la libertà di espressione, la segreteria IGF ha cercato di impedire la diffusione di due report sulla libertà di espressione online e sui diritti umani in Azerbaijan. Al consorzio è stato prima concesso e poi negato uno stand al forum, e infine è stato detto di chiedere l’autorizzazione al ministero delle Comunicazioni. "Se il vostro governo non vi trova contenuti offensivi, vi forniremo lo stand e consentiremo la distribuzione dei due report", avrebbe detto il coordinatore della segreteria.
Messaggi contraddittori da parte dell’UE
Si è trattato comunque di un’occasione di incontro e confronto per i rappresentanti di varie istituzioni. Come ha detto Sophie Kwansy, specialista in protezione dei dati e privacy del Consiglio d’Europa, in un’intervista dopo il forum, "l’IGF è l’unica occasione di ritrovo che riunisce governi, società civile e giovani per parlare di accesso, diversità e governance". In effetti, questa è stata un’occasione unica per molti attori, o almeno per quelli che sono riusciti a partecipare all’evento, di incontrarsi e parlare.
Più interessanti le recenti divisioni da parte delle istituzioni europee. Roland Kobia, capo delegazione UE in Azerbaijan, ha dichiarato che l’attuale presidente ha buone probabilità per la rielezione alle prossime presidenziali del 2013, in considerazione del buon lavoro svolto. Una strana affermazione, dato il forte accento posto dalle istituzioni europee sulla libertà di parola durante l’IGF. Neelie Kroes, vicepresidente della Commissione europea, aveva scritto sul suo suo blog prima dell’arrivo: "l’Azerbaijan è un paese con gravi problemi di libertà di stampa, dove i giornalisti sono costantemente a rischio di arresto e violazione dei basilari diritti umani".
Solo pochi giorni dopo, a Baku, i computer del suo portavoce e di un suo alto consulente sono stati violati .
Kroes è stata anche critica nel suo discorso di apertura, in cui ha condannato le restrizioni sui mezzi di comunicazione e definito inaccettabili "le restrizioni di qualunque tipo alla libertà dei media", invitando il governo azero a seguire gli standard a cui ha aderito come membro del Consiglio d’Europa. Una dichiarazione congiunta della delegazione UE ha espresso "preoccupazione per le numerose testimonianze emerse nel corso dei workshop IGF sulle violazioni dei diritti umani fondamentali in Azerbaijan […] Vediamo l’esercizio della libertà di parola criminalizzato a tutti gli effetti. Vediamo attacchi violenti contro i giornalisti […] Invitiamo i leader politici dell’Azerbaijan a garantire il rispetto e la tutela dei diritti umani fondamentali, in particolare la libertà di espressione, lo Stato di diritto e la libertà di riunione, nonché la diversità politica e il pluralismo nei media".
Forse, se il signor Kobia elaborasse quello che intendeva per "buon lavoro", ci sarebbe meno confusione. In caso contrario, fra i rappresentanti ufficiali UE c’è chiaramente qualche forma d’incomprensione.
Un mese più tardi
È passato un mese dalla conclusione dell’IGF, ma la situazione della libertà d’espressione in Azerbaijan è rimasta la stessa. L’attenzione internazionale sta svanendo, proprio come aveva fatto dopo l’Eurovision, e la vita probabilmente continuerà con il suo corso abituale. E anche se le parole di Neelie Kroes risuonano ancora nella mente di molti, nonché in numerosi post e articoli scritti dai sostenitori della libertà di stampa e Internet in Azerbaijan, difficilmente avranno conseguenze concrete. È infatti molto improbabile che le autorità azere seguano l’invito della delegazione UE a proteggere e rispettare i diritti fondamentali dei cittadini. Anche se l’IGF è stato una piattaforma per sollevare critiche e affrontare apertamente le questioni dei diritti umani in Azerbaijan, i risultati, quantomeno in loco, sono ancora tutti da vedere.
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