Aspettando la Fiat
Viaggio a Kragujevac, città simbolo della Zastava e delle automobili made in Jugoslavia. Le attese di cittadini e lavoratori della "Torino jugoslava" dopo la recente sigla degli annessi all’accordo tra Belgrado e il Gruppo Fiat, dal quale nascerà la nuova Fiat Automobili Srbija
Da Kragujevac, Lucia Manzotti e Silvestro Rivolta
Lo scorso 23 dicembre il numero due del Gruppo Fiat, Alfredo Altavilla, e il ministro dell’Economia serbo, Mlađan Dinkić, hanno firmato gli annessi al contratto della joint venture per la creazione di Fiat Automobili Srbija (FAS), al 67% proprietà Fiat e il 33% dello Stato serbo. La Zastava Automobili, fiore all’occhiello dell’industria dell’ex Jugoslavia, smette dunque di esistere a favore della FAS che acquisisce i vecchi stabilimenti Zastava di Kragujevac. Nella "Torino jugoslava" fino ad un anno fa si producevano le vecchie Florida, la Yugo e la Koral, ma anche la più moderna Zastava 10, identica alla Punto Classic di cui la Zastava aveva comprato la licenza e la linea di produzione (14 milioni di euro e mezzo nel 2005).
Con la firma arriverà la prima parte dell’investimento, 100 milioni il 29 dicembre, che costituirà il capitale di base di Fiat Srbija e servirà a cambiare la tecnologia con cui finora si lavorava a Kragujevac. "Il gruppo Fiat lavora in tutto il mondo con determinati standard che dovranno essere raggiunti anche dagli impianti in Serbia" spiega ad Osservatorio Balcani e Caucaso il responsabile per la comunicazione Richard Gadeselli.
Secondo il contratto nel 2010 dovrebbero arrivare altri 100 milioni da Fiat, seconda tranche di un totale di 700 milioni, il più grosso investimento straniero in Serbia. La vecchia fabbrica Zastava arriverà a produrre 200.000 vetture l’anno e due nuovi modelli: uno di classe B (city car) e uno di classe C (utilitaria familiare).
"L’investimento Fiat rappresenta simbolicamente la fine della crisi in Serbia" ha dichiarato il ministro dell’Economia Mlađan Dinkić.
Eravamo nell’aprile del 2008 quando arrivò abbastanza a sorpresa la firma del memorandum d’intesa tra Sergio Marchionne e il governo serbo per l’acquisto della Zastava da parte di Fiat. L’accordo secondo molti analisti fu decisivo per la vittoria, di lì a 10 giorni, del presidente democratico Boris Tadić, firmatario dell’accordo. Dopo un anno e mezzo, tuttavia, a Kragujevac ancora non si era visto un euro.
Per questo ancora oggi se i media riportano la soddisfazione del governo, permane tra la gente una certa diffidenza.
A Kragujevac si aspettava l’arrivo dell’investimento dalla firma del primo contratto il 29 settembre 2008 che, tra le altre cose, significava l’assunzione dei lavoratori da parte di Fiat (1000 subito fino ad arrivare a 2433 nel 2012). "Per ora ci sembra soltanto la firma di un nuovo annesso – dice Rajka Veljović, rappresentante dei lavoratori di tutto il gruppo Zastava – ancora bisogna capire che cosa succederà con gli investimenti e con i lavoratori. Alla Zastava ci sono 2800 impiegati, 800 lavorano al montaggio della Punto Classic e 2000 che non si sa che fine faranno".
Da marzo 2009 infatti la Zastava ha smesso di produrre i vecchi modelli, mantenendo solo l’assemblaggio della Punto Classic (inizialmente solo benzina, da luglio anche diesel e da novembre gpl) con pezzi prodotti in Italia.
Per stimolare il mercato il governo nel 2009 ha messo a disposizione incentivi pari a mille euro per auto per la rottamazione di vecchi autoveicoli Zastava, in cambio di nuove Punto. L’operazione, denominata "Staro za Novo", (il nuovo per il vecchio) è andata molto bene, tanto che si prevede una proroga degli incentivi. La vendita delle Fiat Punto infatti ha rappresentato quest’anno il 54% di questo settore di mercato in Serbia.
"Il governo paga gli incentivi, paga i lavoratori, paga nuove infrastrutture – dice Zoran Mihajlović del Samostalni Sindikat (Sindacato indipendente) – paga i programmi sociali per gli operai che sono stati fatti uscire dalla fabbrica. È ovvio che così la Zastava funziona molto meglio", dice il sindacalista mettendo il dito nella piaga. Il governo e la municipalità infatti hanno fatto molte concessioni all’azienda torinese per far sì che arrivasse in Serbia: sono stati ceduti gratuitamente gli stabilimenti, è stata creata una "free zone" per importare merci dall’Italia senza dogana, sono stati esentati dal pagamento delle tasse comunali per dieci anni, verrà loro concesso un altro grosso terreno industriale per l’arrivo di altri 14 ditte legate alla Fiat e si sta costruendo un raccordo autostradale per la E75.
"Sappiamo comunque che la Zastava non aveva un futuro – ammette Mihajlović – saremmo potuti andare avanti forse ancora due anni, senza investimenti veri. Per questo l’arrivo della Fiat è una buona notizia per la città e per la Serbia tutta".
Di sicuro vantaggi li avrà l’economia cittadina, che tra la produzione diretta e l’indotto potrebbe guadagnare parecchie migliaia di posti di lavoro. La ricaduta potrebbe generare un circolo virtuoso interessante, poiché oggi Kragujevac non è più come una volta dipendente dalla sola fabbrica di automobili.
Per quanto la Zastava resti senz’altro importante, diverse altre attività sono state favorite e sviluppate, sia a livello di piccole e medie imprese, che di grandi. Persino nel settore agricolo sono state prese iniziative interessanti, come il credito agevolato per i macchinari per i piccoli agricoltori, che offre una possibilità in più a chi non vuole abbandonare le campagne.
Il vicesindaco Nebojša Zdravković ci spiega queste iniziative, come anche le importanti opere infrastrutturali, che procedono secondo i piani. "Abbiamo concesso i terreni nelle zone industriali a tasse zero" dice il vicesindaco "mentre i terreni a destinazione commerciale pagano le tasse". La città ha ottenuto anche la certificazione NALED (National Alliance For Local Economic Development), che dimostra il raggiungimento di alti standard di efficienza amministrativa, trasparenza, rapidità delle procedure burocratiche, uso delle nuove tecnologie.
"Questa regione era chiamata ‘la valle degli affamati’" – ci racconta Dragan che lavora in un centro giovani, finanziato dal comune di Torino. È un’immagine efficace di Kragujevac durante questi anni di crisi della Serbia e della Zastava. Oggi la città è visibilmente più viva e operosa, e si percepisce come vi sia una migliore situazione economica, che non dipende più così tanto dalla Zastava. La città tuttavia aspetta l’investimento Fiat, anche se questo significherà abbandonare il marchio Zastava. "Qui fino a poco tempo fa tutto era Zastava, ogni azienda che nasceva nei dintorni era legata alla fabbrica di automobili, l’altro giorno ho trovato in un bar i cucchiaini di plastica "Zastava"", dice ancora Dragan.
La Zavodi Crvena Zastava, (Dipartimenti Bandiera rossa, questo il nome originale) iniziò la produzione di auto nel 1953 a Kragujevac, 180 km a sud di Belgrado e quarta città della Serbia. Da allora la città si sviluppò grazie alla fabbrica che nei tempi d’oro, a fine anni Ottanta, impiegava qui oltre 35 mila persone, con l’indotto. Il rapporto con la Fiat era già avviato dagli anni Cinquanta, il gruppo torinese vendeva licenze (la Fiat 600 ad esempio, la Florida) e tecnologia a Kragujevac.
"Era sempre pieno di italiani – racconta il conciérge del centrale Hotel Kragujevac – almeno 60, 70 della Fiat alloggiavano qui. Poi si sposavano una ragazza di qui e se ne tornavano in Italia".
La Zastava seguiva il modello titino per cui ogni repubblica della federazione doveva contribuire allo sforzo. Le batterie si producevano quindi in Kosovo, l’elettronica in Slovenia, il cambio in Croazia. Questo rese impossibile la prosecuzione del lavoro durante le guerre jugoslave degli anni Novanta. Nel 1999 alcuni capannoni furono distrutti dai bombardamenti NATO e dal 2001 inizio la scomposizione del gruppo Zastava (che aveva al suo interno dai servizi ai clienti, alla produzione di armi leggere) per la privatizzazione. Il comparto auto era il più grosso con 13.500 lavoratori che furono via via licenziati.
B., un ex operaio che ha preferito non rivelare il proprio nome, ci racconta che quando hanno saputo la prima volta dell’accordo con la Fiat, i lavoratori erano confusi e spaventati. "Non sapevamo cosa sarebbe stato di noi, avevamo notizie solo dai media". Dopo di che il governo ha presentato un "programma sociale", per ridurre di almeno 1.700 unità i 3300 lavoratori in quel momento alla Zastava. Le formule erano differenti: si potevano prendere 300 euro per ogni anno di lavoro svolto in una volta sola, o, per quelli più vicini alla pensione, 260 euro al mese fino al raggiungimento della pensione, con cui pagare anche gli ultimi anni di contributi. B. ha scelto quest’ultima formula. Ha lavorato 37 anni in fabbrica e gliene mancherebbero 2, ma ugualmente ha vissuto mesi di insicurezza.
Ma forse alla città sarebbe anche utile un ricambio generazionale. Tra i giovani si ha la sensazione che i cambiamenti siano necessari, per quanto dolorosi. "Purtroppo la Zastava non poteva andare avanti così" – ci dicono due ragazzi di Kragujevac – "una fabbrica non profittevole, sostenuta dai sussidi statali". I più anziani ricordano invece la grandezza passata, quando lavorare alla Zastava era un orgoglio, e la ditta era considerata un successo del socialismo jugoslavo. Vorrebbero fosse come prima, sebbene non siano degli illusi. Sanno che qualcosa deve cambiare. E ora cambierà.
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