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Il contenzioso confinario tra Lubiana e Zagabria pesa sul percorso d’integrazione europea di quest’ultima. E l’Europa commenta: ”Se la Germania e la Francia avessero risolto i loro problemi con la stessa velocità di Slovenia e Croazia oggi non ci sarebbe l’Unione europea”
O la Croazia accetta le condizioni slovene o Lubiana bloccherà il cammino europeo di Zagabria. Questo il concetto ribadito a più riprese dal premier sloveno Borut Pahor in questi giorni. Per Pahor "la strada della Croazia verso l’Europa non passa solo per Lubiana, ma passa anche per Lubiana. E Zagabria deve tenerne conto".
Venerdì prossimo la Croazia dovrebbe chiudere cinque capitoli negoziali ed aprirne altri dieci nella trattativa di adesione all’Unione europea, ma su di essi pende la spada di Damocle di un possibile veto sloveno. Se questo dovesse arrivare sarà molto difficile, se non impossibile, per Zagabria, chiudere i colloqui entro la fine del prossimo anno, come avrebbero voluto anche a Bruxelles.
Per Lubiana, i croati avrebbero inserito tra i documenti inviati a Bruxelles alcuni che potrebbero pregiudicare la trattativa sul contenzioso confinario tra i due paesi. A sollevare la questione, nell’ottobre scorso, era stato l’allora ministro degli Esteri ed attuale consigliere del premier, Dimitrij Rupel.
Lubiana ha subito chiesto che quei documenti venissero stralciati o corretti, anche per impedire che fossero usati in un eventuale arbitrato internazionale per la definizione del confine. Della questione si è così occupata la presidenza francese dell’Unione, che ha cercato di elaborare un accordo che consentisse di superare l’impasse. Il premier croato Sanader s’è detto pronto a firmare un’intesa in cui si ribadisce esplicitamente che nessun materiale presentato nella trattativa con l’Unione pregiudicherà le questioni di confine tra Slovenia e Croazia. Alla Slovenia però una simile dichiarazione non basta.
Il ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, che si è trovato a mediare tra i due contendenti, è rimasto sorpreso della violenza dello scontro e ha cercato di minimizzare spiegando che in fondo si tratta di un problema che riguarda "25 chilometri sul mare". Pahor ha subito risposto precisando che per la Slovenia anche un solo metro di confine è importante. Kouchner non deve proprio aver tenuto conto delle passioni che le questioni confinarie riescono a suscitare in un’area dove chi riesce a portare anche un solo metro di terra alla sua nazione è un eroe e chi lo perde invece non è che un vile traditore.
Il commissario europeo per l’allargamento, Olli Rehn, del resto, già alcune settimane fa, sconsolato ha commentato che "se la Germania e la Francia avessero risolto i loro problemi con la stessa velocità di Slovenia e Croazia oggi non ci sarebbe l’Unione europea". A Bruxelles, comunque, sembra che ci si stia rendendo sempre più conto che, con l’allargamento ad est, l’Unione ha ereditato tutta una serie di contenziosi da risolvere, dovendosi per altro confrontare con realtà e mentalità che si conoscono e capiscono poco.
Slovenia e Croazia iniziarono a litigare sull’esatta definizione della frontiera sin dall’indipendenza. Da una parte bisognava tracciare il confine marittimo nel Golfo di Pirano e dall’altra stabilire a chi appartenesse qualche chilometro quadrato sulla terra ferma. Lubiana e Zagabria, tutt’altro che inclini al compromesso, hanno sempre ribadito le loro tesi massimalistiche. A guidare le danze, comunque, non erano i diplomatici, ma piuttosto i politici. Si è assistito, così, ad una trattativa urlata sui giornali dove a farla da padrona non era tanto la necessità di trovare un accordo, ma piuttosto quella di salvaguardare "gli interessi nazionali". Cercare un’intesa dopo tanto rumore e dopo un tale coinvolgimento dell’opinione pubblica appare tutt’altro che semplice.
La Croazia, ora, sarebbe incline ad un arbitrato internazionale, ma la Slovenia sembra non voler perdere l’occasione di sfruttare la propria rendita di posizione di membro dell’Unione Europea e della Nato. Nelle due organizzazioni non si entra senza il consenso di tutti e oramai a Lubiana si parla apertamente di un possibile referendum sull’ingresso di Zagabria nell’Unione, mentre non è ancora chiaro se il parlamento sloveno sarà chiamato a ratificare l’ingresso della Croazia nella Nato con la maggioranza semplice o con quella dei due terzi. Molto dipenderà, naturalmente, dall’esito delle trattative con Zagabria.
Gli sloveni chiedono ai croati un "piccolo sacrificio". Niente di simile – si dice – rispetto a quello che dovette fare la Slovenia per superare i veti di Italia e Austria. Allora fu necessario cambiare la costituzione. Oggi alla Croazia nessuno domanda tanto. Poi ci sarebbe anche il debito storico che la Croazia avrebbe nei confronti della Slovenia. Alla fine della Seconda guerra mondiale i croati si annessero gran parte dell’Istria, e a pagare il conto – si ribadisce a Lubiana – furono gli sloveni che dovettero lasciare al di là del confine molti loro connazionali.
Lubiana adesso potrebbe decidere di percorrere la stessa strada che usò Roma negli anni Novanta, quando a più riprese la trattativa di adesione slovena all’Unione venne bloccata dal veto italiano. All’epoca la cosa destò più di qualche malumore a livello europeo e venne considerata dalla Slovenia assolutamente inaccettabile, ma adesso sembra del tutto legittima.
L’Italia avrebbe voluto ottenere l’apertura del mercato immobiliare per gli esuli e se fosse stato possibile anche la restituzione in natura di qualche immobile. Dopo anni di dure polemiche, Roma, ottenne solo una generale apertura del mercato immobiliare sloveno per i cittadini europei. Alla fine gli esuli non ebbero nessun beneficio reale, ma in compenso ancor oggi a Lubiana si guarda con una certa diffidenza all’Italia.
Forse memori di questa esperienza, in Croazia, si premurano di precisare che un eventuale veto sloveno avrebbe conseguenze negative nei rapporti tra i due paesi. Il contenzioso però, potrebbe anche non avere solo risvolti negativi, almeno per i politici dei due paesi. La crisi economica si fa oramai sentire sia a Lubiana che a Zagabria. In Slovenia si sono già registrati i primi dissidi all’interno della nuova maggioranza. Un bel contenzioso internazionale, quindi potrebbe essere un vero e proprio toccasana. Del resto quello del nemico esterno era uno spauracchio che veniva agitato nei momenti difficili anche nella federazione jugoslava.
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