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Armenia: i servizi segreti ai tempi di Pashinyan

Nikol Pashinyan, attuale primo ministro armeno, quando era all’opposizione aveva più volte invocato un maggior controllo dei servizi segreti da parte del parlamento. Ora, che li può gestire direttamente, sembra aver cambiato idea

27/02/2020, Hovhannes Ishkhanyan -

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(Pubblicato originariamente da OC Media il 12 febbraio 2020)

Nonostante le promesse del governo di Nikol Pashinyan di democratizzare l’Armenia e porre fine agli abusi di potere, le forze dell’ordine armene sono ancora accusate di violazione dei diritti umani. Queste accuse sono diventate ancora più insistenti negli ultimi mesi, in seguito ad una serie controversa di raid, detenzioni e arresti. 

Nel novembre 2019 funzionari del Servizio di Sicurezza Nazionale Armeno (NSS) si sono presentati negli uffici dell’avvocato Hovhannes Chamsaryan con un mandato di sequestro per i  suoi computer. A seguito di un intervento da parte dell’unità di risposta rapida del Difensore dei Diritti Umani d’Armenia e un appello in tribunale, Chamsaryan è riuscito ad evitare il sequestro. 

Secondo la legge armena, alle forze dell’ordine è proibito perquisire i documenti degli avvocati e sequestrare i loro computer e documenti di lavoro.

Un portavoce dell’NSS ha riferito a OC Media che la perquisizione dell’ufficio di Chamsaryan è stata condotta non con lo scopo di rivelare informazioni protette dal segreto professionale, ma per trovare prove del coinvolgimento dell’avvocato in un crimine del quale hanno, a loro detta, sospetti fondati. 

Secondo Chamsaryan, questa è una scusa debole. 

“Come possono aspettarsi di perquisire il mio computer senza rivelare informazioni protette dal segreto professionale?”, ha denunciato ad OC Media. Ha inoltre aggiunto che in Armenia erano trascorsi più di dieci anni da quando le forze dell’ordine hanno perquisito il computer di un avvocato. 

L’NSS non ha risposto ai dubbi su come potessero perquisire il computer di Chamsaryan senza violare il segreto professionale. Né l’NSS né Chamsaryan hanno rivelato quale sarebbe il presunto crimine indagato. 

Quello di Chamsaryan è uno dei molti casi controversi che negli ultimi mesi hanno scatenato un dibattito sul ruolo dei servizi di sicurezza e delle forze dell’ordine in Armenia. Altri sono l’arresto sotto accusa di corruzione di Armen Tavadyan, proprietario del canale di opposizione TV5, nonché la recente detenzione e rilascio di svariate prominenti figure di opposizione appartenenti ad ambienti di estrema destra.  

Secondo molti critici di Pashinyan, questi casi indicano la promessa infranta di riformare l’approccio che l’esecutivo ha rispetto a polizia e servizi di sicurezza e mostrano un pericoloso livello di abuso di potere governativo. 

Tutto bastone e niente carota 

I primi di settembre del 2018, quattro mesi dopo la Rivoluzione di Velluto, il paese è stato scosso dalla divulgazione di una telefonata registrata in segreto. La chiamata era fra ufficiali capo delle forze di sicurezza e riguardava l’inchiesta penale in corso contro il secondo presidente dell’Armenia, Robert Kocharyan, che era stato di recente arrestato con l’accusa di aver “usurpato il potere dello Stato”. 

Nel giro di un paio di giorni, i Servizi Speciali di Investigazione Armeni (SIS) hanno sequestrato i computer dall’ufficio del portale Yerevan Today, che per primo aveva pubblicato le registrazioni.

Non c’erano prove a dimostrare che fossero stati loro a registrare la chiamata e nemmeno che fosse quello il primo canale in cui era stata divulgata. L’audio è stato caricato su YouTube per la prima volta dall’account ‘broska333’. La persona o le persone dietro l’account non sono mai state identificate. 

Il Primo ministro Nikol Pashinyan ha parlato della chiamata divulgata come di “una cospirazione e un crimine contro lo Stato” ed ha ordinato all’NSS e alla polizia di individuare i responsabili. Nonostante ciò, non sono state trovate prove che potessero incriminare Yerevan Today

Reporter Senza Frontiere hanno definito questo raid una “violazione della libertà di stampa”.

Nell’ottobre 2019 la casa del padre di Hrayr Tovmasyan, Presidente della Corte Costituzionale, è stata perquisita dall’NSS. Il giorno seguente è stata interrogata sua figlia.

A questo ha fatto seguito una decisione da parte del partito di Pashinyan “Il mio passo” di avviare la procedura di dimissione di Tovmasyan dalla Corte costituzionale. 

In alcuni commenti fatti a MediaLab, Avetik Ishkhanyan, presidente della sede armena dell’organizzazione per i diritti umani Commitato di Helsinki, ha comparato le azioni delle forze dell’ordine armene al KGB sovietico. Ishkhanyan ha dichiarato che l’NSS ha dimostrato un assoluto disprezzo per il diritto alla privacy, alla sicurezza e alla libertà di espressione. 

“Non si tratta solo di una violazione dei diritti umani ma anche […] di intimidazione da parte della polizia”, ha aggiunto Ishkhanyan ad OC Media. “Dei semplici sospetti basati su un passato criminale non autorizzano le forze dell’ordine ad adottare questo genere di provvedimenti”.

Sargis Khandanyan, parlamentare del partito di maggioranza “Il mio passo” e membro della Commissione parlamentare per i Diritti Umani, nega che vi siano state delle violazioni di diritti durante l’interrogatorio della famiglia di Tovmasyan. 

“Ne avevano ricevuto notifica”, ha dichiarato ad OC Media. 

Nonostante ciò, ha avvertito che in altri casi ci sono state istanze di abusi di potere da parte della polizia. Riferendosi al caso dello Yerevan Today, Khandanyan ha affermato che “a meno che non siano in possesso di prove sufficienti, non dovrebbero procedere con azioni di questo tipo”. 

Dibattiti sulle responsabilità

Le forze dell’ordine armene rispondono al Primo ministro. Questi sceglie i capi della polizia, dell’NSS e del SIS. Ha anche il potere di rimuoverli dall’incarico. 

Prima di diventare Primo ministro Pashinyan criticava il sistema e spingeva per la creazione di un ministero responsabile di gestire le forze dell’ordine. 

Ma dopo aver ottenuto il potere Pashinyan ha cambiato toni, dicendo che se da una parte le forze dell’ordine dovrebbero rispondere al parlamento nel suo complesso e non solo all’Ufficio del Primo ministro, non riteneva più necessaria la creazione di un ministero specializzato. 

Stepan Danielyan, scienziato politico e direttore del Centro per la Collaborazione per la Democrazia, ha dichiarato ad OC Media che questa è stata una delle molte promesse infrante di Pashinyan. 

“Quand’era all’opposizione, nelle sue promesse si parlava di ridurre i poteri dell’esecutivo a beneficio del parlamento – ha sottolineato Danielyan – da quando la situazione è cambiata lui stesso ha personalmente tratto dei vantaggi dai grossi poteri derivanti dalla posizione di Primo ministro, che ha sbrigativamente giustificato con la necessità di contrastare il ‘pericolo di una contro-rivoluzione’”. 

L’attivista per i diritti umani Avetik Ishkhanyan sostiene che se quegli organi fossero unificati sotto la direzione di un nuovo ministero sarebbe possibile evitare futuri abusi di potere, in parte perché sarebbero costretti a partecipare a regolari sessioni di interrogazioni parlamentari. 

Questo, dice Ishkhanyan, farebbe “riflettere due volte le forze dell’ordine prima di affrontare casi che presentano un movente politico”. 

Alcuni sostenitori di Nikol Pashinyan erano critici rispetto all’ipotesi di un ministero apposito. Il deputato Sargis Khandanyan ha rivelato ad OC Media che anche se concorda sul fatto che sarebbe meglio aumentare la misura in cui le forze dell’ordine rispondono al parlamento, lo preoccupa dare più autorità alle agenzie di sicurezza trasformandole in “super-agenzie”.

Secondo Stepan Danielyan, queste paure sono un’esagerazione, ad OC Media ha dichiarato che non vede nessun pericolo che si trasformino in “super-agenzie”. Ha aggiunto però che i precedenti dei corpi di forze dell’ordine in Armenia richiamano la necessità di un’urgente riforma strutturale. 

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