Armenia: imprenditoria rurale post Covid-19
Martin vive in Armenia. A marzo di quest’anno, con la sua famiglia, stava per inaugurare una sua guesthouse, ed aveva anche le prime prenotazioni. Poi, è cambiato tutto
(Pubblicato originariamente da Chai Khana )
Martin Sargsyan, 29 anni, aveva grandi progetti per il 2020.
Questo sarebbe stato l’anno in cui la sua famiglia avrebbe aperto la propria guesthouse presso la loro fattoria a Mets Sariyar, un villaggio nella regione di Shirak, nel nord-ovest dell’Armenia.
Sargsyan, linguista di professione, ha trascorso tre anni a lavorare alla guesthouse, la prima nel loro villaggio. Ha ottenuto circa 20.000 dollari dal Programma di sviluppo del turismo rurale integrato e ha seguito corsi di imprenditoria.
L’intera famiglia ha preso parte al processo: il padre di Sargsyan si è concentrato sugli alveari di famiglia, sua madre e sua moglie hanno dedicato il loro tempo all’arredamento della guesthouse e alla pianificazione del menu. All’inizio dell’anno, la guesthouse a due piani con tre camere da letto era pronta per i turisti.
La sua famiglia ha iniziato a promuovere la pensione attraverso i social media e l’attività di apicoltura. Il lavoro di promozione ha iniziato a dare i suoi frutti: a marzo avevano 17 prenotazione, e se ne aspettavano molte altre una volta iniziata l’alta stagione estiva.
Ma poi la pandemia ha colpito. Il governo ha chiuso i confini e Sargsyan ha dovuto cancellare tutte le prenotazioni.
Sargysyan dice che è ancora doloroso ricordare i primi giorni della pandemia, quando hanno iniziato lentamente a rendersi conto che la stagione era finita prima che iniziasse.
"Quando hanno chiuso i confini all’inizio ho pensato che sarebbe durato poco e che non avrebbe inficiato la stagione. Ma alla fine mi sono reso conto che l’anno era finito", ricorda.
"Un cliente soddisfatto porta a nuovi clienti. Se seguiamo questa logica, la nostra perdita sarà grande. Al momento, il reddito atteso di circa 2-3 milioni di drams [3500-5000 euro circa] non è più realistico”.
Sargsyan e la sua famiglia non sono gli unici imprenditori colpiti dalla pandemia.
"Nel primo trimestre di quest’anno, vi sono stati 311.000 turisti interni, il 14,6 percento in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Avevamo previsto una crescita di almeno il 10 percento per quest’anno, ma l’epidemia lo ha impedito", osserva Mekhak Apresyan, presidente della Federazione armena del turismo.
Inoltre, il paese ha perso circa 350 milioni di dollari da visitatori internazionali nella prima metà dell’anno.
"Le entrate totali del turismo sarebbero ammontate a circa il 20 percento delle entrate del bilancio statale. Tutto quel denaro sarebbe stato poi speso in diversi settori dell’economia. Ma al momento, il settore del turismo è a secco", afferma Apresyan.
Nonostante il governo abbia erogato prestiti preferenziali per alcune imprese a causa della pandemia, oltre all’esenzione alle aziende turistiche, per un certo periodo dell’anno, dal pagamento delle tasse, Apresyan afferma che è necessario fare di più, soprattutto per l’industria del turismo.
"Manca la cosa più importante per il settore: consentire alle aziende di utilizzare prestiti agevolati per ottemperare a loro obblighi creditizi", dice, aggiungendo che l’opzione migliore sarebbe quella di consentire alle aziende di interrompere, per vari mesi, il pagamento degli interessi.
Nel frattempo la famiglia Sargsyan ha deciso di espandere le proprie attività e costruire un laboratorio di trasformazione per guadagnare dal proprio frutteto. Oltre all’attuale produzione di miele, vogliono infatti produrre marmellate e frutta secca. Sargsyan afferma di aver già richiesto un prestito di cofinanziamento da USAID.
Sargsyan si augura che il laboratorio contribuirà a generare entrate dalla vendita di cibo, fino a quando il virus non sarà sotto controllo e i turisti torneranno nel paese. La vede anche come un’opportunità per gli ospiti per partecipare al processo produttivo e imparare come viene prodotto il miele.
Martin Sargsyan afferma che il laboratorio – dove si intende attivare anche un piccolo panificio – fornirà prodotti genuini, consoni al turismo rurale che intendono sviluppare.
Nota però che è tutto molto rischioso: non hanno ancora alcuna entrata dalla guesthouse e non possono ricevere nemmeno i sussidi governativi per il Covid-19 perché la loro attività non aveva ufficialmente ancora iniziato a funzionare quando la pandemia ha colpito.
"È molto difficile per l’azienda nel nostro stato, perché non riceviamo supporto. Quando è iniziata l’epidemia, abbiamo dovuto interrompere anche il processo di registrazione della guesthouse".
Sargsyan sottolinea che i titolari di un certo numero di imprese colpite nella regione di Shirak stanno attualmente lavorando allo sviluppo del turismo nell’area.
Il nuovo progetto ha aiutato Sargsyan a rimanere ottimista, nonostante le entrate perse quest’anno. La cosa più importante, osserva, è che tutti rimangono sani e continuino a lavorare per un futuro migliore: “Non vogliamo mettere in pericolo la nostra salute o la salute dei nostri ospiti”.
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