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Armenia, pericolo mine

L’Armenia è uno dei 5 Paesi più minati del mondo. Gli abitanti dei villaggi al confine con l’Azerbaijan cercano di minimizzare i rischi

11/02/2008, Redazione -

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Di Sara Khojoyan*, per Transitions Online, 10 dicembre 2007 (titolo originale: "Danger Next Door")
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall’Asta

Yerevan, Armenia – Siamo in piena estate e in campagna è il periodo dell’anno più impegnativo, quello in cui si deve falciare e raccogliere l’erba. Eppure una dozzina di persone è riunita in un villaggio armeno per assistere ad una conferenza.

Tra gli astanti c’è chi pensa che l’iniziativa sia una perdita di tempo. "Nel nostro villaggio tutti sanno dove sono le mine, e ne stanno alla larga", dice Telman Matevosyan, cacciatore.

Il villaggio di Zangakatun confina per 25 chilometri con l’Azerbaijan, un confine sorvegliato dai soldati assegnati all’unità militare stanziata nel villaggio. Un sesto del territorio del villaggio, che si estende per 6 mila ettari, è considerata zona a rischio mine. Ciò nonostante, spesso gli abitanti del villaggio si spingono all’interno dell’area.

"Quando si vive vicino al pericolo, si pensa che il rischio diventi sempre minore col passare del tempo. Noi che stiamo in città non siamo in pericolo, ma voi lo siete, quindi fate attenzione, non mettetevi mai in situazioni a rischio", sta dicendo un istruttore al gruppo riunito nella sala municipale del villaggio di Zangakatun. Zangakatun è stato il primo posto, la scorsa estate, ad essere stato visitato da istruttori volontari in un programma di istruzione sul rischio mine condotto dalla Croce rossa armena (ARCS).

Un’opera necessaria

Decine di migliaia di armeni hanno convissuto con le mine sin da quando le forze armene, 13 anni fa, hanno preso il controllo del Nagorno-Karabakh, il territorio dell’Azerbaijan oggetto di disputa con lo Stato armeno. L’ARCS diede inizio al suo programma di informazione sulle mine nel 2002, otto anni dopo che Armenia ed Azerbaijan avevano concordato il cessate il fuoco, ma un finanziamento sufficiente a far decollare il progetto fu raccolto solo nel 2006. In quell’anno gli istruttori visitarono 36 comunità nelle cinque regioni al confine con l’Azerbaijan. Nel 2007, con la minaccia delle mine e degli ordigni inesplosi ancora all’ordine del giorno, gli istruttori concentrarono i loro sforzi su 16 comunità nelle aree più pericolose. Più di 400 persone presero parte ai cicli di lezioni di luglio e agosto.

Il capo del Dipartimento per la migrazione e la gestione dei disastri dell’ARCS, Edmon Azaryan, è convinto che solo programmi di vigilanza costante possano aiutare gli armeni a convivere con la minaccia delle mine e degli ordigni inesplosi. In mancanza di finanziamenti statali, il programma sul rischio mine dipende completamente da fonti esterne come le Nazioni Unite, che hanno fornito il sostegno finanziario per il 2006, e l’ambasciata statunitense a Yerevan, che ha organizzato un evento di beneficenza in aprile, raccogliendo più di 4.000 dollari per questa causa. Per l’anno prossimo i finanziamenti per inviare gli istruttori in nuovi villaggi non sono ancora stati trovati.

Oltre a dover reperire i necessari finanziamenti e il necessario sostegno dai partner internazionali, l’ ARCS è nella delicata posizione di dover cooperare proprio con chi ha posizionato le mine – l’esercito armeno. Le squadre di sminamento del ministero della Difesa hanno iniziato a bonificare alcune aree di confine nel 2003, ma altre restano minate come deterrente. Armenia e Azerbaijan non hanno formalmente ratificato alcun trattato di pace e i loro eserciti hanno degli sporadici conflitti a fuoco lungo il confine.

Le forze armate armene sorvegliano continuamente una striscia larga 500 metri lungo il confine. "Nel processo di sminamento noi non entriamo in questi 500 metri", dice il colonnello Araik Movsisyan, comandante del Centro umanitario di sminamento armeno.

"Noi cerchiamo di liberare le aree più necessarie alle comunità. I risultati migliori ci sono quando nell’arco di un anno sminiamo tutte le aree minate di una singola comunità".

Il Programma di sviluppo dell’ONU, partner dell’ARCS nel progetto di informazione sulle mine, stima che in Armenia 60 comunità siano a rischio mine terrestri. Quattro di queste comunità si trovano sulla striscia dei 500 metri.

Armen Grigoryan ha diretto la ricerca dell’UNDP alla base dell’iniziativa di informazione della Croce rossa.

"Il nostro studio ha mostrato che più dell’1 per cento del territorio armeno è minato, e questo è un dato molto alto – solo quattro Paesi nel mondo lo superano, per esempio l’Afghanistan e l’Iraq", dice Grigoryan.

Un amaro raccolto

La ricerca sul campo ha anche spiegato le ragioni per cui la gente delle campagne, in gran parte dipendente da colture di sussistenza e piccolo allevamento, si espone al pericolo delle mine.

"Naturalmente le persone che vivono in queste aree minate ne risentono. Non avendo abbastanza terre coltivabili o pascoli, vanno sui terreni minati. Ciò succede anche perché su quei terreni quelli minati non pagano tasse, cosicché per loro è più redditizio", sostiene Grigoryan.

Tredici anni dopo il cessate il fuoco, la popolazione ha imparato dove sono le mine e come evitarle. Il numero delle vittime scende ogni anno, dice Grigoryan, "anche se ne abbiamo ancora qualcuna – una, due o dieci ogni anno".

Ma una cattiva informazione può essere una cosa molto pericolosa, sta dicendo l’istruttore alla sua platea di Zangakatun. Dice di aver conosciuto un cacciatore che è rimasto invalido di un occhio e di un piede per le ferite riportate.

"È rimasto molto sorpreso quando la mina è esplosa. Ha detto che conosceva l’area molto bene", dice l’istruttore, "ma non sapeva che le mine si possono muovere. Si muovono in conseguenza di forti piogge, smottamenti del terreno e allo sciogliersi delle nevi".

La crescente indignazione internazionale di fronte alle vittime civili causate dalle mine antiuomo, spesso anni dopo che i belligeranti hanno lasciato il territorio, ha favorito la nascita di molte campagne contro le mine, e infine a quella per l’adozione della Convenzione sulla proibizione delle mine antiuomo. Redatta ad Ottawa nel 1997, la convenzione è entrata in vigore nel 1999, proibendo l’uso, lo stoccaggio, la produzione ed il trasporto delle mine antiuomo.

Benché sia Armenia che Azerbaijan abbiano minato i loro stessi territori durante la guerra del Nagorno-Karabakh, le aree minate non sono state bonificate dopo la fine delle ostilità. Nessuna delle due nazioni è firmataria della convenzione di Ottawa. Gli esponenti armeni hanno dichiarato che il Paese non potrà prendere in considerazione l’ipotesi di aderire alla convenzione finché il conflitto non sarà risolto, e che tutti i Paesi della regione dovranno aderirvi simultaneamente, stando ad un rapporto del 2006 di Landmine Monitor (Osservatorio sulle mine terrestri), un gruppo affiliato alla Campagna internazionale per bandire le mine terrestri, già vincitore di un premio Nobel per la Pace.

L’Azerbaijan esclude di aderire alla convenzione finché le forze armene resteranno ad occupare il Nagorno-Karabakh e finché ci sarà il pericolo di un rinnovo delle ostilità, sostiene Landmine Monitor.

La ricerca dell’UNDP sulle mine terrestri ha stimato che 321 chilometri quadrati di territorio armeno sono minati, e circa 69.000 persone residenti in queste aree sono a rischio. Stando a questa ricerca, 110 persone hanno perso la vita a causa delle mine e degli ordigni inesplosi dal 1994 ad oggi, e 284 sono rimaste ferite.

Nelle aree che le autorità militari giudicano sufficientemente sicure da essere sminate, il meticoloso processo procede lentamente. Secondo il colonnello Vostanik Adoyan, comandante del Corpo genieri armeno, gli sminatori hanno bonificato poco più di 100 ettari – 1 chilometro quadrato – tra il 2003 e il 2006. Altri 50 o 60 ettari sono stati bonificati nel 2007 nella regione sudorientale del Syunik, pesantemente minata.

"Il numero delle vittime è calato significativamente negli ultimi anni, e questo in parte grazie alla accresciuta consapevolezza. Questo programma di informazione della Croce rossa sta veramente aiutando ad informare la popolazione", dice Adoyan.

Il pericolo rimane

Alcuni cartelli posizionati dalle autorità nelle aree di confine avvertono in armeno, in russo ed in inglese "PERICOLO – MINE".

Ma questi cartelli sono pochi. Più spesso a segnalare un campo minato è solo un’automobile bruciata, una casa abbandonata, o un albero carico di frutti non raccolti.

Il rapporto per il 2006 di Landmine Monitor riporta le affermazioni del Ministero della Difesa, secondo cui tutti i campi minati noti sarebbero stati censiti e recintati, ma dichiara di aver trovato cartelli d’avvertimento o barriere di filo spinato solo in 60 delle comunità giudicate a rischio mine.

Anche se la maggior parte degli armeni sostiene la politica del governo di mantenere minato il confine con l’Azerbaijan per ridurre il pericolo di incursioni, qualcuno occasionalmente mette in discussione lo status quo.

"Il ministero della Difesa sostiene di non poter bonificare alcune aree, perché sono il miglior strumento per proteggere il Paese", dice l’armeno Grigoryan. "Ma noi in Armenia continuiamo ad avere vittime, mentre negli ultimi 13 anni nessun azero è morto a causa di mine sul territorio armeno".

*Sara Khojoyan è una giornalista freelance di Yerevan

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