Armenia: niente democrazia, niente PACE
Il mancato adeguamento alle richieste di cambiamenti democratici dopo gli eventi del primo marzo in Armenia, non soddisfa l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa
Gli eventi che sono seguiti alle elezioni presidenziali del 19 febbraio 2008, con i violenti scontri del primo marzo tra le forze armate e i sostenitori dell’opposizione ed il conseguente stato di emergenza di 20 giorni dichiarato dal Presidente, hanno avuto gravi conseguenze in Armenia. Ci sono state dieci vittime, oltre cento persone detenute e si sono aperti numerosi processi; tutto ciò ha scosso la reputazione del Paese a livello internazionale. Il diritto di voto della delegazione armena all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (PACE) potrebbe essere sospeso nella sessione di gennaio della PACE. Questa volta la "minaccia" è realistica.
A Parigi, il 17 dicembre, il Comitato di controllo della PACE ha adottato una bozza provvisoria di risoluzione, raccomandando all’organizzazione di Strasburgo di imporre sanzioni all’Armenia, e in particolare di sospendere il diritto di voto alla delegazione armena alla PACE, formata da otto membri, nella sessione parziale di gennaio. L’Armenia è stata avvertita della possibile applicazione di tale sanzione già nel giugno 2008. La Risoluzione 1620 della PACE riguardante la "Implementazione della Risoluzione 1609 dell’Assemblea da parte dell’Armenia", sul funzionamento delle istituzioni democratiche in Armenia all’indomani dei violenti scontri del 1 marzo 2008, stabilisce il limite temporale di gennaio 2009 per implementare certe condizioni per i cambiamenti democratici, estendendo da giugno 2008 a gennaio 2009 la cornice temporale prevista dalla precedente Risoluzione 1609.
I requisiti avanzati nella Risoluzione 1609 possono essere riassunti nei seguenti punti principali: revocare la legge che vieta di tenere riunioni, assemblee, raduni e manifestazioni; iniziare immediatamente un’inchiesta indipendente, trasparente e credibile sui fatti del primo marzo 2008; rilasciare tutte quelle persone che, incarcerate dietro accuse apparentemente artificiose e motivate politicamente, non hanno commesso personalmente alcun atto di violenza né gravi offese; iniziare un serio e aperto dialogo tra tutte le forze politiche in Armenia.
Gli emendamenti legislativi sono stati trovati soddisfacenti, come pure è stata apprezzata la creazione di un gruppo di accertamento sui fatti, per investigare sugli eventi occorsi l’1 e il 2 marzo, pur ribadendo che la sua efficacia dipenderà dalle sue attività, ma l’implementazione degli altri punti non sembra credibile al Comitato di controllo della PACE.
La risoluzione di Parigi è stata adottata in base ai rapporti dei correlatori della PACE Georges Colombier e John Prescott, ma è stata influenzata anche da un rapporto del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Thomas Hammarberg. In novembre Thomas Hammarberg, dopo la sua visita di tre giorni in Armenia, ha espresso la sua insoddisfazione riguardo alle condizioni di custodia dei prigionieri, la situazione delle indagini penali e le attività della commissione ad hoc incaricata delle indagini sugli eventi del primo marzo.
Il motivo per revocare i poteri della delegazione armena può fondarsi specialmente sul cosiddetto "processo dei sette", un processo separato dal resto dei procedimenti penali seguiti agli eventi del primo marzo. Il 19 dicembre 2008 a Yerevan hanno avuto inizio le udienze per il "processo dei sette", che riguarda l’esponente di spicco dell’opposizione Alexander Arzumanyan, i membri del parlamento Hakob Hakobyan, Myasnik Malkhasyan e Sasun Mikaelyan, e i leader d’opposizione Grigor Voskerchyan, Suren Sirunyan e Shant Harutiunyan. Questo è l’ultimo processo collegato ai violenti scontri del primo marzo a Yerevan, dopo le elezioni presidenziali. Finora la corte non ha tenuto sedute, giustificandosi col fatto che gli imputati non si alzano in piedi all’ingresso della corte in aula; ma per molti la vera ragione del ritardo sta nell’esito della visita dei correlatori della PACE. L’udienza fissata per il 16 gennaio è stata rinviata al 30 gennaio.
Intanto i correlatori della PACE sono tornati nuovamente a Yerevan e il 29 gennaio presenteranno un rapporto aggiornato sugli sviluppi nel Paese.
L’incontro tra i correlatori della PACE e il Procuratore generale è durato più a lungo del previsto, e tra le altre cose ha fornito dati statistici sui procedimenti penali degli ultimi sei mesi connessi agli eventi del primo marzo. In seguito alla conclusione delle indagini preliminari su tutte le persone arrestate durante le proteste, 111 persone sono state rinviate a corti penali; tra queste, cinque sono state prosciolte con formula piena, mentre altre sono state accusate per reati minori.
Il messaggio principale degli alti funzionari armeni ai correlatori del Comitato di controllo della PACE è stato il seguente: applicare sanzioni contro l’Armenia durante la sessione di gennaio della PACE potrebbe danneggiare gravemente le riforme in corso che si stanno attuando in Armenia, anziché favorirle. In quest’ottica ci si attende dalla PACE un atteggiamento più equilibrato nei confronti dell’Armenia, e in particolare che vengano formulati suggerimenti concreti, con scadenze definite per la loro implementazione.
Alla luce del processo attualmente in corso contro i leader dell’opposizione, il 13 gennaio 2009 la Corte europea per i diritti umani si è pronunciata sui casi "Amiryan contro Armenia", "Gasparyan contro Armenia" e "Sapeyan contro Armenia", chiusi l’8 e il 9 dicembre 2008, in cui la Corte europea ha sostenuto i ricorsi presentati dagli imputati. La Corte europea ha ravvisato una violazione dell’articolo 11 della Convenzione europea sui diritti umani – nel caso specifico, una interferenza col diritto a riunirsi pacificamente dei ricorrenti, condannati per aver partecipato alle proteste avvenute dopo le elezioni presidenziali del 2003; il governo armeno è stato costretto a corrispondere a ciascuno un risarcimento di 3 mila euro, di cui 1.000 per il danno non pecuniario e 2.000 per le spese.
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