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Armenia-Azerbaijan: il format Bruxelles

Con l’aggressione all’Ucraina, Armenia e Azerbaijan sembrano più orientate verso Bruxelles che verso Mosca. I tre incontri tenutisi tra dicembre 2021 e maggio 2022 tra UE, Armenia e Azerbaijan per negoziare un accordo di pace in Nagorno Karabakh hanno portato ad esiti positivi

09/06/2022, Marilisa Lorusso -

Armenia-Azerbaijan-il-format-Bruxelles

Nei vari terremoti che hanno segnato la negoziazione del complesso conflitto per il Nagorno Karabakh a cambiare in continuazione sono le geometrie della diplomazia.

Il Minsk Group, nato nel 1995 come punto di riferimento per la soluzione politica ed entrato in crisi nel 2020 per il protagonismo russo, rimane sullo sfondo delle aspirazioni di negoziazione armena e karabakhi, ma oggi è messo ancora più in forse dalla posizione della Russia, isolata nella co-presidenza con Francia e Stati Uniti.

A sua volta la Russia oggi in una posizione di delegittimazione internazionale continua a rivendicare “una expertise unica nel campo della delimitazione e regolamento delle dispute territoriali nello spazio post-Sovietico” stando a quanto ha dichiarato in merito la portavoce del ministero degli Esteri russo il 18 maggio.

Ma alla luce dell’aggressione all’Ucraina, Yerevan e Baku paiono più orientate verso altre forme di expertise, e con Bruxelles sono continuati gli incontri. Dopo quello di dicembre 2021 e aprile 2022, il 22 maggio si è tenuto il terzo incontro del format di Bruxelles: il trilaterale Unione Europea, Armenia, Azerbaijan. L’incontro si tiene a livello dei massimi incarichi politici, per l’Unione il presidente del Consiglio Charles Michel, per l’Armenia il primo ministro Nikol Pashinyan, per l’Azerbaijan il presidente Ilham Aliyev ). L’Armenia era già da qualche giorno presente a Bruxelles , rappresentata dal proprio ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan per discutere dalla partnership con l’Unione.

Michel ha voluto fare un inventario di quello che è stato concordato in una dichiarazione articolata per punti. Sono state discusse questioni umanitarie toccando i temi che stanno a cuore l’Azerbaijan e l’Armenia, cioè rispettivamente lo sminamento e la liberazione dei detenuti, ed è stato affrontato il tema del destino delle persone scomparse.

I risultati ottenuti riguardano le questioni dei confini da definirsi attraverso il lavoro di specifiche commissioni, delle vie di comunicazione, dell’accordo di pace e dello sviluppo socio-economico post-bellico.

Le commissioni

La prima riunione congiunta delle Commissioni di frontiera ha finalmente avuto luogo il 24 maggio. Le commissioni si sono incontrate al confine armeno-azerbaijano. La composizione delle commissioni è di alto profilo e include figure con mandato politico oltre che tecnico, al livello di vice-primo ministro. La proposta della formazione delle commissioni è azera, accettata dall’Armenia. L’incontro si sarebbe già dovuto tenere ad aprile, ma all’ultimo l’Armenia ha fatto marcia indietro. Su questa situazione grava il ruolo della Russia che aveva già concordato che sarebbe stata la terza parte nelle commissioni di delimitazione territoriale durante il meeting del 26 novembre 2021 a Sochi, il terzo incontro tripartito Russia, Armenia, Azerbaijan dopo quello che aveva portato al cessate il fuoco nel 2020. Va ricordato che la Russia ritiene di poter giocare un ruolo in quanto detentrice delle mappe del periodo sovietico durante il quale i confini sono stati assegnati.

Mosca aveva già creato una sua commissione ad hoc e non è chiaro come i due formati paralleli dialogheranno. Il 3 giugno si è tenuto il terzo incontro tripartito a livello di vice ministri fra Russia, Armenia e Azerbaijan, durante il quale si è parlato anche di confini.

Le vie di comunicazione

Non c’è ancora accordo sul modo in cui chiamare le vie di comunicazione che attraverseranno il Caucaso una volta che Armenia e Azerbaijan avranno le infrastrutture per il traffico su rotaia e su gomma. Aliyev parla di corridoi implicando una sorta di extraterritorialità, cioè uno status particolare delle vie di comunicazione che passano per l’Armenia ma che uniscono l’Azerbaijan al Nakhchivan. L’Armenia parla di canali, che rispondono alle regole di diritto internazionale.

A Bruxelles si sono concordati i principi che regoleranno il transito tra l’Azerbaijan occidentale e il Nakhichevan e tra le diverse parti dell’Armenia attraverso l’Azerbaijan. I principi in questione riguardano: l’amministrazione delle frontiere, della sicurezza, delle tasse fondiarie ma anche delle dogane e sono articolati nel quadro del trasporto internazionale.

L’Accordo di pace

Quello che si sa dell’accordo di pace che dovrebbe mettere fine al contenzioso intorno alle sorti del Nagorno Karabakh è che ad oggi girano due proposte.

La prima è in 5 punti ed è stata avanzata a fine febbraio dall’Azerbaijan, presentata ufficialmente a marzo e non rifiutata dall’Armenia. La proposta azerbaijana prevede il riconoscimento reciproco della sovranità, dell’integrità territoriale, dell’inviolabilità dei confini internazionali e dell’indipendenza politica, la mutua conferma dell’assenza di pretese territoriali nei confronti del territorio dell’altro e dell’obbligo legale di non avanzare tali pretese in futuro. I due inoltre si impegnano ad astenersi dal minacciare la reciproca sicurezza nazionale, nonché da altre azioni incompatibili con la Carta delle Nazioni Unite. Al quarto punto si prevede quello che sta accadendo con il format di Bruxelles, cioè delimitare il confine di stato Armenia-Azerbaijan e stabilire relazioni diplomatiche, nonché aprire comunicazioni di trasporto e stabilire altre comunicazioni e cooperazioni pertinenti in altri settori di reciproco interesse.

A questi punti la controproposta Armena, articolata in 6 punti, aggiunge l’inclusione di quanto concordato nei trilaterali con la Russia e la questione dello status del Nagorno Karabakh e della sua popolazione. Gli approcci qui sono molto differenti: l’Armenia vuole una soluzione di queste questioni in senso garantista per la popolazione armena. Per l’Azerbaijan invece il nocciolo è il superamento della questione del Nagorno Karabakh, e il riconoscimento da parte armena che il territorio e la popolazione che vi risiede sono sotto la sovranità di Baku.

Questo è probabilmente il punto su cui le posizioni sono più incompatibili e su cui si dovrà lavorare con molta creatività negoziale.

Lo sviluppo socio-economico

“Ho anche sottolineato l’importanza di preparare le popolazioni a una pace sostenibile a lungo termine.” Le parole di Michel a maggio sollevano una delle questioni vitali perché le guerre armeno-azere diventino definitivamente storia, e non un nuovo futuro. Le popolazioni sono troppo ancora estranee l’una all’altra, alienate dalla negoziazione che viene poi anche strumentalizzata da attori nazionali. Il dialogo armeno-azero non può più permettersi di essere a livello limitato ed episodico, le popolazioni devono essere parte del processo di pace.

C’è una grande aspettativa che il miglioramento economico, con l’apertura delle vie di comunicazione, possa ammorbidire le percezioni reciproche e incoraggiare la sensazione che il vivere condiviso possa essere positivo. Ma le ricadute economiche hanno dei tempi che la pace potrebbe non potersi permettere.

In questo contesto si dovrebbe inserire l’incontro fra 10 giovani armeni e azerbaijani nel quadro dell’Eastern Partnership. L’evento, concordato nel primo incontro del format di Bruxelles, in corso dal 6 al 10 giugno a Strasburgo, città simbolo della riconciliazione franco-tedesca, ed è sostenuto dall’Office franco-allemand pour la Jeunesse / Deutsch-Französisches Jugendwerk con il programma “New areas of cooperation within the framework of the Eastern Partnership of the European Union”.

La pace nel Nagorno Karabakh per essere reale e duratura può provenire solo dai popoli che vivono nella regione.

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