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Azerbaijan: impedita la candidatura agli ex prigionieri politici

Alla vigilia delle elezioni politiche il governo azero impedisce la candidatura ad ex prigionieri politici: il caso di Ilkin Rustamzade, attivista azerbaijano arrestato più volte e condannato sulla base di motivazioni prettamente politiche

24/01/2020, Claudia Ditel -

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Ilkin Rustamzade venne arrestato il 17 maggio del 2013. Le accuse si basavano su un video satirico anti–governativo che circolava allora su Youtube. Nonostante prove insufficienti, Ilkin Rustamzade ne fu considerato l’autore del video. Il fatto che Ilkin avesse negato ripetutamente il suo coinvolgimento non aveva impedito che venisse arrestato una prima volta con l’accusa di “hooliganismo”.

Ilkin Rustamzade era già stato preso di mira dal governo in due precedenti occasioni, per le quali aveva dovuto scontare dei giorni di detenzione amministrativa. Il motivo per cui era tenuto sotto controllo dalle autorità era stato il successo di alcune manifestazioni pacifiche organizzate da lui e da altri attivisti: una per commemorare le vittime della sparatoria del 2009 alla State Oil Academy, diverse altre per protestare in seguito alla morte in circostanze misteriose di alcuni militari non combattenti. “Non più morti di soldati!” divenne l’efficace slogan delle proteste. Le manifestazioni, come speso accade tutt’ora, non avevano ricevuto autorizzazione dal governo, soprattutto perché il luogo scelto era il centro cittadino di Baku, dove le autorità sono molto restie a concedere spazi di associazione, a causa della posizione centrale che attirerebbe folle di manifestanti. E così infatti era successo in quel caso: erano in centinaia i manifestanti che presero parte all’iniziativa e le autorità questo non potevano proprio tollerarlo.

Nel processo contro Ilkin Rustamzade, avvenuto nel settembre del 2013, alle accuse di hooliganismo si aggiunsero anche quelle di “terrorismo” e, nel maggio dell’anno successivo, venne condannato a otto anni di carcere.

In carcere

Ilkin Rustamzade non ha mai ceduto alle intimidazioni del governo nemmeno durante il periodo di prigionia, durante il quale ha continuato a scrivere una serie di lettere di protesta dal carcere, attività che gli è costata più di una volta l’isolamento. Dopo sei anni – e numerose campagne di sensibilizzazione da parte di organizzazioni non governative – è stato scarcerato, nel marzo del 2019. Il suo è stato una delle più  lunghe detenzioni politicamente motivate in Azerbaijan. È stato anche riconosciuto come prigioniero di coscienza da Amnesty International .

Ilkin Rustamzade era detenuto nella struttura n.13 , conosciuta per le condizioni disumane in cui sono tenuti i prigionieri. In un suo messaggio, pubblicato sulla pagina Facebook del movimento di giovani attivisti NIDA (di cui faceva parte), aveva denunciato l’ingiusto trattamento che gli era stato riservato in seguito ad un’operazione medica a cui era stato sottoposto. Dopo l’intervento (che di per sé non si presentava rischioso), era stato dimesso frettolosamente dall’ospedale, senza aver avuto il tempo di riprendersi. In aggiunta, gli era stato negato qualsiasi accesso al cellulare e, approfittando del suo stato di momentanea fragilità, costretto a scrivere false dichiarazioni. Secondo quanto riportato dai suoi genitori in seguito alle visite in carcere, il figlio stava subendo pressioni psicologiche e il suo stato di salute era in contino peggioramento in seguito a maltrattamenti . Ciononostante si è arrivati alla sua liberazione solo lo scorso anno.

Nello stesso anno, la Corte Europea dei Diritti Umani aveva emesso una risoluzione, in cui si chiedeva il suo rilascio ed il versamento di un’adeguata compensazione per le ingiustizie subite. Tutt’ora il governo azero si rifiuta di pagare l’indennizzo dovuto ad Ilkin Rustamzade ed ai suoi familiari.

Il 17 marzo 2019 e in occasione del Novruz (la festa con cui in Azerbaijan si celebra il nuovo anno) Ilkin Rustamzade è stato uno dei 51 prigionieri politici rilasciati con Decreto Presidenziale. Una mossa politica che è stata accolta con favore dai governi occidentali e che per molti critici del regime ha avuto proprio tale scopo: evitare di inimicarsi il vicino europeo, dando la parvenza di una tendenza democratica nella Repubblica.

Fuori dal carcere

Oltre agli arresti politicamente motivati, il carattere repressivo del governo emerge sotto altre forme con l’avvicinarsi delle elezioni parlamentari, previste per il 9 febbraio. Infatti, alcuni ex prigionieri politici, che si sono candidati con l’opposizione, hanno visto negata la loro possibilità di candidarsi proprio in seguito alla loro precedente condanna. Ilkin è tra questi: dopo essere stato votato dal movimento NIDA come candidato alle elezioni parlamentari, le autorità non ne hanno riconosciuto i requisiti per farlo, nonostante la sentenza della Corte Europea dei diritti umani a suo favore. Un caso analogo a quanto ha dovuto subire Rasul Jafarov, noto avvocato difensore dei diritti umani, che si è visto negare la possibilità di candidarsi, nonostante anche nei suoi confronti la Corte europea avesse condannato la sua detenzione ritenendola illegittima.

Le credenziali e i requisiti per potersi candidare vengono valutati da un’apposita commissione elettorale che è composta da membri vicino al governo.

Ilkin, temendo proprio un tale epilogo, aveva fatto richiesta alla Corte di Baku per la cancellazione della sua condanna già il 12 dicembre. Tuttavia, un verdetto non sarebbe stato emesso prima del 21 gennaio, quando i termini per la registrazione delle candidature sarebbero già stati estinti. Il 18 gennaio Ilkin ha inoltrato la sua domanda alla Corte Suprema, per chiedere per l’ennesima volta la cancellazione della sua condanna, anche se ormai la sua candidatura era stata rigettata sia dalla commissione elettorale che dalla corte d’appello.

Non è la prima volta in cui la sua passata condanna, seppure politicamente motivata, viene a costituire un ostacolo. La prima volta che Ilkin Rustamzade è stato arrestato aveva 21 anni e studiava alla facoltà di economia. Non ha mai abbandonato l’idea di completare gli studi e dopo pochi mesi dal rilascio si è riscritto all’università. Ora è tornato ad essere uno studente, ma il processo di iscrizione all’anno accademico per lui è stato molto più complicato che per un normale studente. Anche gli uffici dell’università avevano infatti respinto la sua domanda, decisione alla quale Ilkin aveva deciso di rispondere con una lettera il 28 agosto scorso, l’ennesima di protesta nella sua vita. Gli uffici hanno preso in esame il suo reclamo solo il successivo 14 ottobre, quando è giunta la tanto attesa risposta dall’università, ma i tempi dell’iscrizione erano ormai scaduti. L’unico mezzo a disposizione che aveva Ilkin era la sua pagina Facebook, che ha usato per portare avanti una decisa campagna a colpi di post, che sono stati ampiamente condivisi sui social network e che hanno costretto le autorità a rivedere la sua iscrizione.

Nonostante gli appelli della comunità internazionale, le sentenze della Corte Europea dei diritti umani e il decreto presidenziale dello scorso marzo con cui sono stati rilasciati decine di prigionieri politici, le condanne di alcuni di loro rappresentano tutt’altro che un fatto archiviato, anzi tornano a ripresentarsi come un ostacolo al pieno godimento dei loro diritti civili e politici.

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