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Azerbaijan: la repressione continua, silenziosa e implacabile

La già lunga lista di arresti di chi non è allineato al governo di Baku continua. L’ultimo a farne le spese Mehan Aliyev, direttore dell’agenzia stampa Turan. Un approfondimento

06/09/2017, Arzu Geybullayeva -

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L’insegna dell’agenzia stampa “Turan”, che da più di vent’anni pendeva alle porte dell’ufficio, giace ora sul pavimento all’ingresso del locale, perquisito dalle forze dell’ordine. Lo staff ha annunciato la decisione di sospendere il lavoro a tempo indeterminato, anche se in segno di solidarietà continuerà ad aggiornare il sito web dell’agenzia su base volontaria. Le autorità hanno confiscato tutti i documenti ufficiali per procedere ad un’inchiesta, mentre i conti bancari dell’agenzia sono stati congelati e il suo direttore Mehan Aliyev è stato arrestato ed è attualmente in prigione, accusato di evasione fiscale e rischia una condanna fino a sette anni di reclusione.

L’arresto di Aliyev, giornalista veterano e direttore di “Turan” – agenzia di stampa indipendente fondata negli anni ’90 per raccontare le questioni politiche, economiche e sociali in Azerbaijan – è l’esempio più recente dei continui attacchi contro le voci indipendenti ancora attive nel paese. All’inizio di agosto anche Transparency International aveva annunciato di dover ridurre le sue attività in Azerbaijan a causa del disinteresse delle autorità azerbaigiane a proseguire la cooperazione e gli impedimenti posti al poter ricevere finanziamenti internazionali.

Secondo i dati del Gruppo di lavoro sui prigionieri politici – resi noti il 25 agosto 2017 – il numero di giornalisti e blogger dietro le sbarre è arrivato ad undici, mentre la lista dei prigionieri politici comprende 158 persone.

Requiem per la libertà di parola

Lo scrittore azero Elnur Astanbeyli ha paragonato l’arresto di Aliyev e la chiusura dell’agenzia “Turan” ad un funerale per la libertà dei media in Azerbaijan. "Il regime al potere ha appena espugnato ‘l’ultima fortezza della libertà di espressione", ha scritto Aslanbeyli. Le organizzazioni internazionali per la libertà dei media si sono mobilitate rapidamente e chiedono l’immediato rilascio di Aliyev ed uno stop a tutte le accuse portate contro l’agenzia “Turan”; richieste rimaste però senza risposta.

Le accuse di evasione fiscale utilizzate contro Turan ricordano l’ondata di repressioni avvenuta nel 2014, quando numerose inchieste vennero avviate dalla Procura generale nei confronti dei gruppi della società civile dell’Azerbaijan. Le indagini sfociarono nell’arresto dei giornalisti più importanti del paese, di difensori civici e attivisti, di rappresentanti di diverse organizzazioni non governative. La repressione portò di fatto ad una paralisi della società civile azera.

I media indipendenti sono sempre stati il nemico numero uno per le delle autorità di Baku. Nel 2009 il parlamento, con una procedura d’urgenza, decise di rimuovere dalle frequenze radio i servizi per l’Azerbaijan di BBC, Radio Free Europe e Voice of America. Le autorità perseguitano i giornalisti di opposizione attraverso intimidazioni continue: sono comunemente utilizzati per mettere a tacere le voci critiche percosse, arresti, diffamazione e persino rapimenti transfrontalieri.

Nel 2014, la polizia ha perquisito l’ufficio del servizio azero di Radio Free Europe mentre nel 2016 è stata avviata un’inchiesta nei confronti dei giornalisti che lavorano con la piattaforma di media dissidenti “Meydan TV”. Il quotidiano indipendente Ayna / Zerkalo [Specchio] ha interrotto le pubblicazioni a causa delle difficoltà finanziarie e dell’arresto del suo giornalista Rauf Mirkadirov. Un destino simile è toccato anche al quotidiano di opposizione “Azadliq”, che ha interrotto la stampa a seguito di restrizioni finanziarie.

Nel maggio 2017, una decisione giudiziaria ha bloccato l’accesso a diversi siti indipendenti e di opposizione nonché a canali radiotelevisivi online, tra cui Radio Azadliq (il servizio azero di Radio Free Europe); Meydan TV (piattaforma informativa con base a Berlino), Turan TV e Azerbaijan Hour (entrambi canali televisivi online). Nel giustificare la sua decisione, il tribunale ha affermato che queste testate costituiscono una minaccia per la sicurezza nazionale del paese. All’inizio dello scorso marzo, il parlamento di Baku ha approvato delle modifiche alla legge sull’informazione, l’informatizzazione e l’acquisizione di informazioni: le autorità hanno reso più pesanti le conseguenze in caso di condanna per diffamazione. Oggi insultare l’onore e la dignità del presidente azero può costare cinque anni di carcere o una pesante sanzione pecuniaria.

Solo nei primi mesi del 2017 cinque giornalisti sono stati arrestati o condannati a causa di accuse costruite ad arte. Faig Amirli, direttore finanziario del giornale d’opposizione Azadliq è stato condannato a tre anni e tre mesi. Il popolare blogger Mehman Huseynov ha ricevuto una condanna a due anni per diffamazione. Aziz Orujov, direttore del canale televisivo on-line “Kanal 13” è stato condannato a detenzione preventiva dopo aver già subito quella amministrativa. Nijat Amiraslanov, giornalista di una testata locale, è stato arrestato e condannato a detenzione amministrativa, durante la quale ha subito torture. Afgan Mukhtarli, giornalista azero di Tbilisi, che ha lasciato l’Azerbaijan due anni fa, è stato rapito e riportato in patria contro la sua volontà, per poi essere condannato a tre mesi per il presunto attraversamento illegale della frontiera.

Tutto come al solito

La macchina della repressione non si è mai fermata in Azerbaijan. Tra il 2014 e il 2017 l’elenco dei prigionieri politici nel paese è passato da 98 a 158. Nel frattempo si è tenuto il secondo Gran premio di Formula 1 nella storia del paese e i giochi di solidarietà islamici, tenutisi anch’essi quest’anno in Azerbaijan.

"Business as usual" in Azerbaijan dove il governo di Baku ha continuato a declamare dichiarazioni su crescita economica, democrazia, rinnovata importanza dell’Azerbaijan sulla scena internazionale, ha continuato ad ospitare come ormai di consueto una serie di eventi internazionali sul suolo azero. Tutto questo mentre qualsiasi voce dissenziente viene condannata al silenzio. La “Terra del Fuoco” non è mai stata più buia: nonostante le speranze e le illusioni, la repressione è più viva e forte che mai.

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Il 5 settembre il Guardian ha pubblicato un’inchiesta nella quale si evidenzia uno schema di riciclaggio di enormi quantità di denaro, di provenienza sconosciuta, da parte dell’élite dell’Azerbaijan. Denaro che in parte sarebbe stato utilizzato anche per condizionare la posizione rispetto al governo azero di alcuni politici europei.

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