Armenia-Azerbaijan: sconfinamenti al tempo del “cessate il fuoco”
Il conflitto tra Armenia e Azerbaijan è aspro, il dialogo difficile, ma c’è ancora chi oltrepassa il confine. La storia di un giornalista azero in Armenia
L’aspro conflitto per il territorio del Nagorno Karabakh si è concluso nel 1994 con una tregua firmata da Armenia e Azerbaijan, ma la guerra non è mai davvero finita. Ancora oggi i media locali riportano sparatorie al confine, soldati feriti o uccisi, violazioni del cessate il fuoco. Non vi è alcun segno di un effettivo accordo di pace che possa lenire le ferite delle due parti: i due paesi sono ai ferri corti sulla sorte del Nagorno Karabakh e dei sette territori adiacenti occupati da forze militari armene dal 1994.
La guerra, tuttavia, non ha tagliato completamente i rapporti. In rari casi, vi è ancora chi passa il confine, in primo luogo giornalisti. Tra i pionieri di questo tipo di trasferte c’è Shahin Rzayev, giornalista, attualmente direttore di IWPR in Azerbaijan, che ha condiviso con me i ricordi della sua prima visita in Armenia e le sue opinioni sulla situazione politica attuale.
Prima visita, ottobre 1997
Era l’ottobre del 1997 quando, nell’ambito del progetto organizzato dall’organizzazione svizzera CIMERA , Rzayev visitò l’Armenia per la prima volta, a capo di un gruppo di quattro giornalisti provenienti da diversi media azeri. Decisero di informare il governo azero del viaggio e inviarono alle autorità una lettera che illustrava la natura della visita, i nomi dei partecipanti, gli incontri in programma e così via. La lettera fu inviata al ministero degli Esteri, al responsabile per le questioni internazionali, Vafa Guluzade.
Per una settimana non ci fu risposta. "Dopo una settimana chiamammo, chiedendo se la nostra lettera fosse arrivata. Ci hanno detto che lo era, ma niente di più. E così abbiamo deciso di andare".
La visita richiamò una certa attenzione: il gruppo fu invitato ad un incontro con il Primo ministro armeno Robert Kocharyan, i media armeni seguirono tutto e anche quelli azeri raccontarono l’evento.
Un tè amichevole
Al ritorno, Rzayev ricevette una telefonata. La persona all’altro capo della linea si presentò come un dipendente del ministero degli Esteri e chiese un incontro. "Ci incontrammo in una sala da tè. Gli dissi che non avevamo intenzione di avere segreti per il nostro governo e gli diedi tutti i dettagli del nostro viaggio. Chiese le riprese video, allora parlai con i ragazzi dell’Azerbaijan News Service, che prepararono una copia di tutte le nostre riprese. In seguito, nessuno ci disturbò". Da allora, occasionalmente i giornalisti erano invitati per un tè, apparentemente sempre da parte del ministero, anche se nessuno ha mai chiesto la loro carta d’identità.
Dopo il primo viaggio del 1997, Rzayev ha visitato l’Armenia altre sei volte, e una volta il Nagorno Karabakh. Il ministero degli Affari Esteri è stato informato prima di ogni viaggio con un fax che comunicava al servizio stampa l’elenco dei partecipanti, il programma e così via.
Alcune cose sono cambiate. "Durante i nostri primi viaggi, il nostro programma di lavoro era molto più aperto: potevamo progettare liberamente i nostri incontri, camminare per Yerevan accompagnati dai nostri colleghi e senza scorta". Ma il corso degli eventi in Azerbaijan ha cambiato la frequenza e l’atteggiamento nei confronti delle visite in Armenia. Dopo il 2003-2004, ottenere le autorizzazioni per il viaggio è diventato più difficile, ogni singola mossa doveva essere concordata in anticipo, il personale di sicurezza era presente sempre e ovunque. Tutto questo a poco a poco si è rivelato irritante, ricorda Rzayev.
Interesse in calo
"Durante le prime visite, fino al 2000, è stato tutto molto interessante. Allora questi tipi di viaggi erano fuori dal comune, ci voleva anche un po’ di coraggio. In seguito, molti giornalisti e rappresentanti di ONG hanno iniziato a viaggiare in Armenia. A quel punto, ho iniziato ad accettare gli inviti solo a quegli eventi che trovavo interessanti".
L’ultima visita di Rzayev in Armenia è stata nel 2007, in occasione di un incontro organizzato dall’Ambasciata britannica. Purtroppo, dice, questi eventi non si organizzano più, e così anche l’interesse è sbiadito.
Ma non è stato solo Rzayev a perdere interesse. "Nelle visite iniziali venivamo invitati in televisione per essere intervistati. Sicuramente c’erano anche resistenze, ma nel complesso l’atteggiamento era positivo. Il presidente Haydar Aliyev aveva espresso il suo favore, e aveva ricevuto lui stesso giornalisti armeni a Baku. Dopo la sua malattia e poi la morte, l’atteggiamento è cambiato bruscamente: chi visitava l’Armenia veniva bollato come traditore, anche a livello ministeriale". Alcune fra le critiche più aspre sono venute dallo stesso Azerbaijan News Service, nonostante i loro giornalisti fossero stati fra i primi a visitare l’Armenia.
Oggi, conclude Rzayev, a viaggiare oltre confine sono soprattutto parlamentari, funzionari governativi in visita formale, atleti, giornalisti e rappresentanti delle ONG per progetti internazionali, concorsi e programmi vari. "Ultimamente, queste visite non sono più così regolari. Non interessano a nessuno dei due governi, che creano difficoltà artificiali".
È difficile determinare il numero esatto di visite avvenute dopo il cessate il fuoco e dopo il 2003. Numerosi sono stati i programmi, le visite di scambio, i progetti congiunti realizzati da giornalisti, e gli eventi della società civile. Ma il clima di questi tempi, fatto di amarezza, rabbia e frustrazione, rende tutto più difficile, e le iniziative di collaborazione e riconciliazione perdono terreno sia in Armenia che in Azerbaijan.
Una sensazione familiare
Ci sono anche storie che dimostrano il contrario. L’anno scorso uno studente azero, che resterà anonimo per motivi di sicurezza, ha visitato l’Armenia per un viaggio di studio a carattere etnografico. Presentato come cittadino israeliano, sempre per motivi di sicurezza, ricorda che "dopo circa un’ora di interrogatorio, perizie sul mio passaporto e domande sullo scopo della visita, mi hanno lasciato entrare, opportunamente senza timbri sul documento. Non è stata adottata nessuna misura di sicurezza, o almeno io non ho visto nessuno che mi seguiva cercando di proteggermi. In breve, per le prime ore, ho avuto una sensazione molto surreale, ma allo stesso tempo familiare, di trovarmi semplicemente da qualche parte nel Caucaso".
La speranza è che un giorno, nella storia delle relazioni fra Armenia e Azerbaijan, i cittadini di entrambi i Paesi potranno andare "dall’altra parte" per una visita ad amici, per curiosità o per lavoro. Oggi, questa rimane una speranza. Chissà cosa porterà il futuro a questi due Paesi, per il momento avviluppati dall’ostilità.
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