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Azerbaijan, l’amnistia del Nowruz

Soddisfazione in Azerbaijan e nel resto d’Europa per l’amnistia che ha permesso a 15 prigionieri politici azeri di tornare in libertà. Nel paese caucasico, però, sono ancora troppi i detenuti per reati d’opinione

22/03/2016, Simone Zoppellaro -

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Il 17 marzo, a sorpresa, il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev ha firmato un decreto di amnistia per 148 detenuti. Fra loro, anche 15 persone considerate dalle principali organizzazioni umanitarie come prigionieri politici. Un passo importante, sebbene – come ricordato da RFE/RL – siano ancora circa 80 i prigionieri politici nelle carceri azere. Fra i più conosciuti, anche la giornalista investigativa Khadija Ismayilova, il cui caso – seguito da Amal Clooney – raggiungerà presto la Corte Europea dei Diritti Umani.

Il provvedimento di amnistia ha avuto luogo in occasione della festività del Nowruz, il capodanno zoroastriano, una festa molto sentita in Azerbaijan, in Iran, dai curdi e in parte del mondo turco. Il loro immediato rilascio ha permesso agli attivisti – in molti casi giovanissimi – di riabbracciare le loro famiglie .

Fra i prigionieri politici rilasciati ci sono i difensori dei diritti umani Rasul Jafarov, Taleh Khasmammadov e Anar Mammadli, alcuni membri del movimento NIDA, politici di partiti d’opposizione (Nemat Panahli, Tofig Yagublu, Yadigar Sadigov e Siraj Karimov), oltre ai giornalisti Parviz Hashimli, Hilal Mammadov e Rauf Mirkadirov e all’ex funzionario governativo Akif Muradverdiyev. Alla fine dello scorso anno, erano stati rilasciati anche l’attivista Leyla Yunus e il marito Arif, entrambi in gravi situazioni di salute.

Sentimenti contrastanti

Abbiamo discusso del nuovo provvedimento di amnistia con Turgut Gambar, uno dei membri fondatori del movimento civico NIDA , una delle poche voci libere rimaste in Azerbaijan dopo l’ondata di arresti degli ultimi anni. “I sentimenti sono contrastanti,” ci ha raccontato. “Un numero significativo di prigionieri politici, fra cui 4 di NIDA (l’organizzazione che rappresento) sono stati rilasciati, ma ci sono ancora moltissimi prigionieri politici dietro le sbarre. Vogliamo che vengano rilasciati immediatamente anche loro”.

“Quanto ai membri di NIDA rilasciati, questi sono Rashadat Akhundov, uno dei fondatori, il cui figlio è nato due settimane dopo il suo arresto e non ha visto suo padre fino ad oggi; Rashad Hasanov, anch’egli uno dei leader di NIDA e del movimento giovanile in Azerbaijan; Mammad Azizov, un giovane attivista, amministratore di una pagina satirica su Facebook chiamata ‘La pagina dedicata a Heydar Aliyev’; Omar Mammadov, arrestato anche lui per aver amministrato una pagina di Facebook in cui criticava il governo”.

“Dopo il rilascio, ho incontrato solo pochi di loro,” ci ha raccontato ancora Gambar. “Fino ad ora non ho avuto la possibilità di parlare a lungo con nessuno di loro, dato che sono impegnati con gli ospiti e le persone che vogliono congratularsi con loro e fare loro gli auguri. Hanno l’aria stanca, ma felice”.

Sport for rights

Del rilascio dei prigionieri abbiamo discusso anche con Rebecca Vincent, coordinatrice della campagna Sport for Rights , fondata da Rasul Jafarov, anch’egli da poco liberato. La Vincent è una delle attiviste più note a livello internazionale per quanto riguarda la questione dei diritti umani in Azerbaijan. “Mi sento così sollevata per i miei colleghi,” ha dichiarato. “La notizia che sono finalmente liberi, di nuovo a casa con i propri cari, è incredibile. È stata una giornata molto emozionante per tutti noi. Ma allo stesso tempo, è una vittoria di Pirro. Nessuno di questi 15 detenuti avrebbe mai dovuto trascorrere un solo giorno in carcere. Inoltre ci sono decine di altri prigionieri politici in Azerbaijan, giornalisti come Khadija Ismayilova e Seymur Hezi, l’avvocato per i diritti umani Intigam Aliyev, il giovane attivista Ilkin Rustemzade, il leader dell’opposizione Ilgar Mammadov e molti altri. Noi continuiamo a chiedere il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici in Azerbaijan”.

La Vincent non si è detta ottimista sul futuro del paese: “Se il rilascio dei prigionieri è stato certamente un passo positivo, non credo che il regime stia cambiando la sua natura. Per molti anni, sotto il governo del presidente Ilham Aliyev, vi è stato un circolo vizioso di arresti a sfondo politico in Azerbaijan. Fino ad oggi, ogni amnistia è stata seguita da un’altra ondata di arresti. Questo deve finire. Tutti i prigionieri politici devono essere liberati e il governo azero deve fermare la persecuzione dei suoi critici, adottando misure urgenti per migliorare la situazione disastrosa dei diritti umani nel paese”.

Critiche a Bruxelles

Rebecca Vincent non ha risparmiato critiche anche all’UE, e in particolare a Federica Mogherini: “Durante la sua recente visita a Baku, Mogherini ha mancato di fare appello pubblicamente per la liberazione dei prigionieri politici. Eppure, è stata veloce nel lodare il loro rilascio, prendendosi una parte del merito per i recenti sviluppi, senza peraltro spendersi con forza per il rilascio dei restanti prigionieri politici. Ancora una volta, l’Unione Europea ha mancato di prendere una posizione chiara a sostegno dei diritti umani in Azerbaijan. Se l’UE è davvero per i diritti umani, deve adottarli come chiari parametri di riferimento nei suoi negoziati con l’Azerbaijan – chiedendo ad esempio il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri politici nel paese”.

Il decreto di amnistia ha luogo dopo un periodo di forte crisi e instabilità, fra i più gravi nella storia dell’Azerbaijan. L’abbassamento del prezzo del greggio ha avuto effetti devastanti su un’economia che dipende ancora in larga parte dalle rimesse di petrolio e gas. A novembre, si sono avuti 7 morti e decine di arresti in seguito alla protesta scoppiata a Nardaran, sobborgo a pochi chilometri dalla capitale Baku. A gennaio, a meno di un anno dall’ultimo crollo, la moneta locale – il manat – è precipitata di nuovo a picco. Questa ha perso oltre il 30% del suo valore nei confronti del dollaro nelle prime tre settimane del 2016. Drammatici gli effetti: inflazione fuori controllo, anche per i generi di prima necessità, perdita dei posti di lavoro e chiusura di tutti gli uffici di cambio.

Di qui ha avuto origine un’altra serie di proteste che sono proseguite fino agli inizi di febbraio. Non più solo a Nardaran: il malcontento della popolazione si è diffuso a macchia d’olio, investendo dodici distretti amministrativi dell’Azerbaijan. In questo contesto, il decreto di amnistia può essere interpretato come un segno distensivo, voluto dal regime dopo un periodo che ha fatto tremare alle fondamenta il potere della famiglia Aliyev, che guida il paese dal lontano 1969.

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