Armi: dal Pentagono ai ribelli siriani via Europa del sud-est
Il Pentagono sta acquistando decine di milioni di dollari di armi di tipo sovietico nell’est e sud-est Europa per rifornire i ribelli siriani. Un’inchiesta
(Pubblicato originariamente da BIRN e OCCRP il 12 settembre, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e OBCT)
Il Pentagono si sta appoggiando su un’armata di appaltatori e subappaltatori – si va da grandi aziende produttrici di armi sino ad aziende connesse con il crimine organizzato – per fornire armi ‘sovietiche’ e munizioni del valore di circa 2.2 miliardi di dollari ai ribelli siriani impegnati in un’estesa guerra contro lo Stato Islamico (ISIS).
Le fabbriche di armi nei Balcani e nell’Europa Orientale già stanno lavorando a pieno regime per rifornire la guerra in Siria e non sono in grado di soddisfare la domanda. In risposta, il Dipartimento della Difesa americano si è rivolto a nuovi fornitori come il Kazakistan, la Georgia e l’Ucraina per munizioni aggiuntive, allo stesso tempo ammorbidendo gli standard sul materiale che è disposto ad accettare. Emerge da un’investigazione realizzata da Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) e Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP).
I giornalisti hanno ricostruito la complessa catena di rifornimento del Pentagono alla Siria usando le note di approvvigionamento, i dati di localizzazione delle spedizioni, i report ufficiali, le mail fatte trapelare e le interviste con fonti interne. Quest’iniziativa venuta alla luce è diversa rispetto al tentativo della CIA, oramai tramontato, di armare i ribelli che combattono contro il Presidente siriano Bashar Al-Assad.
Il Pentagono sta comprando le armi attraverso due canali: il Commando delle Operazioni Speciali (SOCOM), che supervisiona le operazioni speciali di tutti i servizi delle forze armate americane, e la Picatinny Arsenal, una poco conosciuta azienda fornitrice di armi all’esercito americano, con sede nel New Jersey.
Le munizioni vengono trasportate dall’Europa via mare e via aereo in Turchia, in Giordania e in Kuwait. In seguito vengono distribuite agli alleati americani nel nord e nel sud della Siria tramite trasporto aereo o camion.
I giornalisti hanno scoperto che gli Stati Uniti stanno utilizzando per i trasporti documenti ufficiali redatti però in modo fuorviante dove si nasconde che la Siria sia la destinazione finale delle armi: una pratica che secondo gli esperti minaccia gli sforzi globali di combattere il traffico di armi e mette gli stati dell’Est Europa che vendono le armi e le munizioni coinvolte nel traffico a rischio di infrangere le normative internazionali. Altri sollevano il problema su chi, esattamente, stia usando le armi e che cosa accadrà a queste ultime una volta che l’ISIS verrà sconfitto.
Il Pentagono ha avviato un ingente blocco di acquisti nel settembre del 2015, sotto la presidenza Obama. A maggio di quest’anno, ha già speso più di 700 milioni di dollari in AK-47, lanciarazzi RPG, mortai e altre armi e munizioni.
Entro il 2022, è stato deciso di spendere più di 900 milioni di dollari e quasi altri 600 milioni di dollari sono stati messi in budget o richiesti dall’amministrazione Trump. Questo porta l’importo totale delle spese che il Pentagono intende sostenere per gli alleati siriani a 2.2 miliardi di dollari.
La catena di rifornimento finanziata dagli USA è simile al flusso di armi da 1.2 miliardi di euro portato avanti in Siria dall’Arabia Saudita e portato alla luce lo scorso anno da BIRN e OCCRP.
Interrogati sull’acquisto senza precedenti di armi di tipo sovietico per i ribelli siriani, i rappresentanti del Pentagono hanno dichiarato di aver esaminato attentamente i beneficiari aggiungendo che l’equipaggiamento è stato fornito ‘gradualmente’ ed è il ‘minimo necessario perché siano operativi’.
‘Syria Train and Equip’: un rilevante cambio nella strategia
Mentre l’ISIS si diffondeva rapidamente in Siria nel 2014, il Pentagono lanciò frettolosamente un programma da 500 milioni di dollari, ‘Syria Train and Equip’, per creare una nuova forza di ribelli, armati con moderne armi americane, nel tentativo di contrastare la minaccia. Alla SOCOM – l’unità d’élite responsabile dell’uccisione di Osama Bin Laden – venne assegnato il compito di comprare le armi.
Ma nove mesi dopo, il programma era collassato con solo qualche dozzina di reclute arrivate al campo di battaglia.
Travolto da un turbinio di prime pagine con commenti negativi il Pentagono aveva bisogno di un nuovo piano. A partire dal settembre 2015, gli Stati Uniti si sarebbero focalizzati non sul costruire una nuova armata anti-ISIS, ma sull’armare i ribelli già presenti sul territorio.
Mentre il Pentagono non rivelava i dettagli del suo nuovo piano, una richiesta di spesa datata febbraio 2016, allora non resa pubblica, mise in chiaro che si sarebbe smesso di addestrare nuove unità e di fornire loro armi moderne. Al contrario, si sarebbero selezionate forze dell’opposizione ‘conformi’ e già presenti sul territorio e le si sarebbe rifornite di armi sovietiche e munizioni, che già usavano e con le quali erano già familiari.
La prima spedizione, che includeva 50 tonnellate di munizioni e RPG, arrivò nell’ottobre del 2015, solo un mese dopo il cambio di politica. Le munizioni vennero paracadutate nel territorio controllato dalla coalizione a maggioranza curda delle Forze Democratiche Siriane, che al momento capeggiava la lotta per riconquistare Raqqa.
Seguirono molte altre spedizioni.
A maggio del 2017 – l’ultima data per cui ci siano dati disponibili – SOCOM avrebbe acquistato 238.5 milioni di dollari di armi e munizioni da Bulgaria, Bosnia Erzegovina, Repubblica Ceca, Kazakistan, Polonia, Romania, Serbia e Ucraina. Risulta da un’analisi di migliaia di note di approvvigionamento fatta da BIRN e OCCRP. Prima dell’inizio del programma, la sua spesa in armamenti del blocco orientale era trascurabile.
SOCOM comprerà una quantità extra di armi per un controvalore di 172 milioni di dollari quest’anno. La lista della spesa redatta dal Pentagono include decine di migliaia di AK-47 e RPG e centinaia di milioni di pezzi di munizioni. 412 milioni di dollari aggiuntivi sono stati richiesti dall’amministrazione Trump o messi a budget per il 2018.
SOCOM non aveva mai, in precedenza, riconosciuto alcun ruolo nel programma ‘Syria Train and Equip’. In una dichiarazione scritta inviata a BIRN e OCCRP, il Pentagono ha confermato che alla misteriosa unità era stato affidato il compito di procurare armi e munizioni ai ribelli siriani. SOCOM è nota per rifornire segretamente i partner americani anche in altri conflitti.
Picatinny: svelata una nuova catena di rifornimento
SOCOM non è l’unica unità del Pentagono che sta fornendo armi e munizioni per il programma ‘Syria Train and Equip’.
Parte dell’approvvigionamento è gestito anche dalla Picatinny Arsenal, azienda d’armamenti fornitrice dell’esercito americano con sede nel New Jersey. Picatinny ha già esperienza nell’acquistare grosse quantità di armi sovietiche (segnalate nei documenti di acquisto come ‘armi e munizioni non standard’) per le forze alleate in Iraq e in Afghanistan. Questi acquisti sono sempre stati chiaramente etichettati con la destinazione finale.
Ma una misteriosa serie di acquisti – per un totale di 479.6 milioni di dollari – non contiene alcuna destinazione finale. Un’analisi di questi documenti di vendita da parte di BIRN e OCCRP rivela che è probabile che molte, se non tutte, le armi in questione siano dirette in Siria.
Un importante indizio si trova in sette di questi contratti, firmati a settembre del 2016 e dal valore di 71.6 milioni di dollari, che inizialmente citavano la Siria per intero o tramite il codice interno del Pentagono -V7- per il programma ‘Syria Train and Equip’. Questi riferimenti sono stati cancellati dai documenti pubblici dopo che BIRN e OCCRP a marzo hanno chiesto conto al Pentagono di queste spedizioni.
I giornalisti hanno fatto copie dei documenti prima che questi ultimi fossero eliminati. Il Pentagono ha rifiutato di spiegare le modifiche apportate.
I rappresentanti di Picatinny Arsenal non sono molto loquaci sul ruolo dell’azienda nel rifornire i ribelli siriani, data la natura delicata del conflitto. Oltre a opporre una varietà di milizie contro le forze del governo siriano, lo scontro in Siria è infatti descritto dagli esperti come una complessa guerra per procura che coinvolge Arabia Saudita, Iran, Turchia e Russia.
C’è un’altra prova del crescente ruolo di Picatinny nel programma ‘Syria Train and Equip’.
Una comunicazione promozionale pubblicata sul proprio sito internet nel dicembre del 2016 celebrava un premio interno del Pentagono ricevuto per l’acquisto, tra gli altri successi, di "significativi quantitativi" di munizioni non standard per la Siria, come anche per l’Iraq e l’Afghanistan.
Una presentazione di Picatinny del marzo 2017 rivela che quest’ultima avrebbe preso il posto della SOCOM nel procurare munizioni per il programma siriano. SOCOM continuerà però poi a comprare armi.
Più della metà dei 2.2 miliardi di dollari identificati da BIRN e OCCRP non sono ancora stati spesi.
Nel marzo 2016, Picatinny ha incaricato due giganti delle forniture militari – la Chemring, azienda inglese e l’americana Alliant Techsystems Operations (ora parte dell’Orbital ATK)- di acquistare a suo nome 750 milioni di dollari di munizioni nei prossimi cinque anni, dei quali 372 milioni ancora da spendere. Un altro contratto da 500 milioni è stato assegnato alla Chemring, all’Alliant e ad altre due aziende lo scorso agosto. Sul sito della Picatinny, l’ultimo contratto è specificatamente descritto come indirizzato a combattere l’ISIS in Siria ed in Iraq.
Con almeno 50.000 ribelli sostenuti dagli Stati Uniti e impegnati in combattimenti attivi, è probabile che la Siria assorba molte delle munizioni indicate nei contratti per i prossimi anni, ma alcune potrebbero essere usate in altre zone di conflitto dove le armi di tipo sovietico sono in uso.
Raschiare il fondo del barile
Il flusso di 2.2 miliardi di dollari finanziato dagli Stati Uniti recentemente rivelato, così come il precedente flusso da 1.2 miliardi di euro sovvenzionato dall’Arabia Saudita, dalla Giordania, dalla Turchia e dagli Emirati Arabi Uniti (EAU), hanno significato periodi di boom per i produttori d’armi in Europa centro-orientale.
VMZ Sopot, una fabbrica di munizioni statale bulgara – e uno dei principali fornitori di Picatinny Arsenal – ha annunciato all’inizio del 2016 di aver pianificato l’aggiunta di 1000 impiegati alla propria forza lavoro per quell’anno. Durante i tre mesi precedenti, aveva già assunto 500 nuovi lavoratori.
Anche le fabbriche in Serbia, come la Krusik, produttore di missili, hanno fortemente aumentato la produzione. Aleksandar Vučić, l’allora Primo Ministro della Serbia, si era vantato lo scorso anno che il suo paese avrebbe potuto incrementare cinque volte la propria produzione e non soddisfare ancora la domanda.
Mentre la richiesta di armi di tipo sovietico cresce, la competizione diventa più feroce.
Gli Stati Uniti, come da tradizione, si sono rivolti inizialmente alla Romania e alla Bulgaria per armamenti non standard, ma l’impennata nella domanda ha costretto gli appaltatori a rivolgersi anche a Repubblica Ceca, Bosnia Erzegovina, Serbia e adesso ad Ucraina, Georgia, Polonia, Kazakistan, Afghanistan e Croazia, in base alle note di approvvigionamento americane analizzate.
Le scarse riserve hanno anche costretto il Pentagono ad abbassare i suoi standard per le armi e le munizioni. Precedentemente, richiedeva ai fornitori di procurare equipaggiamento che non fosse più vecchio di cinque anni, ma a febbraio – stando sempre ai documenti ufficiali ottenuti da BIRN e OCCRP – ha abbandonato questo requisito per alcuni tipi di armi e munizioni.
Le munizioni conservate in cattive condizioni si deteriorano, diventando talvolta inutilizzabili o addirittura pericolose. Un appaltatore del Pentagono che doveva addestrare dei ribelli siriani è morto nel giugno del 2015 quando l’RPG vecchio di decenni che stava maneggiando è esploso in un poligono di tiro in Bulgaria. Ciononostante, il Pentagono ha continuato a usare appaltatori che forniscono armi difettose.
Ci sono anche altri problemi. I giornalisti di BIRN e OCCRP hanno scoperto che i direttori di tre imprese appaltatrici che utilizza il Pentagono, e il presidente di una ditta in subappalto d’importanza cruciale, hanno avuto in passato seri problemi relativi alla propria integrità, incluso uno di loro che si vantava di pagare delle "commissioni" ad agenti stranieri per garantirsi dei contratti. Un’altra azienda in subappalto ha impiegato un’azienda con collegamenti al crimine organizzato.
Bypassare il sistema di controllo internazionale degli armamenti
Rifornendo i ribelli siriani, il Pentagono ha usato ampiamente documentazione legale insolita e fuorviante che sfrutta un appiglio nel sistema designato per prevenire il dirottamento delle armi a terroristi, gruppi sottoposti ad embargo o criminali di guerra.
Per assicurarsi una licenza per esportare armi, gli acquirenti devono fornire un valido certificato sull’utilizzatore finale che garantisca la destinazione finale delle armi.
Ma un certificato emesso dalla SOCOM per il programma siriano e visto dai giornalisti non menziona la Siria come destinatario finale. Al suo posto, indica la SOCOM come utilizzatore ultimo.
Il documento afferma che "il materiale sarà usato per scopi di difesa in uso diretto dal governo americano, trasferito tramite sovvenzioni per training militare, o programmi di addestramento o assistenza alla sicurezza".
La dichiarazione permette alla SOCOM – a detta degli esperti di controllo delle armi a cui è stato sottoposto il documento – di riallocare l’equipaggiamento a qualsiasi armata o milizia alla quale stia fornendo assistenza per la sicurezza, inclusi i ribelli siriani.
In una dettagliata risposta scritta, il Pentagono non ha messo in discussione la sua designazione dell’esercito americano come utilizzatore finale, ma ha spiegato che le certificazioni che citano "l’assistenza alla sicurezza" coprono i trasferimenti ai combattenti stranieri.
"Ci aspettiamo che ogni forza associata o ricevente assistenza alla sicurezza usi il materiale come deve essere usato, per esempio per combattere contro l’ISIS, e noi monitoriamo il loro uso per assicurarci che ci si attengano", ha dichiarato un portavoce del Pentagono.
Ma gli esperti di armi hanno criticato questa pratica, descrivendola come un pericolo per il sistema globale di controllo delle armi.
Roy Isbiter, un esperto di traffico di armi presso Saferworld, un’organizzazione non governativa che si occupa di prevenire conflitti violenti, ha affermato che "il sistema [dell’utilizzatore finale] si basa sulla chiarezza e la diligenza. Se gli Stati Uniti stanno manipolando il processo fornendo così ad altri una copertura rendendogli possibile di dichiarare di non essere a conoscenza degli utilizzatori finali delle armi in questione, l’intero sistema di controllo è a rischio".
Patrick Wilcken, un ricercatore su controllo delle armi e diritti umani presso Amnesty International ha definito la certificazione dell’utilizzatore finale della SOCOM "molto fuorviante".
"Una certificazione dell’utilizzatore finale che non contenga [la destinazione finale] è controproducente e molto inusuale", ha dichiarato. "Gli Stati Uniti stanno minando all’oggetto e al proposito dell’ATT (Trattato sul Commercio delle Armi)".
Wilcken ha spiegato che, mentre Washington non ha ancora ratificato l’accordo e dunque non è legalmente vincolato da questo, in quanto firmatario non può però indebolirlo.
In quanto membro dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), Washington ha firmato una serie di misure per prevenire il traffico di armi, inclusa una decisione vincolante che le certificazioni dell’utilizzatore finale includano il paese di destinazione ultima.
Gli stati esportatori europei hanno ratificato l’ATT e sono anche vincolati dalle decisioni OSCE, e dalle ben più stringenti regole europee, note come Posizione Comune sull’Esportazione di Armi. Molti dei potenziali membri Ue hanno già adottato queste regole.
I governi romeno, ceco, bosniaco e serbo hanno confermato che hanno garantito licenze di esportazione con gli Stati Uniti – non la Siria – indicati come destinazione finale.
Il ministro della Difesa della Georgia ha dichiarato che un accordo di esportazione era in fase di negoziazione, ma non aveva ancora ricevuto dal Pentagono un certificato sull’utilizzatore finale e nessun contratto era stato firmato.
La Polonia e la Croazia hanno dichiarato che non avrebbero autorizzato nessuna esportazione verso i ribelli siriani.
Funzionari dall’Ucraina, dalla Bulgaria, dal Kazakistan e dall’Afghanistan non hanno risposto alla richiesta di commentare la vicenda.
Secondo l’ATT e la Posizione Comune dell’Unione Europea, gli esportatori devono attivarsi per evitare che le armi e le munizioni vengano dirottate e usate per commettere crimini di guerra o ‘minare alla pace e sicurezza.’
Senza sapere la destinazione finale, tale valutazione è impossibile.
Wilcken ha affermato che Amnesty International era particolarmente preoccupata che gli Stati Uniti stessero rifornendo le Forze Democratiche Siriane, date le prove che uno dei suoi maggiori componenti, l’Unità di Protezione Popolare Curda (YPG), ha ‘raso al suolo dei villaggi’, un atto che Amnesty ha descritto come crimine di guerra.
Wilcken ha aggiunto che un afflusso di armamenti così vasto incrementa i timori per il futuro del Medio Oriente.
"Data la complessa e instabile situazione in Siria e l’esistenza di molti gruppi armati accusati di seri abusi – ha sottolineato – è difficile capire come gli Stati Uniti possano assicurare che le armi nella regione non vengano usate in modo improprio".
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