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Anatomia di un riavvicinamento

Le relazioni turco armene dalla visita del presidente Gül a Yerevan, nel settembre scorso, ad oggi. Le conseguenze di una possibile riapertura dei confini sull’intera regione del Caucaso meridionale

23/04/2009, Richard Giragosian - Yerevan

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La storica visita in Armenia del presidente turco Gül, nel settembre 2008, ha segnato un rilevante punto di svolta nelle relazioni turco-armene. Chiaramente, dato che la visita del presidente Gül è stata in assoluto la prima visita di un capo di Stato turco in Armenia, si è trattato di un importante successo per la diplomazia e la politica estera di Yerevan. Eppure resta in sospeso una evidente domanda: perché proprio ora?

La tempistica della visita e l’apparente improvviso passo avanti nelle relazioni armeno-turche deriva da due importanti fattori. In primo luogo riflette il fatto che la Turchia, spinta da una combinazione di riforme interne e sfide esterne, è impegnata in un processo di cambiamento profondo e potenzialmente dirompente, che implica un profondo riesame dei capisaldi della propria identità nazionale. Più recentemente c’è stato un riorientamento strategico, ugualmente importante, che riguarda il ruolo della Turchia nella regione e la sua futura posizione nel più ampio contesto internazionale. La profondità e il grado del cambiamento si fondono in una battaglia della Turchia per ridefinire sé stessa e il nucleo della propria identità.

Il secondo fattore chiave nella tempistica del miglioramento delle relazioni armeno-turche affonda le proprie radici nei recenti cambiamenti nello scenario della regione. In particolare, dopo molti mesi di attenta diplomazia e di incontri segreti tra rappresentanti armeni e turchi in Svizzera, la visita di Gül a Yerevan si è rivelata essere parte integrante di una più ampia iniziativa diplomatica turca, mirata a cercare un maggior grado di stabilità nella regione. In questo contesto l’iniziativa turca è stata accelerata dal recente conflitto in Georgia, che non solo ha dimostrato il bisogno di una reale sicurezza e stabilità, ma ha anche mostrato i limiti della politica turca nella regione.

E’ stato il conflitto in Georgia a provocare un nuovo passo avanti nei colloqui, offrendo un nuovo impulso alla riapertura del confine chiuso tra Armenia e Turchia per dare a entrambi i Paesi una nuova via potenzialmente importante, per l’economia ed il commercio, alternativa alla Georgia.

Insieme al fattore Georgia, un altro elemento chiave per questa nuova apertura diplomatica è stato il sostegno di Mosca al riavvicinamento tra Armenia e Turchia.

La politica russa si è a lungo opposta ad ogni significativo miglioramento delle relazioni tra Ankara e Yerevan, e la chiusura del confine era vista come un utile modo per mantenere l’egemonia russa sull’Armenia – come dimostrato dalla costante presenza di una base militare e di guardie di confine russe a pattugliare i confini armeni – come pure il dominio economico sull’economia del Paese. Ma la politica russa è mutata radicalmente in seguito alla crisi di agosto, ed un possibile riavvicinamento armeno-turco potrebbe servire a rafforzare la strategia russa di isolare, marginalizzare e circondare sempre più la Georgia. Tuttavia, la Russia continuerà a dare il suo supporto solo fintanto che la direzione delle relazioni armeno-turche resterà sotto il suo controllo. Ci sono, peraltro, anche benefici aggiuntivi che la Russia può trarre dalla situazione, come la possibile vendita di energia elettrica alla Turchia orientale da parte delle compagnie di proprietà russa in Armenia.

Per la Turchia, che non ha mai del tutto accettato il proprio declino in potere ed influenza sia nel Caucaso Meridionale che nell’Asia Centrale, il conflitto georgiano ha rappresentato l’occasione per una nuova iniziativa diplomatica. La cosiddetta Piattaforma di Stabilità e Cooperazione per il Caucaso è un’iniziativa che cerca di forgiare un nuovo meccanismo di prevenzione dei conflitti, sicurezza multilaterale e stabilità regionale, ma che riflette anche l’obiettivo di garantire le vie di esportazione dell’energia.

Questa iniziativa regionale turca rappresenta un nuovo passo avanti nei rapporti con l’Armenia, implicando la riapertura del confine ed il tentativo di aprire un nuovo capitolo nelle relazioni tra i due Paesi, ma contiene anche obiettivi di più vasta portata, e un nuovo ruolo della Turchia come leader regionale. Sotto questa prospettiva più ampia, la Turchia considera il conflitto irrisolto del Nagorno-Karabakh come un fattore centrale per la stabilità della regione. Ma c’è ora una differenza molto importante nella visione strategica di Ankara sul Karabakh: e cioè che la Turchia non si limita più solo a sostenere l’Azerbaijan.

Il nuovo atteggiamento turco nei confronti dell’Armenia, dai colloqui segreti alla visita di alto profilo a Yerevan del presidente Gül, rappresenta in effetti un significativo mutamento della politica turca, che la porta lontano dal suo tradizionale stretto sostegno all’Azerbaijan. Questo è stato dimostrato nel modo più chiaro dalla netta reazione negativa dei rappresentanti azeri all’apertura turca nei confronti dell’Armenia. I leader azeri sono ora gravemente preoccupati. L’Azerbaijan teme che la possibilità di relazioni normali tra Turchia e Armenia e l’apertura del confine, chiuso da anni, indeboliscano la sua posizione sul Nagorno-Karabakh.

Ma, cosa ancora più interessante, l’impegno turco verso l’Armenia ha indebolito anche la posizione di Ankara sul Karabakh. Infatti, benché si possa sostenere che l’impegno turco di costruire relazioni con l’Armenia potrebbe garantirle una maggiore influenza sul tema del Karabakh, in realtà la posizione turca nei confronti dell’Armenia ha già seriamente indebolito e minato le sue relazioni con l’Azerbaijan.

Cosa accadrà?

A prescindere dagli scarsi risultati delle precedenti iniziative, sono evidenti i potenziali benefici che deriverebbero per entrambi i Paesi a seguito anche solo delle più elementari forme di impegno. Ci si può chiedere, tuttavia: cosa accadrà dopo? Per la Turchia, aprire il confine con l’Armenia costituirebbe una nuova opportunità strategica per galvanizzare l’attività economica nelle impoverite regioni orientali del Paese, e potrebbe rappresentare un fattore chiave nella stabilizzazione economica di quelle regioni irrequiete, popolate in prevalenza dai curdi. Potrebbe in questo modo realizzare l’imperativo della sicurezza nazionale, cercando di controbilanciare i motivi che stanno alla radice del terrorismo e del separatismo curdo con nuove opportunità economiche.

Allo stesso modo, il confine aperto con la Turchia offrirebbe all’Armenia non solo una via per superare l’isolamento e la marginalizzazione nella regione, ma anche un ponte verso mercati più vasti, cruciale per il proprio sviluppo e crescita economica. Inoltre, l’attività commerciale ed economica risultante dall’apertura del confine armeno-turco favorirebbe gli scambi tra i due Paesi, il che a sua volta porterebbe ad una cooperazione più stretta nei settori chiave della sicurezza doganale e confinaria. La conseguenza di un tale impulso ai legami commerciali bilaterali, e alla cooperazione transfrontaliera, sarebbe senza dubbio lo stabilirsi di normali relazioni diplomatiche tra i due Paesi.

L’apertura dei confini tra Armenia e Turchia, dunque, provocherebbe non solo un importante passo in avanti nei legami commerciali ed economici, ma potrebbe anche rappresentare un più generale rafforzamento della stabilità e della sicurezza in una regione così incline ai conflitti come quella del Caucaso Meridionale.

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