Antisemitismo
Alcuni giorni dopo il massacro dei bambini di Cana, sud del Libano, lo scrittore sarajevese Miljenko Jergovic è intervenuto con una riflessione sulle pagine del settimanale DANI. Nostra traduzione
Di Miljenko Jergović, DANI, 18 agosto 2006 (tit. orig. Antisemitizam)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Luka Zanoni
Parlo con una conoscente ben informata sui fatti in Libano e a Gaza. Sono passati alcuni giorni dal massacro israeliano dei bambini di Cana, e fuori di casa o negli ambienti più intimi non ho molta gente con cui poter discutere di queste cose. Temo due tipi di reazioni: l’antisemitismo mascherato da preoccupazione per le sorti degli arabi e l’indifferenza rispetto all’uccisione di persone, solo perché quelle persone sono arabe. La prima reazione è un recidivo storico, in parte d’ispirazione religiosa e in parte d’ispirazione nazionale, mentre la seconda reazione è caratteristica perlopiù di gente che l’ha fatta finita con tali recidivi. I primi appartengono alla destra, mentre i secondi sono liberali e di sinistra. Il destino dei bambini di Cana, a dire il vero, non riguarda né gli uni né gli altri. I bambini arabi tanto non sono i nostri bambini.
Ma la mia interlocutrice non è come loro. In dieci anni, da quando la conosco, non ha mai pronunciato una parola storta sui serbi o sui musulmano-bosniaci, e ciò, almeno mi sembra, è del tutto sufficiente per far sì che io possa parlare con lei di Bush e di Olmert, dell’idiota e del suo servitore, e del razzismo di Olmert anche riguardo alle vittime di Milosevic in Kosovo, che freddamente ascrive all’Europa e alla NATO, come se si trattasse di pollame che non si sia sicuri sia stato sgozzato in uno o nell’altro macello. Se ha giudizi di questo tipo su chi è di un’altra fede e che però è lontano, chissà in che modo, Dio mio, giudicherà quelli che fanno stragi sul suo territorio con bombe e razzi?
"E tu proprio adesso dovevi decidere di pubblicare un romanzo ebreo!" – ad un tratto, con un sorriso sul viso, la mia conoscente mi ha fulminato. Non so cosa ho balbettato, forse dovevo affrettarmi da qualche parte, ma senza badarci troppo sono fuggito da quella donna. Non parlerò mai più con lei di vite umane. La storia dell’uccisione di una ragazza, ebrea di Zagabria, al tempo della Seconda Guerra Mondiale, lei l’ha posta di fronte ai bambini di Cana. Proprio come se Ehud Olmert e George W. Bush fossero i patroni degli uccisi nell’Olocausto, mentre, secondo questa oscura analogia, il patrono dei bambini libanesi è lo stesso Adolf Hitler, o almeno Ante Pavelic. Che fascismo terribile, benché involontario, in una leggera osservazione di passaggio! Speriamo in Dio che il suo fascismo non diventi mai volontario.
L’antisemitismo non è terribile solo per le nostre relazioni con gli ebrei, ma è terribile anche perché l’antisemitismo indica sempre il nostro rapporto verso gli uomini in generale. Quegli uomini che non siamo noi. Ecco perché è possibile l’antisemitismo in quei paesi e città in cui (quasi) non ci sono ebrei, per esempio a Zagabria o a Sarajevo. Ma mentre dagli antisemiti zagabresi sempre, o quasi sempre, emana l’odore dell’incenso della chiesa e del profumo di muschio di Pavelic, sugli antisemiti sarajevesi aleggia un certo odore più moderno e più contemporaneo. Quelli di Zagabria sono, in senso culturale, del tutto superati, perché la loro intolleranza scaturisce da qualcosa che il mondo occidentale ha rigettato sessantuno anni fa, al tempo in cui fu sconfitto Hitler, o più fondamentalmente venti anni più tardi, al tempo del Concilio vaticano secondo. Gli antisemiti sarajevesi, invece, non sono superati, perché la loro ispirazione vive nelle ideologie dominanti e nelle prassi politiche dei singoli movimenti politici musulmani. Identificarsi con loro è altrettanto facile e salvifico, per colui che si identifica, quanto per gli antisemiti zagabresi identificarsi con le idee e la prassi di Ante Pavelic e Adolf Hitler. Né gli uni né altri sono dispiaciuti per i bambini di Cana. Gli antisemiti non si sono mai dispiaciuti per nessuno. Così come nemmeno Ehud Olmert riesce a dispiacersi per un essere umano che non sia ebreo. Ma credete davvero che un uomo simile possa dispiacersi per gli ebrei?
Il nostro obbligo umano è di essere solidali con la gente della Palestina e del Libano, ma la nostra ammirazione non va ai combattenti Hezbollah, ma a Uri Avnery e agli israeliani che la pensano come lui. Ciò per cui combattono gli hezbollah forse non è nemmeno il mondo in cui desidererebbe vivere perfino l’antisemita zagabrese o sarajevese, mentre ciò per cui lotta Avnery è un mondo di tutti i cittadini normali che siano palestinesi, iraniani, siriani, israeliani, croati, bosniaci… Uri Avnery propone che Gerusalemme sia, nell’integrità del suo territorio, la capitale della Palestina e di Israele. Bisogna anche ricordarselo quando si è presi dalla collera nei confronti di Israele, nonostante una tale collera non possa per automatismo essere considerata antisemitismo. Ma antisemitismo è ingiuriare gli ebrei per ciò che fanno gli israeliani. È misero e povero, come quando i serbi nell’odio contro i bosniaco-musulmani si riferivano alla storia dei quattro secoli di occupazione turca. Per quelli che accomunano tutti gli ebrei al governo israeliano e al suo esercito la strage dei bambini di Cana è solo un alibi per odiare. Noi non abbiamo il diritto a quell’odio, così come non l’abbiamo per la stupidità che a volte produce quell’odio.
La stupidità, credo, era il portato anche di quella lettrice di Dani, che dall’altra parte della barricata aveva urlato: "Se gli arabi avessero il potere politico e militare d’Israele e dell’America, non ci sarebbero più gli ebrei (e chissà chi altri)". In verità, quella frase non viene dall’intelligenza della signora, perché l’idea è vecchia di quarant’anni, e i militanti israeliani, così come i fondamentalisti cristiani americani, la usano prima di ogni mobilitazione con l’intento di liquidare la soggettività politica, economica e culturale araba e iraniana. Con essa si giustificano tutti i crimini israeliani, e così anche la strage dei bambini di Cana. Non so se la lettrice di Daniè consapevole di ciò, e se forse crede che l’uccisione dei bambini arabi sia il modo per sabotare il futuro potere militare arabo, ma so che nell’odio e nella stupidità tra gli antisemiti e i bushofili, gli israeliani razzisti e gli antiebrei razzisti, non c’è alcuna differenza. La frase citata, tradotta nel linguaggio e nel pensiero della controparte, suonerebbe all’incirca così: "Se Israele e l’America avessero il potere politico e militare della Germania nazista non esisterebbero più arabi e musulmani (e chissà chi altri)". Non credo che queste parole vi suonino particolarmente intelligenti. Dubito che potrebbero consolare i parenti e i cugini dei bambini uccisi a Cana.
Qualsiasi persona ragionevole dovrebbe tramandare le proprie opinioni sugli avvenimenti in Libano e a Gaza ad altre persone. Ma parlare, cioè, scambiare opinioni e sentimenti, va fatto solo con le persone scelte, con coloro che capiscono che la solidarietà coi musulmani non deve significare l’odio verso gli ebrei, come nemmeno la compassione nei confronti delle vittime dell’Olocausto deve diventare motivo d’indifferenza verso i massacri degli israeliani nei confronti degli arabi. Nessun Bush o Olmert dovrebbe spingerci ad odiare gli ebrei. Perché questo, fra l’altro, è odio verso noi stessi, un modo per separarci e allontanarci da ciò è stato ed è parte della nostra identità sarajevese, bosniaca, europea. Non bisogna dubitare che gli idioti e i loro servi desiderino un tale odio. Se riusciranno a realizzarlo, gli sarà ancora più facile uccidere i bambini di Cana.
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